da Il Corriere della Sera
Roberto Saviano:
«L’Italia è un Paese che fa paura,
c’è squadrismo contro gli intellettuali.
In Rai resterà Peppa Pig»
di Antonella Baccaro
Lo scrittore parla dopo la decisione della Rai di cancellare il suo programma: «Pago l’attacco al potere, subisco attacchi violentissimi. Contro di me una decisione politica, la stessa strategia delle azioni giudiziarie»
«L’Italia è un paese che mette paura». Roberto Saviano commenta così la cancellazione del suo programma Insider II dalla Rai.
Come l’ha saputo?
«Dal mio giornale, il Corriere della Sera».
Se lo aspettava?
«Sì, è una decisione politica che si inserisce nella strategia più ampia di usare le azioni giudiziarie come grimaldello per impedirti di lavorare».
Che tipo di programma è Insider II?
«Un programma su Don Peppe Diana, sacerdote ucciso dal clan dei casalesi, sui collaboratori di giustizia che hanno permesso di svelare importanti rapporti tra mafia e politica e tra mafia e imprenditoria. E sui giornalisti perseguitati: tra loro Rosaria Capacchione ed Enzo Palmesano, quest’ultimo è stato parte della storia di Alleanza Nazionale, poi allontanato per il suo impegno antimafia, non in linea con il nuovo corso».
La sua trasmissione sarebbe stata cancellata non per i contenuti ma per le espressioni da lei usate nei confronti del vicepremier Salvini, non in linea col Codice etico Rai.
«Quindi voi giornalisti ora sarete attenti a tutte le dichiarazioni rese negli anni da chiunque abbia avuto una trasmissione in Rai, verificandone l’aderenza a un Codice etico fatto per compiacere chi, nel 2015, scrisse: “Cedo due Mattarella per mezzo Putin” (Matteo Salvini, ndr). La possibilità che in Rai resti solo Peppa Pig è alta».
Il suo caso è paragonabile a quello di Filippo Facci?
«Facci ha attaccato una persona inerme per difendere il potere. Io ho attaccato il potere. In realtà l’equiparazione è una strategia politica dei media di destra che sono nelle mani di un parlamentare della Lega».
Se non condivide la linea di questa Rai, perché non ha ritirato lei la trasmissione?
«Non ho mai subito dai miei referenti in Rai, Rosanna Pastore e Felice Cappa, alcuna pressione, cosa che è accaduta probabilmente ad altri. A me la trasmissione l’hanno direttamente cancellata. Un danno enorme per tutte le persone che ci hanno lavorato: soprattutto donne, coordinate da una donna, che stanno pagando per una vendetta politica».
Cosa non le piace di questa Rai.
«La Rai è la Rai, è una istituzione di questo paese: è rappresentativa dei suoi vizi e delle sue virtù. Esiste da sempre ed esisterà per sempre».
Il dg Giampaolo Rossi sostiene che finora la Rai ha subito l’egemonia culturale della sinistra e che ora la narrazione va controbilanciata.
«Egemonia culturale è qualcosa in grado di modificare l’assetto socioeconomico di una società e questo negli ultimi 30 anni lo ha fatto Berlusconi, non certo la sinistra».
“Ministro della Mala Vita” è tra le espressioni, da lei riferite a Salvini.
«È il titolo di un libro di Gaetano Salvemini. Avevo usato questa espressione 5 anni fa e sono stato querelato».
Ma a cosa allude?
«Al fatto che l’attitudine di Salvini nei confronti del Sud Italia è la stessa che Salvemini attribuiva a Giolitti: sfruttamento elettorale e scarsa attenzione ai problemi reali».
Lei sostiene che il vicepremier fa di tutto per tirare il processo contro di lei per le lunghe.
«Non lo sostengo io. Il processo è bloccato perché lui non si presenta a testimoniare: avrà paura di rispondere sotto giuramento? Sul mentire, Salvini deve capire che utilizzare l’immunità parlamentare per schermarsi dai processi per diffamazione è un’arma a doppio taglio: significa ammettere che ciò che dice non vale nulla».
Esiste anche un processo a suo carico per aver definito Meloni “bastarda” circa la politica migratoria.
«Non ho definito “bastarda” Meloni, ho definito “bastardi” Meloni, Salvini, Di Maio e Minniti, come ha sottolineato la stessa difesa di Meloni. Esiste una registrazione di Radioradicale».
Non crede che, senza rinunciare alle sue idee, esprimerle diversamente le eviterebbe i processi?
«Stiamo parlando di politici violentissimi, che bersagliano disperati che muoiono in mare, che dichiarano di voler affondare navi-ambulanza e definiscono queste tragedie “crociere”: li chiamiamo “birichini”? Pago io per le parole spese per attirare l’attenzione sul loro scempio».
Se si trovasse a tu per tu con Meloni, potendo contestarle la politica attuata finora, su cosa lo farebbe?
«Non accadrà. Nemmeno lei viene in tribunale, e le parti civili in genere dovrebbero almeno spiegare in cosa si ritengono danneggiate, visto che, dopo la mia aspra critica, da capo di un partito di opposizione è diventata capo del governo».
Nel merito?
«A oggi, niente politiche sul lavoro, solo aiuti a chi gode già di privilegi. E sui migranti accordi criminali con la Tunisia».
La sinistra ha commesso errori per perdere il consenso degli italiani?
