26 agosto 2010, moriva Raimon Panikkar, “profeta del dopodomani”

Non vi propongo questo personaggio solo per uscire un momento da un clima socio-politico asfissiante, e da una chiusura religiosa opprimente, ma per cercare di trovare una via diversa, ed è quella proposta da Panikkar: certo, ci vorrà pazienza, ma le cose grandi richiedono tempi lunghi. Nel frattempo saremo costretti a subire saltimbanchi come Grillo, politici di basso livello che sono la stragrande maggioranza, intellettualoidi prezzolati. 

 

da ADISTA

Archivio anno 2010: Adista Segni nuovi n. 69
 

Ricordo di Raimon Panikkar
Un maestro di dialogo intra-religioso

di Francesco Comina

Nato nel 1918 a Barcellona, ordinato sacerdote nel 1946, il filosofo e teologo indo-catalano, Raimon Panikkar, si è spento il 26 agosto scorso nella sua casa di Tavertet, paese dei Pirenei, non lontano dalla sua città natale. Panikkar ha vissuto una parabola teologica che lo ha visto maturare, dalle sensibilità più conservatrici dell’Opus Dei fino alle esperienze più di frontiera.

Raimon Panikkar non era una linea, era un cerchio. E forse non era nemmeno, ma è, perché continua ad esistere in quel flusso di energia che si sprigiona direttamente dalla sorgente.

Non amava molto parlare di futuro né di passato. Pensava al presente come ad un tempo che riassorbe in sé passato e futuro. Aveva coniato il termine tempiternità. Essere, diceva, significa stare, “oltre le alienazioni, oltre le infiltrazioni tecnologiche che cercano in tutti i modi di distrarci dalle cose ultime, dalle cose profonde”. Vivere la nudità ontologica era per lui la forma più vera di vivere il Vangelo. Un giorno, così lo sentii commentare la vita di s. Francesco e s. Chiara: “Erano ignudi, non si aggrappavano a nulla. E proprio per questo erano i volti di Cristo, erano il Vangelo sine glossa”.

Sarei tentato di definirlo un “profeta”. Lui mi ammonirebbe: “Io sto nel presente, non anticipo il futuro”. Eppure mi pare sempre più chiaro che Panikkar ci superi. La sua vita è stata il frutto di infinite contaminazioni. Figlio di madre catalana cattolica e padre indiano induista, il suo sangue era una miscela di culture e religioni. La sua formazione correva da un luogo all’altro dell’Europa, dell’Asia, del Medioriente, dell’Africa, dell’America Latina, del nord America dove ha chiuso la sua attività accademica fra Harvard e Santa Barbara. Dicono che conoscesse una ventina di lingue. Eppure, nonostante questa libertà d’apprendimento, questa curiosità, si concedeva anche la libertà di conoscere le culture dal di dentro, dagli interstizi della vita feriale. L’altro non era un oggetto di investigazione teorica ma un universo da scoprire. “Per conoscere un’altra religione – diceva – ti devi convertire”. E lo diceva non con un significato metaforico ma concretamente: “Sono nato cristiano, mi sono scoperto indù e torno buddhista, senza avere mai perso di vista la mia matrice cristiana”. Convertirsi all’islam non vuol dire tollerare l’islam. Per Panikkar convertirsi all’islam significa vivere quella religione dall’interno, scoprirne i tesori, fare pratica, studiare i testi, collocarsi su quell’orizzonte mistico e simbolico. E così per l’induismo, per il buddhismo, così per le religioni animiste. Non enunciava tanto un dialogo interreligio, ma intra-religioso.

Diceva spesso che il dogma non è la luna. È il dito che indica la luna, ma se uno si ferma a guardare il dito non riuscirà mai ad ammirare la luna. Evitava le polemiche frontali con le autorità ecclesiastiche. È stato il sacerdote più libero che abbia mai conosciuto. Ha potuto dire e fare cose che ad altri sono costate carissime. Non capiva il celibato del prete ma non ha mai fatto una campagna contro. Si è semplicemente sposato con il benestare delle autorità, perché quell’evento di amore avrebbe rafforzato il suo sentimento religioso, il suo cuore cristiano.

Fare l’esperienza di una sua messa era straordinario. Vi entrava tutta la creazione. Sembrava di tornare alle origini quando la comunità era la Chiesa e la Chiesa era la comunità. E il ministro del culto (il sacerdote Panikkar) stava nel mezzo, quasi sempre seduto all’indiana. Era un evento cosmico, simbolico, in cui il fuoco, il sangue, la terra diventavano elementi vivi, quasi a rinnovare la creazione. E le piante e gli animali vi partecipavano come figli della comunità di credenti.

