Non ci dicono la verità…

L’incontro delle mamme con il Vicario Generale, mons. Mario Delpini, non ha ottenuto l’effetto desiderato. Siamo rimasti tutti delusi: il Vicario è uscito con la sentenza in tasca. Ha ascoltato le richieste delle mamme, ma a che cosa è servito se si è limitato ad ascoltarle, senza dar loro una speranza concreta? Tuttavia, c’è una speranza: che a furia di sfiancarli, questi superiori comincino a rinsavire! Bisogna battere, battere, battere. Bisogna insistere, insistere, insistere. Qualcosa resterà? Almeno un dubbio che stiano sbagliando?    

Non ci dicono la verità…

di don Giorgio De Capitani

L’incontro con il vescovo Mario Delpini, attualmente Vicario Generale della Diocesi milanese (presiede a tutte e sette le Zone pastorali e fa le veci del cardinale) era stato fissato per mercoledì 7 agosto, inizialmente presso la curia di Milano, e poi, essendo la curia chiusa per ferie, presso la casa parrocchiale di Monte.
Martedì 6 agosto, ho pensato di scrivergli una lettera per via e-mail, sottoposta prima alle persone che dovevano incontrarlo: una lettera in cui, come potrete leggere, ho cercato di presentare la situazione “reale” della nostra Comunità pastorale, evidenziando anche la mia netta divergenza con la visuale di Chiesa del cardinale Scola. Tuttavia questa critica è stata poi tralasciata, per evitare di compromettere l’incontro. Nella lettera che vi presento riporto (tra parentesi quadra) anche il taglio.  
Ci eravamo preparati all’incontro con grande impegno, programmando nei minimi dettagli domande ed eventuali chiarimenti. Dopo la risposta del Vicario alla mia lettera, che mi è arrivata il mattino di mercoledì, si è pensato di cambiare strategia: dalle righe si intravedeva che la decisione era già stata presa.
Ecco la risposta del Vicario:

Rev.mo don Giorgio,
ringrazio della lettera.
Incontrerò e ascolterò volentieri le persone che hanno chiesto di incontrarmi.
Non è mia intenzione ridiscutere tutta la situazione della comunità e farmi arbitro di valutazioni che sono state oggetto di considerazioni prolungate, per quello che ne so, da parte dei vicari di zona. Don Molinari e don Rolla hanno spesso fatto visita e ascoltato le diverse posizioni e offerto ai preti interessati indicazioni e valutazioni, mentre io non ho che elementi frammentari e valutazioni troppo contrastanti.
Quanto a me sono solo un vicario: ascolto tutti quelli che mi chiedono un incontro, se mi è possibile.
Un caro saluto
Don Mario

