L’EDITORIALE
di don Giorgio
3/ Tradizionalisti o progressisti?
Dopo il breve ma essenziale intervento di Pietro, e dopo il discorso, aperto ma più realista, di Giacomo, vescovo di Gerusalemme, gli apostoli e gli anziani adottano la proposta di Giacomo, e tutta la comunità approva. Viene redatto un documento sotto forma di lettera: vi si biasimano aspramente quei giudaizzanti che hanno turbato gli ex pagani di Antiochia, e si loda invece l’azione missionaria di Barnaba e Paolo. Si tratta ora di rendere noto questo contenuto alla comunità di Antiochia, ai cristiani di Siria e di Cilicia. L’incarico viene affidato a Paolo, Barnaba, Giuda, detto Barsabba, e a Sila. I cristiani di Antiochia, appena letta la lettera, non sanno contenere un’esplosione di gioia. Giuda e Sila, dopo aver incoraggiato i membri della comunità a persistere nella loro testimonianza di fede, se ne tornano a Gerusalemme. Paolo e Barnaba, invece, rimangono e continuano la loro missione annunciando la Parola del Signore.
Rivolgendomi ai ragazzi, nel mio libro/commento degli “Atti degli apostoli”, così scrivo:
«L’Ideale, quello di Dio, richiede tanta pazienza. Siamo esseri umani. Ognuno ha il suo passo. Tuttavia non bisogna mai distogliere lo sguardo dalla vetta. È assolutamente indispensabile, per due motivi: anzitutto perché è di stimolo a camminare, e poi perché, avendo sempre davanti a sé l’Ideale, si evitano confusioni, equivoci, deviazioni pericolose. Non scoraggiarti, dunque, ma non essere neppure troppo spregiudicato. Ogni tanto fermati a contemplare la cima».
E ancora:
«Rifletti ora sulla affermazione – la definirei solenne – che trovi a metà documento: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi”. In altre parole, le decisioni prese sono state illuminate dallo Spirito Santo, e gli apostoli ne erano pienamente coscienti. È nello Spirito che risiede l’autorevolezza della Chiesa».
Non è mia intenzione, e come potrei solo con qualche editoriale, fare la storia della Chiesa, nel suo sviluppo millenario fino ad oggi, anche solo limitandomi alla dissidenza all’interno della Chiesa, anche perché fin dai suoi primi passi la Chiesa ha dovuto confrontarsi con le eresie o dissidenze. Basterebbe leggere il libro “Atti degli apostoli” e gli scritti dei primi autori cristiani.
Una cosa la vorrei dire. Da quel primo concilio di Gerusalemme, che secondo gli studiosi si sarebbe svolto tra il 48 e il 49 d.C., quindi dopo quasi venti anni dalla risurrezione di Cristo, si sono susseguiti fino ad oggi altri venti concili detti ecumenici. Chiariamo.
Un concilio ecumenico, chiamato anche concilio generale e in greco οἰκουμηνικὴ σύνοδος, sinodo ecumenico, è un sinodo (riunione solenne) di tutti i vescovi cristiani per definire argomenti controversi di fede o per indicare orientamenti generali di morale. L’etimologia dell’aggettivo “ecumenico” lo riconduce al greco ecumene, “[l’intero] mondo abitato”, ma storicamente si riferisce all’intero mondo romano. Infatti, quelli del primo millennio del Cristianesimo erano convocati dallo stesso imperatore, per evitare dissidi e favorire l’unità religiosa nell’Impero.
Già qui una riflessione. Agli imperatori non interessavano le questioni religiose, quanto l’unità politica del loro Impero, che poteva essere messa in crisi dalle eresie che dividevano tra loro i credenti, creando disordini e violenze anche sociali.
Il numero e l’identità dei concili riconosciuti come ecumenici varia a seconda delle Chiese cristiane. Limitiamoci alla Chiesa cattolica, sia occidentale che orientale, che considera ecumenici anche certi concili tenutisi nel secondo millennio su convocazione dal papa senza alcun riferimento ad un imperatore.
