La Cappella della Sindone

da La Stampa
26/09/2018

La Cappella della Sindone

Torino festeggia il suo gioiello ritrovato dopo quasi trent’anni.
ANDREA PARODI
Nella notte dell’11 aprile 1997 la Cappella della Sindone diventa una fiaccola protesa nel cielo di Torino. L’incendio che la devasta è spaventoso, offende le architetture del Guarini con una forza inaudita. Nessuno, nei giorni seguenti, scommette sulla sua restituzione integra alla città. Questa mattina, in una cerimonia riservata alle autorità, agli studiosi e alla stampa di tutto il mondo, il capolavoro barocco di Guarino Guarini riapre al termine di un difficile, complicato, persino miracoloso restauro durato oltre vent’anni. Da domani sarà aperto a tutti, compreso nel percorso di visita dei Musei Reali.
La Cappella della Sindone nasce nel corso del ’600 per un’esigenza precisa: custodire e conservare il sacro lenzuolo. I Savoia lo posseggono non solo come una reliquia, ma come un gioiello. Più prezioso di una corona, più simbolico di uno scettro. Dal 1578 al 1694 la Sindone viene custodita nel Palazzo Ducale di Torino. Poi, nella cappella: che si trova allo stesso piano dell’appartamento del duca, ma a un livello superiore rispetto al Duomo. Un dettaglio voluto, come a sottolineare la legittimità del proprietario. «La costruzione della cappella sarà uno spartiacque nella ritualità delle ostensioni – spiega lo storico Andrea Merlotti, tra i relatori dell’importante convegno storico internazionale in programma da domani e per due giorni alla Biblioteca Nazionale Universitaria – perché da allora tutto cambia». Prima veniva esposta quasi ogni anno, dopo verrà esposta solo 11 volte tra la fine del ’600 e il 1933 e principalmente in occasione del matrimonio dell’erede al trono. Viene mostrata a un pubblico immenso in piazza Castello, all’aria aperta, dal balcone di Palazzo Madama o dal padiglione di Palazzo Reale preesistente all’attuale cancellata.
Per tutto il ’700 la cappella diventa sia luogo privato del re e la corte per venerare l’urna e celebrare messe, sia ambiente aperto al clero e ai fedeli dal Duomo. La corte sabauda vi celebra battesimi, un matrimonio (quello di Benedetto Maurizio duca del Chiablese), ma anche per tradizione i funerali dei principi infanti. Viene visitata da re e imperatori, come per Giuseppe d’Asburgo nel 1749. Papa Pio VII varca il suo portale per ben due volte a inizio ’800. Per tutto il periodo barocco la cappella è riccamente abbellita all’interno da numerose decorazioni in argento e materiali preziosi, tutti depredati da Napoleone. Non custodisce unicamente la Sindone, ma anche numerose reliquie sacre e sabaude, come la celebre spada di San Maurizio, simbolo cavalleresco di Casa Savoia, oggi all’Armeria Reale.
«La cappella è anche il luogo in cui i sovrani organizzano le ostensioni per alcuni ospiti di grande rilievo, come imperatori e cardinali. In alcuni casi durante queste – peraltro rare – ostensioni private, la Sindone viene esposta per qualche minuto nel lato della cappella che si apre sulla navata del Duomo. È quello che succede, per esempio, nell’ostensione organizzata da Carlo Felice nel 1822», precisa Merlotti.  Al suo interno si esegue musica appositamente composta a tema sindonico e nel tempo diventa, secondo un preciso intento, anche luogo di sepoltura sabauda. Attualmente, intorno all’altare maggiore, riposano Amedeo VIII, Emanuele Filiberto, Carlo Emanuele II e il principe Tommaso.
La Sindone viene portata al suo interno il 1° giugno 1694 con una pomposa celebrazione, per uscirne, quasi umilmente, il 24 febbraio 1993, un mercoledì delle ceneri. In trecento anni lascerà la cappella solamente in due occasioni: andrà a Cherasco e poi a Genova durante l’Assedio del 1706 e al santuario di Montevergine, in Campania, durante la Seconda guerra mondiale. In entrambi i casi per scampare alle bombe nemiche.
La chiusura nel 1990 arriva in un periodo delicato. La cappella è già malata. L’anno prima un fulmine danneggia la croce ferrea sulla sua sommità, mentre nel 1988 la radiodatazione al Carbonio 14 conferisce un duro colpo all’aura del lenzuolo-icona. Trascorrono gli anni tra lungaggini e burocrazia. I lavori cominciano solo nel 1994. Poi, a un anno dall’ostensione del 1998, l’incendio. Proprio quando il restauro era finito. Ci sono volute altre ventuno primavere, ma oggi ci siamo.

 

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