Papa Leone, è ancora lunga la notte su Milano?

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Papa Leone,

è ancora lunga la notte su Milano?

Mercoledì, 25 giugno 2025, Papa Leone XIV ha tenuto un bellissimo discorso ai seminaristi delle Diocesi del Triveneto, in occasione del pellegrinaggio giubilare. Prendo solo alcune affermazioni:
«Non pensatevi quindi soli, e nemmeno pensatevi da soli. Senza dubbio – come afferma la Ratio fundamentalis – ognuno di voi “è il protagonista della propria formazione ed è chiamato a un cammino di costante crescita nell’ambito umano, spirituale, intellettuale e pastorale” (Congr. per il Clero, Il dono della vocazione presbiterale, 130); ma protagonisti non significa solisti! Perciò vi invito a coltivare sempre la comunione, anzitutto con i vostri compagni di Seminario. Abbiate piena fiducia nei vostri formatori, senza ritrosie o doppiezze. E voi, formatori, siate buoni compagni di strada dei seminaristi che vi sono affidati: offrite loro l’umile testimonianza della vostra vita e della vostra fede; accompagnateli con affetto sincero. Sappiatevi tutti sostenuti dalla Chiesa, anzitutto nella persona del Vescovo».
Leggendo queste parole, se per un verso ho avuto un grande conforto, per l’altro mi sono sentito di nuovo rattristato pensando alla mia reale situazione di emarginazione e di solitudine, da parte di un vescovo che forse dovrebbe meditare sulle parole del Papa.
Da tempo sto ripetendo che in questa diocesi milanese non siamo in buone mani, e se lo ripeto è perché tale situazione mi pesa, non tanto in sé (ho saputo trarne enormi benefici, secondo il detto: “dal male Dio sa trarre un bene migliore”), quanto perché soffro nel vedere un pastore che non ha cuore, e una Chiesa che nei suoi uomini di potere non sempre sono coerenti al mandato di Cristo. E se Papa Leone ricorda i santi fondatori delle Diocesi, come non ricordare i nostri, tra cui in particolare sant’Ambrogio?
Accetto anche che ci siano pastori mediocri: è capitato, càpita e capiterà sempre un vescovo inadeguato, ma se ciò avvenisse in emergenze che non perdonano alcuna mediocrità, allora la cosa è stridente, tanto più che il soggetto peggiora le cose marcando la sua mediocrità, con l’intenzione di coprire i geni del passato.
Capire il momento in cui lasciare per evitare il peggio, non è di tutti, anzi è di pochi, e questi pochi sono sempre più rari. Paradossalmente capita che i più saggi si mettano da parte, anche se dovrebbero restare, e i più idioti restino, quando dovrebbero fare un passo indietro.
Non sopporto l’imbecillità di pastori che sembrano divertirsi a fare l’imbecille! Che lo facciano in cattiva o buona fede, non importa: importano gli effetti che ricadono sulla intera diocesi, anzitutto sui preti.
Papa Leone, che intendevi dire ai seminaristi: «Non pensatevi quindi soli, e nemmeno pensatevi da soli…. protagonisti non significa solisti!»?
Non è forse anche per colpa di pastori che lasciano i loro preti ad agire in proprio, quando però ce la fanno, perché purtroppo succede che alcuni cadano in depressione anche letale.
Fa piacere leggere parole di un Papa che sembra sincero nel dare tutto il suo appoggio ai seminaristi, ai preti, compresi i vescovi. Ma occorre anche che per certe situazioni allarmanti, all’estremo di sopportazione, il Papa intervenga: dopo anni e anni di mal governo, gli ambrosiani hanno il diritto di avere un Pastore, stile evangelico, degno di stare sulla cattedra di Sant’Ambrogio.
Non so chi nomini i vescovi, penso sia il Papa. A meno che il Papa si fidi ciecamente di qualche cieco collaboratore. Certo, ci è voluta tutta la luce dello Spirito santo a scegliere Delpini come successore di Sant’Ambrogio. D’altronde, l’aveva detto e ripetuto lo stesso papa Francesco: avanti gli scarti, su questi Dio pone tutte le sue promesse e le sue sorprese.
Sì, sarà così, ma dopo diversi anni ci chiediamo che cosa siano le promesse di Dio e dove siano le sue Sorprese. Quelle di Delpini oramai le conosciamo. Un effetto sicuramente ottengono: farmi ogni giorno incazzare.
Papa Leone, è ancora lunga la notte su Milano?
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DISCORSO DEL SANTO PADRE LEONE XIV
AI SEMINARISTI DELLE DIOCESI DEL TRIVENETO

