28 luglio 2019: SETTIMA DOPO PENTECOSTE
Gs 24,1-2a.15b-27; 1Ts 1,2-10; Gv 6,59-69
“Servire”
Nei primi due brani della Messa c’è un verbo, “servire”, ripetuto per ben 12 volte, di cui 11 nel brano di Giosuè. Già questo fa capire il taglio con cui interpretare quella che viene chiamata Alleanza tra Dio e il popolo eletto.
Già il fatto che si tratta di una Alleanza “unilaterale”, dice tante cose: per primo, che Dio non scende a patti con l’uomo, ma impone che sia servito. Lui rimane il Dio Assoluto, e non tanto come un amico speciale che scende sullo stesso piano della sua creatura.
Il Dio Assoluto e il Dio amico
È importante cogliere la differenza tra il Dio Assoluto e il Dio amico, compagno di viaggio. Eppure, c’è un fascino particolare in quel “discese” che recitiamo nel Credo della Messa: “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”. Come se il Figlio di Dio avesse abbandonato la sede inaccessibile del suo trono celeste e fosse venuto sulla terra per prendere la sua dimora tra noi. San Giovanni dice in un modo più suggestivo: Egli “venne ad abitare in mezzo a noi”, letteralmente: “Il Verbo ha piantato la sua tenda tra di noi” (eschenosen, la schené è la tenda). E la tenda è la casa del beduino, è la casa dell’ebreo in esodo dall’Egitto, è la casa dove Dio si fa incontrare (la tenda del convegno).
L’etimologia del sostantivo “casa” è la radice indoeuropea kay che significa pelle e che richiama, appunto, le tende dei nomadi. Oltre a casa noi usiamo anche il termine “abitazione” che deri¬va dal latino habere, lo stesso etimo di abito, e qui ancora ci rimanda alla pelle, a qualcosa che ci avvolge e ci protegge.
Dunque, quando noi diciamo che Il Verbo è venuto ad abitare tra di noi diciamo che è venuto a “piantar casa” in noi e tra di noi.
Sembra che il Dio dei cristiani sia il Dio vicino, a differenza del Dio lontano dei filosofi pagani: un Dio inaccessibile, misterioso, così purissimo da non contaminarsi con il creato.
È per questo, per il fatto cioè che il nostro Dio cristiano sia diventato il Dio Amico, il Dio compagno, il Dio vicino, che ora ci troviamo a trattare con un Dio svuotato di un Mistero che è l’Essenza divina, che fa la differenza radicale di una fede, che è un salire verso l’Alto, dove l’uomo può trovare la sua stessa realtà divina?
Iconostàsi
Non è per questo, perché il popolo non cadesse nella tentazione di assistere in modo del tutto superficiale ai Misteri divini, che nelle chiese ortodosse e russe c’è la iconostàsi? Si tratta di una parete decorata con icone, che divide il presbiterio, cioè la zona dove vengono celebrati i misteri divini, dalla navata dove stanno i fedeli. Anche nelle nostre chiese d’occidente c’era una specie di separazione, costituta dalla cosiddetta balaùstra, oggi sparita, mentre gli altari non erano rivolti verso il popolo, come oggi.
Secondo il pensiero orientale rimasto inalterato nei secoli, la centralità dei riti sacri non doveva essere immediatamente svelata, perché costituiva per il fedele un percorso educativo composto da varie tappe che lo avvicinavano ai “misteri”; si nascondeva alla vista, secondo la dottrina apofatica (negativa, non dire) in linea con il pensiero dei Padri della chiesa, perché è nelle tenebre che Mosè vede Dio ed anche perché la “grazia” opera nel cuore dell’uomo in maniera invisibile.
Il Dio incarnato
Sì, il Figlio di Dio si è incarnato, è sceso sulla terra, ma non per incontrarsi con l’uomo da Amico, come se la colpa di Dio fosse stata una distanza inaccessibile dall’uomo.
Margherita Porete, la beghina medievale arsa sul rogo (1 giugno 1310) nella piazza principale di Parigi, a causa di un suo libro dove, tra l’altro, si parla di un Dio lontano/vicino, un’espressione che, in un contrasto paradossale, dà l’idea di chi è il Signore. Definire, dunque, Dio come il lontano/vicino fa capire come Egli agisca: come il lontano che si fa vicino. In che senso? La vicinanza di Dio all’uomo non elimina la sua lontananza. Dio, paradossalmente, si fa vicino come lontano: in quanto Essere supremo. Egli si fa vicino nella sua Essenza divina.
Sì, è vero, Cristo chiama “amici” i suoi discepoli, ma contestualizziamo la sua dichiarazione. Gesù dice: «Voi siete miei discepoli, se fate ciò che vi comando». Che strana amicizia è mai questa? Sarebbe come dire ad una persona: “Tu sei mia amica, ma a condizione che tu mi obbedisca”. Quel “fate ciò che io vi comando” rimanda a quel rapporto tra Dio e l’uomo che non è alla pari, ma su un piano nettamente superiore. Il comando di Cristo è quel volere del Padre che si impone come Mistero dell’Essere supremo. Non si tratta di un rapporto di potere autoritario, come tra padrone e servo, ma di quell’Essere spirituale, che è il segreto del mio essere umano.
I Mistici parlavano di una nostra figliolanza divina per opera dello Spirito santo, in cui non è Dio a diventare uomo, ma è l’uomo a diventare Dio. Se su questo piano intendiamo l’amicizia, allora sì: ben venga. Ma se già riflettiamo sulla parola “amicizia”, forse potremmo capire di quale amicizia si tratti. La vera amicizia sta in una elevazione reciproca nello Spirito, e non tanto su un piano puramente sentimentale. I veri amici si elevano reciprocamente, alla ricerca di quel Bene assoluto, che non allontana tra loro due amici, ma li attrae nel profondo del proprio essere.
Oggi si parla troppo banalmente di amicizia: tra genitori e figli, tra maestri e discepoli. Che i genitori siano genitori, e che i maestri siano maestri. I figli facciano i figli, così i discepoli. Non si devono mettere sullo stesso piano.
Dio è Dio nella sua infinita distanza di Spirito purissimo, e ci ama così, nella sua essenza spirituale, e non assumendo aspetti carnali. Una Mistica ha detto che Dio non ama me, ma ama se stesso in me.
A questo punto possiamo capire il verbo “servire”, così ripetuto nel primo brano della Messa. Altro che servire un Dio despota: siamo figli che rispettano il Dio Assoluto fino a identificarci con lui.
Quando ci penso, mi viene nausea per una religione che ha ridotto Dio al servizio dell’uomo. La religione non ha ancora capito nulla di ciò che è Dio per noi, ed è per questo che essa ci ha bloccato nel nostro mondo interiore, là dove Dio è purissimo Spirito, pronto ad agire da Dio Sommo Bene, appena lo accogliamo facendo in noi spazio, dopo aver tolto ogni nostra pretesa di mettere mano sulla Realtà divina.
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