L’incontro, che è durato un’ora e venti minuti, si è svolto nella schiettezza, evitando di essere scortesi, ma senza tuttavia cedere alla rassegnazione.
Ciò che ho potuto constatare, da quanto mi è stato riferito, è stata ancora una volta l’incapacità o la non volontà del Vicario Generale di rispondere alla domanda cruciale: Perché don Giorgio è stato rimosso da Monte? La risposta che tornava al ripetersi della domanda era questa: perché i preti della Valletta non vanno d’accordo!
Qui vorrei dire la mia. Mi chiedo: perché i superiori non hanno fatto nulla per evitare che i preti della Comunità arrivassero alla rottura? Già dopo solo tre mesi dall’arrivo di don Roberto a Rovagnate, nel mese di gennaio del 2011, avevo suggerito, più volte, al Vicario episcopale di allora, don Bruno Molinari, di rimuoverlo, perché avevo intuito che non sarebbe stato in grado di condurre la Comunità pastorale. Non fui ascoltato. In pochi mesi le cose deteriorarono a tal punto da chiedere, da parte di noi preti collaboratori, un incontro risolutivo per l’inizio di settembre. Non ce la facevamo più. Eravamo costretti in una visuale di fede da medioevo, e per di più repressi da un autoritarismo insopportabile. Poi capitò l’incidente a don Roberto. Non era il momento di trovare una via d’uscita? Nulla! “Toccava al parroco decidere se rinunciare o no”, ci dissero. Ma il parroco tornò con propositi ancor più bellicosi. Capitò il caso don  Mario. Forse le cose sarebbero andate diversamente, se avessimo avuto un parroco-padre. Poi venne la volta di don Benjamin. Altro cambio. Don Luca, appena arrivato, mise il suo zampino. All’inizio di settembre del 2012, nei primi incontri con il nuovo Vicario episcopale, don Maurizio Rolla, feci pressione perché intervenisse, riunendo il Direttivo per chiarire una volta per tutte la situazione. Non accettò la mia proposta. Ero disposto anche a firmare la mia partenza, purché la firmassero anche gli altri due preti, pur di dare finalmente avvio alla Comunità. Sul momento sembrò che don Maurizio accettasse, poi ci ripensò. “Non devi essere tu a imporre le condizioni”. Questo me lo disse al mese di maggio. Era chiaro che aspettavano che compissi i 75 anni, per farmi fuori. Nel frattempo le cose peggiorarono ancora, dato che il posto del parroco lo prese don Luca, ossessionato dall’idea di agire quale rullo compressore, portando in breve la Comunità al limite della insopportabilità pastorale. Accentuò i contrasti, interruppe il dialogo già difficile, arrivò al punto di compromettere lo stesso gruppo degli adolescenti. I suoi risentimenti nei miei riguardi aumentavano ogni giorno. E i superiori che facevano? Come Ponzio Pilato! Silenzio. Aspettavano che io compissi i 75 anni. Ai primi di maggio, uscì da me don Rolla e mi disse: “Sono qui, ora hai compiuto i 75 anni! Adesso sei in pensione a tutti gli effetti. O fai il residente, oppure…”. Oppure? Fui messo nella condizione di lasciare Monte.       
E tu, caro Delpini, vieni qui a dirci che la mia rimozione è dovuta al fatto che noi preti non andavamo d’accordo? Certo che non andavamo d’accordo, ma voi superiori che cosa avete fatto per evitare che si arrivasse a tale situazione ormai irreversibile? Nulla, o quasi. Mille volte interpellavo i superiori, e mille volte fuggivano dalle loro responsabilità.
Ed ora ci vieni a dire che mi avete rimosso perché era diventata insopportabile l’inconciliabilità tra i preti? Perché non mi avete mai ascoltato? Perché avete lasciato che le cose arrivassero a un punto di non ritorno?