Tuttavia, non possiamo dimenticare che nei primi secoli di vita del Cristianesimo, proliferavano i sinodi locali o provinciali. Interessante notare che la parola “sinodo” deriva dal greco σύνοδος, composto di σύν, “con, insieme”, e ὁδός, “via”, dunque comporta un “camminare insieme”, che, dico subito, ha avuto i suoi lati positivi e anche restrittivi.
Chi era ritenuto un eretico (dal greco αἵρεσις,, “scelta”, che ha assunto un aspetto negativo di scelta di una dottrina opposta a una verità rivelata e proposta come tale dalla Chiesa cattolica), veniva tagliato fuori dal cammino unitario della Chiesa, che man mano assumerà un aspetto rigidamente dogmatico.
Possiamo dire che ad ogni Concilio si arrestasse il Cammino o la Via, ovvero quel progredire della ricerca della Verità, Sorgente di Sorprese e di Meraviglie divine. Prevaleva il dogma o la fissazione della Verità, ponendo paletti al Cammino, a danno della libertà dello Spirito. Si preferiva l’ordine o quella pace che toglieva ogni confronto e quella dialettica che è l’anima della ricerca del Meglio divino. E per Meglio divino intendo l’andare oltre l’appiattimento generale che va discapito di quel Mistero che ha esigenze senza limiti.
Ho sempre ammirato la definizione della eresia come “scelta”, così dice anche l’etimologia della parola, per quel qualcosa che deborda o si effonde o sovrabbonda, essendo ogni struttura come un vaso limitato. In altre parole, l’eresia è un “eccesso di verità”, che mette in crisi quel voler imporre limiti alla libertà d’agire dello Spirito.
Uno dei motivi per cui Simone Weil si è fermata alla soglia della Chiesa, senza mai entrarci ricevendo il battesimo, è stata la sua antipatia innata verso ogni dogma, come freno per la ricerca della Verità che, essendo infinita, richiederà ulteriori conoscenze e approfondimenti.
È il dramma di ogni spirito libero. Ed è il dramma del Mistico, che, per la sua stessa natura, essendo un essere partecipe dello stesso Essere divino, ha come intento quello di togliere via ogni imposizione religiosa che limiti il cammino interiore verso l’incontro con il mondo infinito di Dio.
Pensare al dogma come a una gabbia che imprigiona Dio anche solo concettualmente è soffrire per una bestemmia che fa di Dio un idolo, ovvero un’immagine carnale.
I Mistici cosiddetti “eretici” (ogni mistico è un eretico per natura) scelgono il Meglio, che va oltre quella omologazione soprattutto dogmatica che appiattisce o spegne quel fremere dello spirito nella Libertà dello Spirito divino.
Ci sarà sempre una contrapposizione tra il mistico e il religioso che è obbediente a una struttura di carne, anche nel suo aspetto dottrinale (ogni dogma è un insieme di parole ben studiate, anche tecnicamente dal punto di vista lessicale e filosofico).
Se, come dice l’apostolo Paolo, “la lettera uccide, mentre lo spirito dà vita”, allora ci si dovrebbe chiedere fino a che punto ”sopportare” una Chiesa che pensa anzitutto a salvare se stessa come struttura. E, più ci si chiude in una prigione, più si rischia di soffocare.
Ogni volta che rileggo le parole di Simone Weil contro una Chiesa dogmatica, anche io rivivo un dramma: essere in una chiesa che neppure tenti di uscire dalla sua idolatria che imprigiona l’Essere divino.
«… Non riconosco alla Chiesa alcun diritto di limitare le operazioni dell’intelligenza o le illuminazioni dell’amore nell’ambito del pensiero. Le riconosco la missione, in quanto depositaria dei sacramenti e custode dei testi sacri, di formulare decisioni su alcuni punti essenziali, ma soltanto a titolo di indicazioni per i fedeli. Non le riconosco il diritto d’imporre i commenti di cui circonda i misteri della fede come se fossero verità; e ancor meno il diritto di usare la minaccia e il timore esercitando, per imporli, il suo potere di privare dei sacramenti».
(3/continua)
28/01/2023
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