Le riflessioni “teologiche” avevano l’audacia della pratica religiosa vissuta, non assunta unicamente per via razionale. La Trinità era per lui il simbolo odierno della Terra ferita, dell’uomo annichilito, del Dio lottizzato. Perché l’esito di quell’incrocio di persone era per lui la forma per esprimere il Tutto, ossia la relazione fra le tre dimensioni del reale, quella umana, quella cosmica, quella divina. Isolare Dio significa tagliare quel filo che lo lega all’Uomo, uccidere l’Uomo significa ferire Dio e distruggere la Terra vuol dire deturpare il divino. Perché Dio è in ogni cosa. Egli si fa conoscere nel suo essere plurale. Questa relazione fra le tre dimensioni costitutive del reale, Panikkar l’ha definita con un neologismo: cosmoteandrismo.

In uno dei suoi libri più importanti, Il Cristo sconosciuto dell’induismo, ha ipotizzato un parallelismo curioso fra Cristo e il divino Isvara, soggetti-ponte fra l’assoluto e il relativo: “Il ruolo di Isvara nel Vedanta corrisponde come funzione omeomorfica al ruolo di Cristo nel pensiero cristiano”.

Panikkar andava oltre il monismo. Ma non sopportava nemmeno il multiculturalismo. Diceva che la realtà è plurale e che la verità tout court non esiste. La verità esiste in quanto radicata in un universo particolare: “Il monoculturalismo, ossia la credenza che una cultura abbia, in linea di massima e in linea di principio, la soluzione ai problemi del mondo, è molto pericoloso. Credo che il problema che dovremmo porci sia diametralmente opposto: come renderci conto che nessuna cultura è isolata e che nessuna religione può cavarsela da sola?”

Nessuno come Panikkar è riuscito a creare un pensiero organico e originale sul dialogo fra le religioni. La sua lettura era svincolata da visioni ideologiche o settarie. Qualcuno lo ha criticato di scivolare nel sincretismo o nel panteismo. In realtà egli difendeva il diritto delle religioni di poter esprimere le proprie verità e per questo amava dire “inter-in-dipendenza” proprio con l’intento di spiegare la connessione fra le tradizioni religiose non come una marmellata di fede ma come dialogo di verità autonome le une dalle altre ma aperte all’incontro. Quando vedeva la Chiesa chiudersi a riccio per paura sbottava: “Chi ha paura di perdere la propria fede la perderà”.

Panikkar ha vissuto la sua libertà nella fedeltà. Quando morì p. Balducci scrisse una lettera commovente. Non gli risparmiava alcune critiche rispetto alla teoria dell’uomo planetario che egli considerava “un’astrazione”: “L’uomo – diceva Panikkar – si dà solo in una cultura particolare”.

Caro amico e maestro, ora che sei tornato alla sorgente lasciando un vuoto nel mondo vorrei scriverti l’ultimo biglietto come eravamo soliti fare tu dalla tua casa-eremo a Tavertet, io dal mio ufficio del Centro per la Pace a Bolzano. E dirti solo questo: “Il cuore piange perché vive”.

*Giornalista, scrittore

dal Blog Raimon Panikkar

Laudatio di Raimon Panikkar Alemany
durante la solenne sessione accademica della sua investitura
a Doctor Honoris causa dell’Università di Girona
presentata dal Prof. Josep-Maria Terricabras, padrino del nuovo dottore.

È per me un onore poter esporre, oggi, in questa solenne sessione accademica, i meriti di Raimon Panikkar Alemany in occasione della sua nomina a doctor honoris causa della nostra Università. Raimon Panikkar è, senza dubbio, il pensatore catalano vivo più noto a livello internazionale. La sua vita e la sua opera provano, infatti, l’enorme portata tematica, geografica e linguistica del suo pensiero che presenterò ora in sintesi.