«Ha parlato a pochi, in maniera poco chiara e disunita. Non è riuscita a recuperare un rapporto con gli elettori mortificato da anni di propaganda antipolitica, di sfiducia, di pozzi avvelenati. La sinistra deve diventare la voce di chi non ha voce. Deve essere presente nelle periferie, nei ghetti, nelle campagne. Deve smetterla di compiacersi nell’essere il partito della competenza e mettere quelle competenze al servizio degli elettori. La politica allontana gli elettori quando smette di essere al servizio».
È solo un difetto di ascolto?
«No, la sinistra è divisa: quel che intendo suggerire non è che le diverse anime che compongono la sinistra alle urne debbano andare insieme, ma spesso sono in contrasto tra loro, senza costrutto. Serve stima reciproca pur nelle diversità».
Le piace Schlein?
«Sì».
La sinistra è accusata di avere a cuore i diritti civili e non quelli sociali.
«Ma i diritti civili sono a costo zero e siamo in ritardissimo, anche per colpa della sinistra. I diritti sociali, la tutela del lavoro, il ruolo delle donna nella società, il rafforzamento del pubblico dalla sanità all’istruzione, sono diritti sociali che hanno costi enormi e la sinistra è sinistra quando non ha paura, quando stringe patti e fa alleanze per ottenere risultati concreti che portano progresso. La sinistra è stata anche quella di Minniti e degli accordi con la Libia».
Le pesa talvolta il ruolo simbolico che le si attribuisce?
«Mi pesa la continua diffamazione, mi pesano gli attacchi personali a opera dei media di destra. Mi pesa questo squadrismo contro gli intellettuali – non sono il solo – fatto su mandato di una parte politica. Sono attacchi violentissimi e quotidiani che non avvengono in nessun’altra democrazia avanzata. In Europa, Media Freedom Rapid Response ha incluso le cause contro di me tra i casi “azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica”. L’Italia è un paese che mette paura».
Libri, sceneggiature, inchieste, cosa la sta impegnando in questo momento?
«Le cause da gestire con questi ministri. Il 12 ottobre si concluderà quella Meloni, il 7 dicembre Salvini – bontà sua – dovrebbe venire a testimoniare per sbloccare il processo. C’è un’altra querela in arrivo da Salvini e Sangiuliano ha perso il primo grado, ma ha già promesso di presentare appello. Lavoro per loro e quando tutto sarà finito magari ne scriverò».
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da www.articolo21.org
Roberto Saviano,
cinico bersaglio della destra
Vincenzo Vita
27 Luglio 2023
Il programma di Roberto Saviano Insider, faccia a faccia con il crimine -quattro puntate già registrate- non sarà trasmesso dalla Rai.
L’intellettuale e saggista antimafia, che vive da anni sotto scorta per le minacce del feroce clan dei Casalesi, avrebbe dovuto riprendere la collaborazione con il servizio pubblico dove spesso è stato ospite di Che tempo che fa nella lunga stagione di Fabio Fazio. No, la destra non vuole e i vertici della Rai si piegano con complicedeterminazione al nuovo «editto bulgaro». Quest’ultima terminologia afferisce alla brutale iniziativa del 2002 in età berlusconiana. Ne fecero le spese Enzo Biagi, Daniela Luttazzi, Michele Santoro.
Ecco, la vicenda di Saviano ricorda quella stagione. Infatti, la coalizione di maggioranza – ora come allora- non tollera che ci siano trasmissioni assetate di conoscere e far conoscere i tratti più squallidi del potere, svelando i lati spesso indicibili, le cose che non si devono sapere.
Eppure, proprio il contratto di servizio tuttora in vigore che regola i rapporti tra lo Stato e la Rai evoca la necessità del giornalismo di inchiesta e il pieno rispetto della Costituzione italiana, inequivoca su argomenti fondamentali come l’antifascismo, l’antirazzismo e la lotta alla criminalità. Risulta persino grottesco, dunque, farsi scudo di quel testo per coprire una vera e propria azione repressiva.
Gli attacchi a Saviano, a don Ciotti, al presidente di Articolo21 Paolo Borrometi (la Federazione della stampa si costituirà parte civile nel processo contro chi ha diffamato un altro personaggio coraggioso e scomodo) e ulteriori vicende omologhe ci raccontano che la notte è nera e profonda.
Chi si illudeva che la destra volesse sfidare il resto del mondo con le presunte contro narrazioni annunciate dal ministro Sangiuliano è stato prontamente servito. Siamo al cospetto di unsecco moto coercitivo e reazionario, mescolato al corporativismo sovranista.
Ciò che si può occupare si occupa senza remore (Rai, cinema, diversi enti e società pubblici), il pensiero critico è eversivo. L’aria serena delle destre non va scalfita neppure da un lampo o da un tuono.
I politologi chiamano tutto questo democratura. Sintesi mirabile. Vista da vicino la vicenda fa ribrezzo, perché porta indietro le lancette del tempo e -come in una dissolvenza- trasferisce il quadro odierno ad epoche che sembravano chiuse.
La Rai è sempre una prova generale, essendo facilmente esposta e visibile. L’allarme è serio. Sembra quasi che l’ostilità verso Saviano (simpatico, antipatico, ma andiamo) sia un ammonimento generale: giù la testa, i padroni del vapore non vanno ostacolati. Dissentire è pericoloso.
La destra fa la destra, altro che centrodestra, definizione che intende edulcorare le decisioni reazionarie e conservatrici di cui si nutre. E chi critica è FUORI, ci manca solo il confino.