Alessandro D’Acquisto: «Vi racconto mio fratello Salvo. Il suo sacrificio fu l’unico conforto»
A sinistra, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, stringe la mano ad Alessandro D’Acquisto, fratello di Salvo (nel riquadro in alto a sinistra), nel giorno dell’ottantesimo anniversario della sua fucilazione da parte dei nazisti
dal Corriere della Sera
26 febbraio 2025
Alessandro D’Acquisto:
«Vi racconto mio fratello Salvo.
Il suo sacrificio fu l’unico conforto»
di Alessio Ribaudo
Il fratello: «Le mie sorelle scherzavano perché a 18 anni era già in divisa come nostro nonno carabiniere. Oggi però lo abbraccerei forte e gli chiederei di intercedere per la pace»
«La canonizzazione? All’inizio del processo avevo accolto tutto con distacco. Poi qualcosa è cambiato: sono emozionato. Ho notato anche due coincidenze fra Salvo e Padre Pio. La prima è che entrambi sono morti il 23 settembre, seppur in anni diversi. La seconda è che anche l’iter della Chiesa iniziò per loro nel 1983. Oggi uno è San Pio e, ora Francesco ha riconosciuto Salvo come Venerabile». Alessandro D’Acquisto, 87 anni, è il più giovane dei fratelli di Salvo, il vicebrigadiere dei carabinieri, eroe della seconda guerra mondiale. Bancario in pensione, vive a Napoli, ed è testimone vivente della virtù.
Lei aveva sei anni quando nel 1943 Salvo fu fucilato dai nazisti. Che ricordo ha di lui?
«I natali insieme, quando tornava dall’Africa dove era stato destinato nel 1940. Giocavamo a tombola o a sette e mezzo e mi teneva in grembo. Era affettuoso, protettivo. Poi, un pranzo imbandito quando doveva partire per arruolarsi nell’Arma. Le mie sorelle, Erminia e Franca, lo prendevano in giro: ad appena 18 anni era in divisa, come nostro nonno materno, il maresciallo Biagio Marignetti, e diversi zii paterni. In meno di quattro anni era già stato promosso sottufficiale».
Quando sapeste dell’uccisione?
«Solo nel 1944, un anno dopo. Fu un colpo al cuore. Salvo era un ragazzo modesto, buono, generoso. Mia mamma Ines non si riprese più. Papà Salvatore, palermitano che aveva combattuto la prima guerra mondiale nelle fila dei Bersaglieri, trovava conforto nell’idea che fosse morto per salvare 22 ostaggi».
Quanto ha pesato questo sacrificio sulla sua infanzia?
«Crebbi in una famiglia segnata dal dolore. Dopo Salvo, nel 1945 morì pure mio fratello Rosario di 13 anni. Poi le mie sorelle si sposarono e io rimasi solo con i genitori. Mi mandarono alle colonie estive per figli di carabinieri, ma tornavo subito perché sapevo che il dolore di mia mamma era troppo grande: non riuscivo a starle lontano».
Cosa conserva di lui?
«Una stanza intera con un quadro di due metri, medaglie, lettere e foto. Lui è sempre presente nella mia vita, il suo sacrificio è dentro di ognuno della nostra famiglia. Mio papà recuperò la cassetta di ordinanza a Torre di Palidoro, il paese dove fu fucilato. Nel 1971, durante l’inaugurazione del monumento a Napoli, a mamma si avvicinò Maria Calignano: era la madrina di guerra di Salvo e aveva conservato tutte le sue lettere. Furono momenti molto toccanti».
Il cinema e la televisione hanno raccontato più volte la storia di suo fratello. Che effetto le ha fatto vederlo rappresentato sullo schermo?
«Emozione e riservatezza. Quando vidi il primo film su di lui ero troppo piccolo. Il secondo mi colpì profondamente, accurato storicamente ed emozionante. Il terzo ha romanzato molto la vicenda per esigenze narrative cinematografiche. Noi della famiglia non abbiamo mai voluto sfruttare il suo nome, abbiamo sempre lasciato che si raccontasse la sua storia, purché nel rispetto della verità».
Salvo per lei è eroe o santo?
«Il primo è protagonista nella storia e sceglie il sacrificio, il secondo interviene nella storia seguendo un disegno divino. Pensavo che Salvo avesse più virtù eroiche, come recita la medaglia d’Oro alla memoria, ma il processo la canonizzazione ha cambiato le cose. Evidentemente in Vaticano è stato colto anche questo secondo aspetto di lui».
C’è un episodio che le ha fatto capire la grandezza di suo fratello?
«Sì. Quando papà ci raccontò che Salvo si dichiarò colpevole senza esitazioni, per salvare i 22 ostaggi che, poi, abbiamo conosciuto».
Se oggi potesse parlargli?
«Gli chiederei di intercedere con Dio per ristabilire la pace nel mondo. E poi lo abbraccerei, forte».
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