Raimon Panikkar è nato il 3 novembre 1918 a Barcellona da padre indiano e hindù e da madre catalana e cattolica. Fin da bambino, dunque, poté adottare, coltivare e parlare di tradizioni diverse nelle quali non si è mai sentito estraneo e forestiero. Fu ordinato sacerdote nel 1946 anno in cui conseguì il dottorato in filosofia; nel 1958 ottenne la laurea in scienze, sempre all’Università di Madrid, e nel 1961 la laurea in teologia all’Università Laterana di Roma. È vissuto in India, a Roma (dove è stato libero docente dell’Università), e negli Stati Uniti. Nel 1966 fu chiamato ad Harvard in qualità di Visiting Professor e per tutto il periodo dal 1966 al 1987 alternò la sua docenza negli USA per un semestre con la sua ricerca in India. Dal 1971 al 1987 ha coperto la cattedra di Filosofia comparata delle Religioni all’Università di California, a Santa Barbara, di cui è ancora professore emerito. Nel 1987 è tornato in Catalogna e ha stabilito la sua residenza a Tavertet (Osona) dove ha continuato a tenere corsi, seminari e incontri su temi filosofici, religiosi, culturali e di approfondimento delle diverse tradizioni dell’umanità. Ha pubblicato una cinquantina di libri, per la maggior parte in catalano, castigliano italiano e inglese, tradotti in francese, tedesco, cinese, portoghese, cecoslovacco, olandese e tamil. A sua volta, nel corso di circa dieci anni, ha tradotto una antologia di mille pagine dei testi dei Veda.

Panikkar ha seguito una ventina di tesi di laurea di studenti di tutto il mondo, specialmente nel corso del suo soggiorno negli Stati Uniti. Sono state scritte sul suo pensiero una trentina di tesi di laurea alcune delle quali sono state pubblicate. Panikkar ha tenuto corsi nelle università di tutto il mondo e conferenze prestigiose come quelle della “Warner Lectures Series” e le “Gifford Lectures”. Ha collaborato al progetto dell’opera Classics of Western Spirituality (New York) che ha pubblicato sino ad oggi 76 volumi e all’opera Western Spirituality, che consta di 25 volumi, i cui tre ultimi sono sotto la sua direzione. Proprio in questi giorni è comparso il primo volume, in italiano, della sua Opera Omnia che si comporrà di venti volumi. É previsto che queste opere complete vengano pubblicate anche in altre lingue e, in primis, in catalano.

Oltre a questa vasta attività accademica, Panikkar è stato presidente del “Pipal Tree” (Bangalore). E’ fondatore e direttore del “Center for Cross-Cultural Religious Studies” (Santa Barbara, California) e di “Vivarium, Centre d’Estudis Intercultural” (Tavertet, Catalogna). Dal 1993 è anche presidente della Sociedad Española de Ciencias de las Religiones (Madrid). Nel 1960 è stato uno dei fondatori dell’ONG Pax Romana – con statuto consultivo alle Nazioni Unite- che difende i diritti e la dignità dell’uomo in tutto il mondo. Ha preso parte a numerosi colloqui internazionali dell’UNESCO e di molte altre società accademiche. In due occasioni è stato inviato speciale del governo indiano in missione culturale nell’America latina.

Nel corso della sua vita Panikkar ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti tra cui vanno citati sia i riconoscimenti internazionali (“Premio spagnolo di letteratura”, 1961), Creu de Sant Jordi de la Generalitat de Catalunya (1999), nomina a “Chevalier des Art set des Lettres” del governo francese (2000), Medaglia della Presidenza della Repubblica Italiana ( 2001) e Premio Nonino 2001 ‘A un maestro del nostro tempo’, oltre a quelli strettamente accademici (Dottore honoris causa dell’Università delle Isole Baleari (1997), della Facoltà di Teologia dell’Università di Tübingen e della Facoltà di sociologia dell’università di Urbino (2005). L’Università di California concede ogni anni un premio –“The Raimundo Panikkar Award in Comparatives Religiones”, allo studente laureatosi in filosofia delle religioni con le migliori valutazioni accademiche. Nella stessa università è attualmente allo studio la creazione di una cattedra a suo nome. Prestigiose riviste gli hanno dedicato numeri monografici e sono stati organizzati simposi e giornate per studiare la sua opera. Il prossim convegno internazionale si terrà dal 5 al 7 maggio 2008 a Venezia con il titolo “ Misticismo, Pienezza di Vita” in occasione dell’uscita del I° Volume dell’Opera Omnia (dallo stesso titolo).

