L’EDITORIALE
di don Giorgio
Solo il Risveglio dell’essere ci potrà salvare!
Se, per un verso, auspico con tutto il cuore una radicale distruzione di questa società che ha frantumato ogni speranza di ripresa, per l’altro non posso non sperare in un Risveglio di quell’essere che “solo” potrà riscoprire la strada per una nuova Umanità.
In quanto italiano non posso non constatare, in tutta l’amarezza del mio animo affranto, un fallimento generale del mondo politico, finito nelle mani di bastardi populisti che sono riusciti a calpestare ogni diritto umano, sostituendolo con la voce imperativa e prepotente della pancia, che prende e butta via, si nutre per poi espellere dal culo.
Non è perciò esagerato o irriverente e per nulla offensivo dire che siamo diventati una massa di panciroli e di merdaioli.
Portatemi pure nei tribunali, e così avrò una nuova conferma che anche la legge è finita nella pancia e nella merda.
Ma anch’io mi sento annoiato nel ripetere le solite cose, e depresso per essere costretto a usare un linguaggio, che sembra rasentare una patologia di volgarità fine a se stessa.
Ma, purtroppo, la realtà mi porta a definire le cose come stanno, e vederle in un altro modo significherebbe fare il tonto o voler vivere in pace nel mondo dell’irrazionale più assurdo.
Ed è proprio per questo che, per reagire a questa irrazionalità di una società imbastardita e animalesca, mi appello con tutta la forza del mio intelletto ancora sano alla riscoperta o risveglio dell’essere, sepolto sotto un mucchio di ceneri.
È da anni che, scoperto il valore supremo dell’essere, lotto perché ognuno si renda conto di ciò che è, al di là di ciò che ha o vorrebbe avere in maggior quantità.
La cosa più assurda della società di oggi sta nell’aver trasformato perfino i desideri in un mondo di averi in fieri, anche perché l’avere che già si gusta perde subito la propria soddisfazione, nella ricerca spasmodica di altri desideri di averi, caricati di fascino da bisogni di consumo allucinanti.
Più che l’avere che automaticamente si consuma, appena lo si tocca anche solo con un dito, è lo stress del desiderio dell’avere che consuma l’essere umano nella sua realtà più profonda.
Disseppellire l’essere dallo stato comatoso non è pacifico, soprattutto perché l’uomo d’oggi, per una assurda irrazionalità, non vuole proprio sapere di uscire dal sonno comatoso, ma sembra, sotto tutti i punti di vista, irrecuperabile.
Non basta un solo spirito libero a scuotere una massa di coscienze assopite: neppure forse un centinaio, se per spirito ibero s’intende mettersi al riparo dalla tragedia, evitando di provocare, di protestare, di bestemmiare il dio della dissennatezza, adorato sotto i cieli coperti dall’infamia del potere civile e religioso.
Non c’è che una via d’uscita: colpire al cuore l’infamia della dissennatezza, senza guardare in faccia ai dissennati in carne ed ossa.
Basta avere pietà!
Basta attendere ancora!
Colpire a morte il cuore del sistema infame, e che crepino tutti i frantumatori dell’essere umano, togliendo loro la possibilità di generare altri figli bastardi.
26 maggio 2018
MANZONI: “La disgrazia non è patire;
la disgrazia è far del male”.