Una Diocesi che non rialza la testa, e i preti giovani che navigano nel nulla

Una Diocesi che non rialza la testa,

e i preti giovani che navigano nel nulla

di don Giorgio De Capitani
Tutti vedono, e tutti tacciono.
Borbottano, ma non si espongono.
Ho tentato negli anni scorsi di stendere
qualche documento di protesta,
coinvolgendo un buon numero di preti milanesi.
Risposta:
qualche prete mi ha minacciato,
se avessi ancora osato tanto
(usando una email di dominio pubblico!);
solo due o tre hanno inizialmente espresso
qualche interesse;
alla fine è rimasto solo un prete,
il quale, prima di firmare, ha preteso
qualche modifica.
In questa diocesi milanese
c’è semplicemente omertà,
paura di sbilanciarsi per non perdere
il cosiddetto cadreghino.
E allora si tace,
si borbotta, ma si tace,
ci si lamenta, ma si tace.
E così la ruota gira,
continua a girare:
la ruota della carnalità pastorale.
Certo, si è bravi qui al nord
– soprattutto noi ambrosiani,
praticoni indefessi,
con il mal di pietra nell’animo –
nell’organizzare e fare cose su cose,
nell’ambito di una pastorale del fai da te.
Che il vescovo parli pure di unità pastorale,
si sa che il clero meneghino dice di sì,
e poi fa quello che vuole:
ha innato quel senso campanilistico,
per cui al di là dell’ombra del campanile
esiste solo una fitta nebbia
che non permette di vedere oltre.
E così l’organismo ecclesiale è salvo,
anzi è sempre in attivo,
sopravvivendo ad ogni crisi:
la gente la si perde in un modo,
ma la si accalappia con altri mezzi.
La Chiesa nella sua storia millenaria
ha imparato l’arte dell’inganno,
o di quel fumoso accarezzare la pelle della massa,
sempre pronta ad aggrapparsi a qualsiasi rito,
pur di far festa, o di godersi attimi di orgasmo
tra il sacro e il profano,
trovando così la via di mezzo
per acquietare la coscienza e i propri istinti bestiali.
Tutti vedono, e tutti tacciono.
Borbottano, ma non si espongono.
Sanno, i preti, che, se purificano i riti,
eliminando superstizioni o esagerazioni,
vengono contestati, e messi da parte.
Ci si aggrappa al detto:
“Non spegnere il lucignolo fumigante”.
L’ha detto anche il profeta Isaia!
E così tutto è fumigante,
ma da tempo le scintille divine si sono spente.
Tutti vedono, e tutti tacciono.
Borbottano, ma non si espongono.
Forse che, a furia di fare e strafare,
mettere cose su cose,
organizzare e fare feste,
non sia rimasto della scintilla divina
nemmeno uno stoppino fumigante?
Ma almeno i giovani preti,
freschi di ordinazione sacerdotale,
pieni di tanta grazia di Dio,
non potrebbero rinverdire una pastorale
ridotta a rami secchi di una pianta
priva di linfa vitale?
Sembra di no:
anzi, sembra che la loro pastorale
sia quell’apparire, non importa come,
anzi sì, importa ma nel senso
di quel comunicare un vangelo
non nella sua essenzialità,
ma riducendolo a banalità di immagini,
che lasciano gli imbecilli ancora imbecilli.
Questi giovani preti, figli del loro tempo,
– e lo vediamo sulla nostra pelle,
che il tempo ha indurito –
escono dai seminari
con tanto entusiasmo addosso,
e poi subito si lasciano immergere
in una pastorale dispersiva,
credendo di far colpo con qualche invenzione
che svanisce in amarezza.
E allora può succedere di tutto.
Crisi, sbandamenti, per non dire altro.
I preti di oggi sono tanto fragili?
Forse per questo
– così mi hanno assicurato –
hanno un costante supporto psicologico.
Ai miei tempi, avevamo Padri spirituali,
che ci seguivano nel nostro cammino
non solo spirituale:
vere guide anche psicologiche,
ma di un tale spessore da non far rimpiangere
la professionalità degli psicologi di oggi.
Sì, i preti giovani sono figli del loro tempo,
di un tempo cioè vuoto d’essere,
perciò bisognosi di essere riempiti di essere,
ma di quell’essere che nasce dal contatto con il Divino,
che è dentro ciascuno di noi.
Dovrebbero essere loro a rivoluzionare
una pastorale carnale,
puntando sull’Essenziale divino.
Ma non sembra che lo facciano:
sembra anzi che la loro arte stia tutta
in una pastorale di pelle,
fatta di apparenze, di visibilità esteriori,
usando social nel peggiore dei modi.
Quanto urta una pastorale
di atteggiamenti o di gesti da schizofrenici,
quando invece si esigerebbe
non un piccolo supplemento di anima o di spirito,
ma una sovrabbondanza di quella Grazia
che è Sorgente di quel Divino,
che sembra sparito nella nebbia
di una tale imbecillità pastorale
da richiedere una forte ventata dello Spirito.
Questi preti giovani, quando escono dal seminario,
che cosa in realtà hanno dentro di loro?
Non dubito che non siano stati educati al meglio,
ma dubito sul Meglio.
La gente di oggi non ha bisogno
di preti giocolieri o funamboli o populisti,
o abili nell’arte di sedurre i più giovani,
dando loro solo qualcosa,
qualche briciola di Eternità,
forse neppure un’ombra di Grazia.
Certo che i preti giovani vanno seguiti,
ma solo perché sono fragili psicologicamente?
Certo che hanno bisogno
anche della saggezza di preti anziani.
Secondo me oggi manca tutto un contesto,
in cui il Buon Pastore dovrebbe essere
una figura fortemente carismatica.
Questi preti freschi freschi di ordinazione
buttati nella mischia, che cosa inventano?
C’è chi si fa risucchiare subito dal marciume,
c’è chi sopravvive sperando
di sopravvivere alla bell’e meglio,
c’è chi si aggrappa a tutto pur di esibire la propria immagine,
c’è chi sogna un eremo,
c’è chi evade dal proprio campo pastorale,
tralasciando impegni locali…
Insomma c’è ancora quella figura di prete
innamorato di Dio e delle anime?
Tutto è possibile a Dio,
ma forse c’è una eccezione:
ed è una Chiesa che fa di Dio ciò che essa vuole.