L’enorme attività di Raimon Panikkar – qui appena accennata – deriva il suo significato profondo dalle idee e dalle vivenze che la ispirano. Nel corso di 30 anni ha mantenuto un intenso contatto con l’India dove si recò per la prima volta nel 1954. “Sono partito cristiano, mi sono scoperto hindù e ritorno buddhista, senza aver smesso di essere cristiano”, ha detto di sé. Raimon Panikkar non è un pensatore convenzionale: egli, al contrario, infrange molti schemi, convenzioni e pregiudizi. La sua formazione intellettuale – fra Occidente e Oriente – gli consente di riflettere nella sua opera un dialogo filosofico costante tra tradizioni, ideologie e credenze diverse. La sua solida conoscenza della tradizione filosofica occidentale e le sue eccezionali conoscenze delle tradizioni filosofiche e spirituali dell’Oriente gli conferiscono le condizioni e una capacità per il dialogo interfilosofico e interreligioso assolutamente inusitate non solo fra di noi ma anche in ambito internazionale. In tempi in cui il pensiero orientale sta guadagnando fra noi terreno e adepti, la figura di Raimon Panikkar si distingue con la grandissima autorità di un referente esperto, rigoroso, profondo. La filosofia, sapere aperto costantemente alla riflessione dell’umano, trova in Panikkar un pensatore originale e senza complessi perché egli conosce ciò di cui parla e perché propone relazioni e accetta differenze che possono essere esposte e dibattute solo da chi le abbia vissute e comprese dall’interno di ogni tradizione. Panikkar, che ha peregrinato tanto, propone il pellegrinaggio come simbolo della vita ma non come la vita stessa, perché il pellegrinaggio deve essere non solo esteriore, ma anche interiore.

Proprio per questo egli accetta la supremazia della prassi, della vita, di una vita che si dispiega al momento, in ogni momento, e che è in grado di trovare l’universale nel concreto, nel particolare. “La mia aspirazione – ha confessato – non consiste tanto nel difendere la mia verità, quanto nel viverla”. Il suo pensiero, ispirato dal principio advaita (né monista, né panteista, né dualista), propone una visione dell’armonia, della concordia, che vuole scoprire “l’invariante umano” senza distruggere le diversità culturali che mirano tutte alla realizzazione della persona in continuo processo di creazione, di ricreazione. “Quanto più osiamo camminare per nuovi sentieri – ha detto – tanto più dobbiamo restare radicati nella nostra tradizione e aperti agli altri, i quali ci fanno sapere che non siamo soli e ci consentono di acquistare una visione più ampia della realtà.” Per Panikkar il dialogo è importante, ma non il dialogo puramente meccanico o informativo, bensì quello che lui chiama “dialogo dialogico” che porta a riconoscere le differenze ma anche quanto si ha in comune, che spinge alla fine ad una mutua fecondazione. Il dialogo non è per gli uomini un lusso, ma qualcosa di strettamente necessario. E il dialogo interreligioso ha un suo ruolo importante. Panikkar non intende questo dialogo come un dialogo astratto, teorico, un dialogo sulle credenze, ma come un dialogo umano in profondità nel quale si cerca la collaborazione dell’altro per la mutua realizzazione, dal momento che la saggezza consiste nel sapere ascoltare. La religione non è, per Panikkar, un esperimento ma un’esperienza, non una teoria ma un’esperienza di vita per mezzo della quale l’uomo – senza preoccupazione né ansia – partecipa all’avventura cosmica. Questo lo porta, per esempio, ad avanzare, la nozione di “identità”. In un’intervista gli fu chiesto: “Dove trova lei la sua identità?” La sua risposta è stata: “Perdendola, non cercandola: non volendo tenermi stretto ad una identità che non è stata ancora realizzata e che non è possibile trovare quindi nel passato perché sarebbe solo copia di qualcosa di vecchio. La vita è rischio; l’avventura è novità radicale; la creazione si produce ogni giorno, é qualcosa di assolutamente nuovo e imprevedibile.”

Con una visione concreta e anche globale dell’esistenza, Panikkar difende l’armonia tra gli uni e gli altri, la nostra con la natura, e, chiaramente, con noi stessi. Difende la sacralità della vita come secolarità sacra. Perché tutto è sacro, tutto è inviolabile, e denuncia come si sia perduta la sensibilità per la sacralità della materia. L’ecosofia è la nuova saggezza della terra. Ciò che è umano, ciò che è infinito o divino e ciò che è materiale, non sono tre realtà separate ma i tre aspetti di un’unica e stessa realtà. E’ questa la sua intuizione cosmoteandrica o teandropocosmica che rivela l’ambiguità e i limiti di ogni discorso strettamente scientifico o culturale.