Voi siete preoccupati che i preti vadano d’accordo, e può anche star bene, ma perché non vi preoccupate del motivo vero per cui tra i preti ci possono essere delle divergenze? Siete ancora fissi al principio che il parroco è intoccabile anche se ha mille torti, che chi è rivestito di incarichi pastorali, non importa se è un pivello, è superiore a chi non ne ha più, perché gli sono stati indebitamente tolti (anche se è carico di esperienze pastorali). Ma non vi ho mai sentito parlare di una “diversa” impostazione pastorale, frutto di una diversa visione di fede. Che cosa vi interessa? Solo che i preti vadano d’accordo, non importa come e perché? Ma vi siete dimenticati dei litigi tra san Pietro e san Paolo, tra san Paolo e qualche suo diretto collaboratore, tra la primitiva chiesa gerarchica e la chiesa profetica di Giovanni? Vi siete dimenticati delle incomprensioni tra gli stessi santi? Vi siete dimenticati degli screzi tra papi e vescovi milanesi? No, bisogna andare d’accordo! Ebbene, si va verso il baratro, purché tutti d’accordo!
Qui mancate di brutto. Il dissenso nella Chiesa, che talora può sfociare anche in una incompatibilità di carattere e di rapporti perfino umano-sociali, è sempre stato il sale della Chiesa.
La Profezia è forse quel “vogliamoci tutti bene”, secondo cui bisogna tacere per amore del quieto vivere? La Profezia è Novità, e la Novità rompe gli schemi. Cristo ha detto: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada” (Matteo 10,34). Che intendeva dire?
Caro Delpini, qui è in gioco non tanto l’andar d’accordo a tutti i costi, obbedendo perciò a impostazioni pastorali assurde, ma quella visuale di fede che permetta di crescere, di vivere, di costruire un futuro diverso soprattutto per i più giovani. E tu sei preoccupato solo di rimettere ordine, di far rientrare nella struttura preti e laici, mortificando così il futuro della stessa comunità, destinata a morire se la pastorale è miope e ottusa, anche se tutti andassero d’amore e d’accordo?
Mavalà!, direbbe l’avvocato Niccolò Ghedini, di venerabile memoria. Non ce la date da bere! A voi dà fastidio che si aprano orizzonti nuovi, diversi dai soliti orizzonti ormai sfocati dalla vostra ottusità pastorale. A voi dà fastidio che la Comunità di Monte sia uscita dai ranghi di un gregge ormai in balìa di pastori preoccupati solo di tenere le poche pecore fedeli, chiuse nel recinto dove è rimasta solo erba secca da brucare.
Abbiate il coraggio! Dite che voi preferite quei pastori che se ne stanno buoni buoni, in qualche casupola dell’ovile, a pettinarsi i capelli o a profumarsi, piuttosto che, come dice la parola del Vangelo, i buoni pastori che si avventurano alla ricerca delle pecore che si sono allontanate. Papa Francesco ha detto: «Questa è una responsabilità grande, e dobbiamo chiedere al Signore la grazia della generosità e il coraggio e la pazienza per uscire, per uscire ad annunziare il Vangelo. Ah, questo è difficile. È più facile restare a casa, con quell’unica pecorella! È più facile con quella pecorella, pettinarla, accarezzarla… ma noi preti, anche voi cristiani, tutti: il Signore ci vuole pastori, non pettinatori di pecorelle; pastori!» ((17 giugno 2013). Inoltre: «“Questo io vi chiedo: siate pastori con l’odore delle pecore” (28 marzo 2013).
Ci dispiace, caro Delpini, ma noi non siamo d’accordo, né con te né con chi tu rappresenti. Non avete ancora capito nulla di ciò che oggi la Chiesa dovrebbe essere: eppure Papa Francesco dovrebbe insegnarvi qualcosa. Bisogna uscire dal recinto, andare verso i più lontani, toglierci di dosso i privilegi, le paure. No, meglio morire in prigione, cantando: ”Vogliamoci bene!”. 