2 Commenti

  1. Simone ha detto:

    Io dico solo che manca l’onestà e molti soffocano le intuizioni dello Spirito pur di non uscire dalla rigida strada imposta dalla Chiesa.
    Il peccato che meno digerisco é utilizzare la loro carica ecclesiale per sentirsi superiori agli altri. Questa due cose vi squalificano completamente.
    Non ho ancora avuto modo di leggere la proposta pastorale ma lo farò per capire come viene declinato il termine libera.
    La libertà, per me, é il secondo dono più grande fatto da Dio all’uomo, dopo quello della vita. Senza libertà non esiste fede.
    Senza libertà non esistono guide o pastori.
    Io nella Diocesi vedo solo preti incatenati e ricattati col bastone delle punizioni, della revoca dei privilegi e dei trasferimenti punitivi in montagna.
    Parlerà certamente di questi dettagli nella proposta pastorale.
    Troppa ipocrisia….

  2. Luigi Egidio ha detto:

    E gira la roda la gira
    gira gira Giuan che vegn sira.
    Ahimè brutta cosa l’intelligenza con l’abitudine. E’ quello che succede nella diocesi milanese? Non conosco la realtà e se aggiungo di essere un non credente che si diverte a giocare con Dio, si capisce chi sono. Dio gioca a nascondino e quando si fa trovare scompare come il Risorto coi discepoli di Emmaus dopo aver cenato. Quanti sanno dove Gesù ha preso l’uso del pane e del vino per l’ultima cena? Dal sacerdozio di Melchisedek, ben prima di Abramo. E qui le religioni monoteistiche intelligenti e abitudinarie dovrebbero andare in crisi, ma non vanno perchè come diceva il divino Giulio (Andreotti) “il potere logora chi non ce l’ha”. Il male non solo della diocesi, della Chiesa, di tutte le chiese, di tutti i poteri … è sfruttare l’intelligenza con le sue speculazioni per creare le abitudini. Così nascono le teologie, le filosofie, le scienze speculative … Quanto manca oggi nella Chiesa non tanto Giobbe (ce n ‘è abbastanza) ma il saggio Qoelet con il suo “niente di nuovo sotto il sole” per rompere questa “venefica” abitudine che affligge la diocesi milanese. Non si offenda arcivescovo Delpini, ma quando guarda la sua faccia in TV la vedo nell’oggi, ma è la stessa faccia di ieri ed è facile e prevedibile che sia quella di domani. Quindi “Niente di nuovo sotto il sole” della diocesi di Milano.

Lascia un Commento

CAPTCHA
*