Infine, ciò che ci ha portato alla patologia della sicurezza, che è l’ossessione odierna, è l’ossessione per la certezza. Ecco quindi che Panikkar raccomanda che la filosofia sia viva, vale a dire che ponga attenzione alla polisemia, all’ambiguità, all’apertura: perché potrà favorire la coscienza di libertà, solo se essa stessa si pone al di sopra di qualunque servitù, sia pure servitù razionale, razionalizzatrice. Panikkar non è certo un pensatore comodo perché non è sempre prevedibile, non è mai convenzionale, apre sempre nuove prospettive, nuovi dubbi, speranze e attese nuove. Questo ne fa un pensatore di verità, un maestro di pensiero e una persona saggia. E, come dice Cicerone, “sapiens beatus est”.

Non posso concludere questa presentazione senza rendere pubblico un gesto privato di grande generosità di Raimon Panikkar che ha voluto lasciare all’Università di Girona la sua impressionante biblioteca privata. In cambio della sua amicizia e generosità, posso fin d’ora garantire, solennemente, l’impegno di questa Università, che da oggi è la sua, di dare continuità a questo lascito per potenziarne e diffonderne il contenuto.

Per molti motivi e per tutto questo propongo che si conceda e conferisca il titolo di doctor honoris causa a Raimon Panikkar.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=gGktT4vUfa4[/youtube]

9 Commenti

  1. Lorenzo ha detto:

    Mi interessa questa cosa del matrimonio di Panikkar, perché ha a che fare, secondo me, con la verità, l’onestà e il rispetto.
    Possibile che si voglia mantenere nascosto, o addirittura confondere con un’incomprensibile “adozione”?
    E perché non si conosce il nome della moglie, non è mica una vergogna… insomma, a me pare un’offesa alla dignità della persona.
    Sbaglio?

  2. Maurizio e Monica ha detto:

    Siamo felici di vedere ricordato in questo sito Raimon Panikkar, secondo noi un faro nel caos dei credenti che conosciamo, che incontriamo, che sentiamo ogni giorno. Pensatore che sapeva esternare concetti difficili con esempi facilmente “digeribili”. Lo ascoltiamo spesso nei video che abbiamo collezionato, anche se riduttivi rispetto alla sua Opera Omnia sono già sufficienti a carpire la sua saggezza. Siamo goccia d’acqua o l’acqua della goccia? cosa dire altro… concordia e armonia come presupposti per la pace, non siamo soli su questa Terra. Cordiali Saluti

  3. Giuseppe ha detto:

    E c’è chi ancora si chiude nel ghetto di CL o dell’Opus Dei ed organismi simili, pensando che non eista altro al mondo.
    Un insegnante di religione diversi anni fa mi raccontò la storiella di un santuomo che, passato a miglior vita, viene accompagnato da San Pietro in una visita di ambientamento nel Paradiso. Al termine non può fare a meno di chiedere al santo cosa sia quella muraglia alta che fiancheggiava la strada durante tutto il percorso e Pietro gli risponde: “ah nulla, al di là di quel muro ci sono i cattolici, poveretti, pensano di esserci solo loro qui”.

  4. Alessandro ha detto:

    Don Giorgio che personaggio ci hai fatto scoprire, l’ attacco al dogmatismo e a chi crede di essere con la verita’ in tasca e’ vera profezia…

