L’alluvione del 21 novembre a Crotone – Twitter / Ansa
da AVVENIRE
25 novembre 2020
Alluvione.
L’arcivescovo:
Crotone non ha bisogno di elemosine
ma di infrastrutture
Antonio M. Mira
Monsignor Panzetta chiede alle istituzioni più attenzione per il territorio calabrese sconvolto dalle calamità, dalla pandemia e dalla mancanza di lavoro. Lunedì il messaggio dei vescovi calabresi
“Questo nostro territorio non ha più bisogno di elemosine o di mortificanti interventi a pioggia, ma di infrastrutture (strade, ponti, reti ferroviarie e aeroporti, ospedali adeguati), una seria prevenzione del dissesto idrogeologico e del disagio lavorativo”. È il forte appello dell’arcivescovo di Crotone-Santa Severina, monsignor Angelo Panzetta, che chiede “un’attenzione particolare” alle istituzioni regionali, nazionali e europee.
Lo spunto è la recentissima drammatica alluvione che ha colpito il territorio crotonese, ma l’arcivescovo affronta i tanti problemi che colpiscono la Calabria. Quella che definisce “la terribile policrisi (sanitaria, economica, ecologica, politica, sociale, culturale, spirituale e identitaria)”. Un lungo elenco che da anni attende risposte delle istituzioni. E Panzetta lo ricorda con parole molto chiare. “Se queste attese dovessero ancora rimanere inascoltate, come cittadini italiani e calabresi saremmo inevitabilmente portati a chiederci se la nostra bellissima Costituzione costituisca ancora il riferimento imprescindibile della nostra Nazione, e se le Regioni, pur nella legittima autonomia prevista dal nostro ordinamento, riescano ancora a garantire diritti almeno simili ai cittadini che abitano i diversi territori”.
Alla denuncia l’arcivescovo aggiunge anche l’impegno. “Come comunità cristiana – si legge ancora nel messaggio – sentiamo nostro il compito di stimolare e promuovere il protagonismo delle istituzioni democratiche e civili del nostro territorio, che anche se gravate da ataviche inefficienze di cui tutti abbiamo triste esperienza, possono sempre risollevarsi in nome di quel Bene Comune al cui servizio sono preposte”.
Per questo, insiste, “è nostra intenzione sostenere tutte quelle iniziative politiche e istituzionali che avranno il coraggio di ripensare e riprogettare l’impegno per il Bene Comune in questa nostra terra”. E la Diocesi dà l’esempio. “La nostra chiesa diocesana sta moltiplicando gli sforzi per farsi prossima a tutti coloro che sono in difficoltà, attraverso servizi capaci di offrire ristoro a tutti i poveri, antichi e nuovi, che purtroppo nel nostro territorio stanno raggiungendo numeri che vanno ben oltre la soglia dell’allarme sociale”.
E conclude ripetendo l’appello. “Abbiamo bisogno, soprattutto in questo frangente, di favorire la prossimità tra di noi e tra le istituzioni, per resistere alla tentazione di coltivare protagonismi personali e interessi di parte che impoveriscono la collettività. Da parte mia, sono certo che il grido che sale dalla nostra terra non rimarrà inascoltato. Sono sicuro che, invece, la terribile policrisi (sanitaria, economica, ecologica, politica, sociale, culturale, spirituale e identitaria) si dimostrerà un’occasione straordinaria per un cambio di passo verso una cultura della responsabilità e dell’impegno in grado di innescare processi di rinnovamento e di sviluppo”.
La denuncia-appello di Panzetta segue quella di lunedì dell’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, monsignor Vincenzo Bertolone. “Senza coscienza, la Calabria, un po’ alla volta, inesorabilmente muore”, aveva scritto il presidente dei vescovi calabresi, in relazione alla grave crisi sanitaria. “Negli ultimi giorni, con foga crescente, quasi in una gara a creare confusioni nuove per cancellare quelle vecchie, divisioni e rancori hanno prevalso sulla scena”. Ed elenca “fatti e misfatti che da qualche settimana a questa parte tormentano la già bistrattata Calabria”; parla di “problemi infilati sotto il tappeto come polvere, risposte poche, soluzioni ancor meno”.
Avverte però che “nell’ansia di dimostrare la propria estraneità a tali fatti e misfatti, si dimentica che la politica non è soltanto gestione di questo o quell’ufficio o potere specifico, ma anche prospettiva e visione, confronto ed elaborazione”. Concludendo che “l’errore più grave è delegare tutto ad uno, o a qualcuno, sperando che questo basti per cambiare”. Al contrario “in in un tempo in cui impera ciò che fa notizia sensazionale, sottrarsi a una responsabilità, magari modesta ma continua, è tentazione forte che si trasforma a volte in viltà”, perché “a venir meno non è l’indignazione o la spinta all’atto eroico, ma al coraggio del giorno dopo giorno”.
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