L’EDITORIALE
di don Giorgio
Quante castronerie su Dio…
Non è che oggi non si parli più di Dio, ma la domanda è: come se ne parla?
Da che mondo è mondo, ovvero dall’inizio della creazione, il problema religioso non ha mai abbandonato la storia di creature precarie alle prese con il male.
Dio faceva comodo a tutti, e tuttora lo è, per scaricare su questo ente, comunque inteso, talora come un facile bersaglio, più o meno inventato, ogni colpa o responsabilità.
L’ateismo puro, ovvero inteso come negazione assoluta di Dio, non è mai esistito, anche perché è del tutto assurdo e irreale. Togli un dio? Ne prendi un altro, magari il proprio ego. Un dio è sempre pronto a sostituire “altri” meno efficaci, meno provocatori, meno reali.
Restando all’oggi, mi chiedo se e come la Chiesa intenda risolvere il problema religioso, o meglio mi chiedo quali porte dovrebbe aprire per scoprire eventualmente altre strade, magari da proporre o imporre per la salvezza universale.
Restringiamo di più il contesto. Sento parlare di post cristianesimo, come se il Cristianesimo autentico fosse una religione soggetta al tempo e perciò sempre da superare.
Da quando il Cristianesimo è una religione? Non certo dal pensiero di Cristo è uscita l’idea di inventare una nuova religione: non aveva forse distrutto l’ebraismo o religione ebraica, distruggendo di conseguenza ogni altra religione?
Quando sento parlare anche da parte di dotti che il Cristianesimo è una religione non solo sto male, ma vorrei spaccar loro la testa in mille pezzi.
Certo che il Cristianesimo è diventato una religione, ma per colpa di chi?
Accetterei di sentir parlare di post cattolicesimo, inteso come il tradimento del puro Cristianesimo, ma non di post Cristianesimo, a meno di non avere le idee confuse, e allora diciamolo apertamente: non sarebbe una novità visto che teologi e filosofici amano usare parole equivoche o a vanvera quando parlano di Cristianesimo e di cattolicesimo.
Che si torni alle origini del Cristianesimo lo riterrei più che doveroso, ma non superarlo, per un post su cui tutti dicono la loro, senza idee chiare e con tale supponenza da pensare a una perversione mentale.
Ma c’è qualcosa che ritengo ancor più allarmante.
Oggi preti e frati, e anche suore, scrivono di tutto, dicendo l’ultima sul Vangelo o sulla Bibbia o sulla fede. Titoli di libri che dicono già tutto e niente. Articoli che appaiono su giornali che leggerli costerebbe la pazienza di Giobbe. Con una infinita pazienza si potrebbe anche arrivare alla fine della lettura, ma il problema è che dopo una riga pianto lì tutto, e dico: Senti, carino, mi hai proprio rotto con il tuo modo di esprimerti che dire ermetico sarebbe un eufemismo. Ma che caz*** stai scrivendo?
Anche io quando scrivo qualcosa di elevato mi pongo tanti dubbi: sono chiaro oppure no, mi capiscono oppure no… Certo non scrivo ai leghisti, perché in tal caso avrei un mio vocabolario di parole molto efficaci, e mi capirebbero al volo. Capirebbero i miei più coloriti epiteti, ma attenzione: non parlare loro di qualcosa che non riguardi la pancia, bestioni come sono, vedono sempre e solo salamelle di cui nutrirsi.
Libri, articoli, conferenze, dibattiti su temi religiosi, e che cosa pensiamo di fare? Convertire una massa di invertiti? Ma i primi da convertire non sono forse quei cattolici con la testa fasciata che amano naufragare nel mare della imbecillità?
Eppure Dio è sempre alla ribalta, volere o no, negandolo o professandolo, parlandone a sproposito, a partire dal Vangelo che di Buona Novella è rimasto solo qualche appiglio per elucubrazioni a dir poco ridicole e tanto grottesche da sentirmi costretto a invocare Cristo perché torni a prendere di nuovo la frustra e a colpire non i tavoli o le sedie, ma la testa vuota dei suoi falsi cultori.
Tutto si mette in dubbio: miracoli, discorsi, parabole, la stessa risurrezione, ecc. ecc. e tutto il Vangelo, e lo stesso Cristo, viene steso come sul lettino di uno psicanalista ed ecco che si analizza con i metodi più ridicoli e carnali ogni respiro di Cristo.