Largo Giovanni Paolo II
Mercoledì, 25 giugno 2025
Buongiorno, buongiorno!
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. La pace sia con voi!
Cari confratelli nell’Episcopato,
cari formatori e seminaristi delle diocesi del Triveneto,
sono contento di potervi incontrare in occasione del pellegrinaggio giubilare. Penso che tutti erano presenti anche ieri, quindi questa è la seconda opportunità. La vostra terra vanta profonde radici cristiane, che ci riconducono all’antica Chiesa di Aquileia. In questa memoria di fede, spirituale, splende la testimonianza di molti Martiri e di santi Pastori. Ricordiamo il vescovo Cromazio; ricordiamo Girolamo e Rufino, esemplari nello studio e nella vita ascetica; come pure i beati Tullio Maruzzo e Giovanni Schiavo, missionari che irradiarono il Vangelo in diversi popoli, lingue e culture.
Oggi tocca a noi continuare quest’opera appassionante. In particolare, voi seminaristi siete chiamati a inserirvi in questa ricca storia di grazia, per custodirla e rinnovarla nella sequela del Signore. Non scoraggiatevi se a volte il cammino che vi sta davanti si fa duro. Come ebbe a dire al clero di Roma il beato Giovanni Paolo I, allenatevi alla disciplina di uno «sforzo continuato, lungo, non facile. Perfino gli angeli visti in sogno da Giacobbe non volavano, ma facevano uno scalino per volta; figuriamoci noi, che siamo poveri uomini privi di ali» (Discorso al clero romano, 7 settembre 1978). Parlava così un Pastore in cui sono brillate le migliori virtù della vostra gente: in lui avete un vero modello di vita sacerdotale.
Vorrei anche richiamare un passaggio della conversione di Sant’Agostino, come ci è riferita da lui stesso nelle sue Confessioni. Da una parte egli era desideroso di decidersi per Cristo, dall’altra era trattenuto da scrupoli e tentazioni. Profondamente turbato, un giorno si ritirò a riflettere nel giardino di casa; e lì gli apparve personificata la virtù della Continenza, che gli disse: «Perché ti reggi – e non ti reggi – su di te? Gettati in Dio senza timore. Non si tirerà indietro per farti cadere. Gettati tranquillo, egli ti accoglierà e ti guarirà» (Conf. VIII, 27).
Come un padre ripeto a voi queste stesse parole, che fecero tanto bene al cuore inquieto di Agostino: esse non valgono soltanto in riferimento al celibato, che è un carisma da riconoscere, custodire ed educare, ma possono orientare tutto il vostro percorso di discernimento e di formazione al ministero ordinato. In particolare, queste parole vi invitano ad avere una sconfinata fiducia nel Signore, il Signore che vi ha chiamato, rinunciando alla pretesa di bastare a voi stessi o di potercela fare da soli. E ciò vale non solo per gli anni di Seminario, ma per tutta la vita: in ogni momento, tanto più in quelli di desolazione o addirittura di peccato, ripetete a voi stessi le parole del salmista: «Mi abbandono alla fedeltà di Dio ora e sempre» (Sal 51,10). La Parola di Dio e i Sacramenti sono fonti perenni, da cui potrete sempre attingere nuova linfa per la vita spirituale e anche per l’impegno pastorale.
Non pensatevi quindi soli, e nemmeno pensatevi da soli. Senza dubbio – come afferma la Ratio fundamentalis – ognuno di voi «è il protagonista della propria formazione ed è chiamato a un cammino di costante crescita nell’ambito umano, spirituale, intellettuale e pastorale» (Congr. per il Clero, Il dono della vocazione presbiterale, 130); ma protagonisti non significa solisti! Perciò vi invito a coltivare sempre la comunione, anzitutto con i vostri compagni di Seminario. Abbiate piena fiducia nei vostri formatori, senza ritrosie o doppiezze. E voi, formatori, siate buoni compagni di strada dei seminaristi che vi sono affidati: offrite loro l’umile testimonianza della vostra vita e della vostra fede; accompagnateli con affetto sincero. Sappiatevi tutti sostenuti dalla Chiesa, anzitutto nella persona del Vescovo.
Infine, la cosa più importante: tenete fisso lo sguardo su Gesù (cfr Eb 12,2), coltivando la relazione di amicizia con Lui. A questo proposito, così scrisse il presbitero inglese Robert Hugh Benson (1871-1914) dopo la sua conversione al cattolicesimo: «Se c’è una cosa che non lascia dubbi nel Vangelo è proprio questa: Gesù Cristo desidera essere nostro amico. […] Il segreto che ha costituito i santi è tutto qui: la consapevolezza dell’amicizia di Gesù Cristo» (L’amicizia di Cristo, Milano 2024, 17). Egli chiede, come scriveva Papa Francesco nell’Enciclica Dilexit nos, «di non vergognarti di riconoscere la tua amicizia con il Signore. Ti chiede di avere il coraggio di raccontare agli altri che è un bene per te averlo incontrato» (n. 211). Incontrare Gesù, infatti, salva la nostra vita e ci dona la forza e la gioia di comunicare il Vangelo a tutti.
Carissimi, grazie di questa visita. Buon cammino! Vi accompagni sempre la Madonna, e anche la mia benedizione. Grazie!
Buona giornata! Tante grazie, e buon cammino di fede!
28 giugno 2025
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