  5. Gianni ha detto:

    Credo che la figura di Panikkar, poco nota ai più, sia spesso stata fraintesa.
    La mia personale opinione è che sia una di quelle tipiche figure di filosofi e teologi che, anche partendo dalle posizioni tradizionali di certo conservatorismo, magari trasmesso loro per via familiare, o da parte degli originali ambienti in cui si sono formati, poi invece approdano a concezioni molto diverse.
    Questo spiega l’originale e duratura appartentenza all’Opus Dei, e forse anche la conoscenza non superficiale di certe posizioni all’interno della chiesa.
    Ad esempio ha sempre considerato Ratzinger un innovatore, non un conservatore.
    Per comprendere appieno l’opera di questo filosofo e teologo, dobbiamo considerarla come il tentativo di dare risposta a quesiti di questo tipo:
    cosa ricerca la religione? A cosa tendono tutte le religioni?
    Di qui la sua convinzione che ogni religione sia una ricerca incompiuta che, pur in alternativa alle altre, cerca di arrivare allo stesso scopo.
    Il vero riceratore metifisico, quindi, non può essere compresso in una religione precostituita e dogmatica, ma si apre a nuove rivelazioni e disvelamenti.
    Ad esempio, secondo Panikkar non è esistita solo una singola apparizione sulla terra del Cristo, ma tale figura ha trovato espressione anche nelle altre religioni, da cui l’idea di tante manifestazioni del Cristo, che non sarebbe riconduciblile solo a Gesù.
    E quindi cristiane sarebbero anche altre religioni, ognuna con il suo Cristo.
    Esistono comunque anche aspetti segreti, poco chiari della sua esistenza, come quella relativa ad un presunto, mai confermato ufficialmente, matrimonio, che sarebbe stato tollerato da parte delle gerarchie cattoliche, nonchè la sua apparteneza all’Opus Dei per lungo tempo ed i suoi rapporti con Escribà.
    MA sono convinto che sia sopratutto una di quelle tipiche figure di ricercartori del metafisico, che in gioventù ritengono che appartenere al sacerdozio di una religione porti verso l’assoluto, per poi convicersi che bisognerebbe essere sacerdoti di tutte le religioni.
    Del resto, non è un caso che nei confronti di queste posizioni, ispirate già dal sacerdote Dupuis, si fossero concentrate attenzioni e critiche da parte delle gerarchie eccliesiastiche, a partire da Ratzinger, pur coniderato da Panikkar come uno dei principali fautori del Concilio vaticano II, e ciò, in fondo, ha un riflesso fondamentale anche per la chiesa e la sua storia, visto comunque che, a prescindere dalle convinzioni di Panikkar, proprio in quel concilio molti vollero vedere un tentativo di intraprendere un nuovo percorso interreligioso.
    L’appartente contraddizione tra posizioni di Panikkar sulle valenze postconciliari e queste ultime, probabilmente si spiegano con una particolare lettura in cui lo stesso Panikkar coglieva, tramite i documenti conciliari, qualcoa che gli altri non riuscivano a scorgere, cioè quell’insistito richiamo ad una immanenza metafisica, cui spesso lo stesso Ratzinger si era spesso richiamato.
    Due concezioni, quindi, secondo taluni interpreti, più vicine di quanto non si pensasse, solo con la differenza che mentre per Panikkar tale immanenza assumeva vesti inconsuete e multiformi, al limite dell’eresia, per Ratzinger tale concezione doveva rimanere fedele all’ortodossia cattolica con tutta la sua carica dogmatica.

    • Don Giorgio ha detto:

      Per mia curiosità, quale libro di Panikkar hai letto? Tra i termini “nuovi” da lui coniati, quale ti piace di più?

      • Gianni ha detto:

        intanto ho apprezzato molto questo regalo:
        Sulle tracce del sogno dell’uomo. A colloquio con Raimon Panikkar tra tradizione e pensiero contemporaneo
        Autore Cappellini

        e dell’autore questo:

        Religione e religioni. Concordanza funzionale, essenziale ed esistenziale delle religioni. Studio filosofico sulla natura storica e dinamica della religione,

        qualcosa ho avuto in prestito.
        Quanto ai termini mi piece molto “cosmoteandrismo”.
        Quel che più condivido è una sorta di ritorno alla matafisica intesa come disciplina che ha come oggetto qualcosa di cui, in realà, nulla potrebbe essere detto.
        Noi abbiamo di Dio una visione troppo antropocentrica, tanto che per noi Dio è un essere, mentre forse sarebbe più esatto dire dimensione.
        Che poi questa dimensione abbia comunicato tramite un essere in carne ed ossa, come il Cristo o tramite lingue di fuoco (spirito santo) è solo una multiforme varietà di manifestazioni….
        Peraltro ho anche cercato di approfondire il discorso di Panikkar con interpretazioni tramite web, ma non sempre ho condiviso certe interpretazioni….

    • Laura M. ha detto:

      Raimon Panikkar non si è sposato, ha adottato una moglie ed una figlia, leggete il libro “Pellegrinaggio e ritorno alla Sorgente” scritto con Milena Carrara Pavan, allegato c’è un Dvd nel quale Panikkar racconta tutta la sua Vita. E per favore, non inquadrate Panikkar, non dite è questo o quello. Panikkar era un Uomo nel senso più completo del termine. Ciao a tutti

  6. riccardo ha detto:

    grazie don giorgio per aver ricordato raimon panikkar.
    il video riesce a trasmettere il silenzio da cui scaturivano le sue riflessioni e la sua capacità nell’andare al cuore delle cose, esprimendosi con parole semplici ma che allo stesso tempo facevano intravedere un riflesso dell’assoluto, il tutto condito da un’allegria corrompente e stupendi giochi con le parole.

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