Mi chiedo solo una cosa, e non vado oltre perché certi esegeti di oggi sono del tutto irrecuperabili, su una china che li porterà nella fogna.
E allora: come leggere il Vangelo, e in genere la Bibbia? Con gli occhi carnali?
La Parola di Dio, e lo stesso Logos fattosi carne, vanno letti alla luce della Risurrezione, che è Luce o Grazia o Spirito che illumina il nostro essere interiore. Anche il Vangelo, soprattutto il Vangelo è strettamente teologico, direi unicamente mistico. Che te ne frega che Cristo ha usato la saliva o ha detto questo o quello anche in modo paradossale, che te ne frega dei particolari, quando è l’essenziale da cogliere, e l’essenziale va oltre la stessa narrazione evangelica, tra l’altro già impeccabile nei termini che usa, quando si va alla loro terminologia che dice più di quanto riesce a partorire la mente umana più dotta, tanto dotta da essere onorato nel mondo intero.
Basta poco per entrare nell’autentico pensiero di Cristo, e coglierne tutto quanto basta per salvare questo mondo.
È successo che dalla ignoranza quasi totale biblica, non solo da parte del popolino, anche del clero più basso, si sia poi passati a una pretesa “conoscitiva” tale da ridurre la Bibbia a un insieme di testi da interpretare secondo criteri del tutto soggettivi.
La Bibbia è rimasto ancora oggi un libro del tutto sconosciuto, leggiucchiato, quasi sputacchiato a seconda dei casi, o fatto a pezzi dalla imbecillità di chi crede di dettare legge allo stesso Spirito, la vera anima della Bibbia.
Sì, basterebbe poco: farci prendere dalla Luce della Grazia, e lasciare che la Bibbia si incarni nel nostro modo di pensare e di agire.
Anni fa, Carlo Maria Martini ci aiutava ad accostarci alla Bibbia, ma sembra che tutto sia svanito nella nebbia di una massa di credenti sempre più supponenti e analfabeti, lasciati soli da pastori “fuori di testa”, indaffarati in un fare e strafare da trottole impazzite.
Sì, basterebbe poco, fidarci della Grazia illuminante, e rileggere la Parola di Dio senza porre inutili questioni esegetiche, semza sottoporre ogni gesto o parola di Cristo ai metodi degli psicanalisti che già dicono stronzate nel loro specifico campo professionale.
Lo vogliamo capire o no che nei Vangeli c’è tutto ciò che basterebbe per rivoltare questo mondo, e riportarlo verso la Sorgente della Luce e della Vita?
Panikkar ama parlare spesso del “terzo occhio”, concetto della scuola dei Vittorini nel secolo XII. Il teologo e mistico medioevale, Ugo di san Vittore, diceva che Dio ha creato l’uomo con tre occhi: uno corporeo, (“oculus carnis”, realtà sensibile), l’altro razionale (“oculus rationis”, realtà rivelatami dalla ragione) e un terzo, l’occhio della contemplazione (“oculus fidei”, visione religiosa e mistica; quando l’uomo fu scacciato dal paradiso, il primo occhio si indebolì, il secondo si alterò, il terzo si accecò. Se non si esercita il terzo occhio esso continuerà a restare cieco. Essere fuori dal paradiso è esattamente non percepire più la Presenza, mancare di un organo in grado di sperimentare, di “vedere” Dio. L’occidente, che ha sviluppato soprattutto l’occhio della ragione, soffre ora in modo particolare di questa cecità.
Sì, Ugo di san Vittore diceva che in origine l’uomo era dotato di tre occhi: quello corporeo, quello della ragione e quello della contemplazione. Ma questa visione contemplativa, che è propedeutica al conoscersi, è prerogativa di pochi mistici, e certo la nostra società non ha alcun interesse a favorirla. A chi voglia farsi un’idea di se stesso si insegna a osservarsi con gli occhi del corpo e della mente, anche se ciò produce in noi una falsa nozione di ciò che realmente siamo. La cultura moderna ha sigillato il nostro terzo occhio, e il contemplarsi è per lei un atto poco raccomandabile, una forma di narcisismo. Anche la Chiesa ha sempre avuto in uggia i mistici, il loro addentrarsi liberamente nel Mistero. Forse perché chi guarda a fondo in se stesso può imparare a dubitare, non credere più all’autorità e al magistero, disubbidire.
27 luglio 2024
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