     
LE NOSTRE RIFLESSIONI SULL’INCONTRO
CON IL VICARIO GENERALE MONS. MARIO DELPINI

Dopo l’incontro che abbiamo avuto, mercoledì 7 agosto, con il vicario generale Mons. Delpini siamo state contattate da numerosissime persone che ci chiedevano una sorta di resoconto… Tutto ciò è comprensibilissimo, poiché eravamo fin dall’inizio ben consapevoli dell’importanza di tale appuntamento. La serata con don Rolla, in effetti, aveva fatto sorgere più domande che dato risposte e confidavamo che, invece, l’incontro con il suo superiore potesse chiarirci la situazione.
Per questo motivo abbiamo pensato fosse importante pubblicare due righe su ciò che è accaduto.
Questo non vuole essere un freddo verbale dell’incontro, bensì vorremmo trasmettervi le sensazioni, le emozioni, le impressioni che abbiamo vissuto, per condividerle con voi.
La prima domanda che abbiamo posto al vicario, senza troppi giri di parole, è stata la motivazione di tale decisione nei confronti di Don Giorgio. La risposta di mons. Delpini ci ha lasciato senza parole: perché la Comunità pastorale non può andare avanti con i preti che non sanno dialogare fra loro. Abbiamo subito ribattuto che i (tanti) problemi della Comunità di S. Antonio Abate non si risolvono certamente con la rimozione di don Giorgio, anzi, probabilmente si acuiscono ancora di più e che le difficoltà di dialogo non sono imputabili all’atteggiamento di uno solo dei preti della comunità. Il vicario ha dichiarato che la decisione presa da lui e dall’arcivescovo Scola è maturata a seguito dei numerosi (?) interventi del vicario di zona don Rolla e del suo predecessore don Molinari. Ci è parso inoltre di capire che nelle loro intenzioni ci sia anche quella di intervenire sugli altri sacerdoti della Comunità pastorale, ma per ora non c’è nulla di certo.
Onestamente avremmo preferito che le giustificazioni indicate fossero altre, come l’accesa contestazione di Don Giorgio nei confronti della struttura-chiesa e dello stesso Cardinale ma una motivazione così lontana dalla realtà ci è sembrata chiaramente un pretesto per nascondere ben altri motivi che però non si sono voluti ammettere, prova ne è che anche un piccolo accenno ai rapporti con il Cardinale ha fatto scattare sulla difensiva il vicario.
Abbiamo ritenuto importante far conoscere la realtà della nostra parrocchia, che è il frutto della coerenza con cui Don Giorgio ha sempre caratterizzato la sua vita, le tante scelte, piccole e grandi, operate negli anni che nel loro complesso hanno fatto della nostra comunità quello che è sotto gli occhi di tutti: un ambiente dove ognuno si sente accettato e apprezzato per le proprie caratteristiche, senza alcuna prevaricazione o mania di protagonismo, dove il servizio e la gratuità sono beni primari. Abbiamo anche espresso il timore che tutto ciò verrebbe vanificato in una concezione omologante della Comunità pastorale che, invece di potenziare le peculiarità delle singole parrocchie, tende a livellare tutto in schemi precostituiti.
Prendendo spunto da realtà esistenti nel nostro territorio, come S. Zeno e Arlate, abbiamo chiesto la possibilità di continuare, in autonomia, nel nostro cammino con Don Giorgio, portatore di una visuale di fede ben lontana dai riti vuoti o di facciata che si respira in altre Chiese. Perché altrimenti alle Messe di Don Giorgio vengono persone che abitano a dieci, venti chilometri da qui? Non vengono certo per sentire le sue invettive, ma per ascoltare qualcuno che, senza presunzione, aiuta a capire, a leggere in profondità il Vangelo e ne dimostra la straordinaria attualità, portavoce di una Chiesa che si apre al mondo, vicina alla gente e ai suoi bisogni, non meramente consolatoria ma che ha a cuore ognuno di noi. 
Il vicario è parso sorridere all’idea che potessimo “dettare” condizioni, quasi che considerasse qualsiasi suggerimento un’azione “spregiudicata”, tant’è vero che ha terminato l’incontro dichiarando che, comunque, le decisioni prese non erano mai state messe in discussione. Inutile dire che abbiamo espresso la nostra delusione nel vedere che tutto l’incontro era risultato vano o un puro proforma. Il vicario si è dichiarato dispiaciuto di tale delusione, forse sott’intendendo che fosse una follia, da parte nostra, il solo pensare che dei “semplici” laici potessero in qualche modo influire sulle decisioni prese dalla gerarchia ecclesiale.
Nonostante tutto, non siamo pentite di aver, finora, adottato un tipo di protesta rispettosa dei singoli individui e dei protocolli, perché ci ha permesso di conoscere i limiti di una chiesa che predilige la struttura all'Umanità.
Peccato che Papa Francesco, in occasione della XXVIII Giornata mondiale della gioventù a Rio, abbia chiesto ai suoi pastori di sostituire alle "pastorali disciplinari che privilegiano i principi, le condotte, i procedimenti organizzativi, ovviamente senza vicinanza, senza tenerezza e senza carezza" le pastorali capaci di indicare un "Dio vicino, che esce per andare incontro al suo popolo". Allora c'è da chiedersi perché, alla nostra richiesta di un'udienza con Scola, ci è stato risposto che è prassi del cardinale non ricevere i laici e, ancora, perché in questi anni non abbia mai ritenuto opportuno convocare don Giorgio per un confronto. Il Pontefice, sempre in quell’occasione, si auspica una pastorale che coinvolga i laici "senza manipolarli o sottometterli", che ricordi che "al centro c'è sempre Cristo e non noi stessi o le nostre strutture". Come si può allora condividere l'approccio autoritario con cui viene condotta la locale comunità pastorale all'insegna dell'omologazione?.  Il Santo Padre ci esorta poi ad evitare che si faccia strada "anche in noi la cultura dello scarto", nella "ricerca dell'efficienza". Siamo sicuri che un uomo, una volta raggiunti i 75 anni d'età, debba essere considerato uno "scarto" e relegato al ruolo di tappabuchi? È forse questa la "tenerezza" tanto auspicata?
In cosa sperare allora?
Forse, che Papa Francesco si accorga presto del vento contrario che spira non lontano da Lui.

          Brognoli Lucilla
          Gatti Linda
          Gelli Elena
          Spreafico Angela

 

11 Commenti

  1. dioamore ha detto:

    > “Cristo ha detto: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada” (Matteo 10,34). Che intendeva dire?”

    La spada è il simbolo della giustizia. quindi penso che Gesù sia venuto anche per rendere giustizia a chi subisce torti e ingiustizie.

    Non ha senso portare la pace se prima non si eliminano le ingiustizie, perché non potrà mai esserci pace là dove perdurano soprusi e ingiustizie.

  2. GIANNI ha detto:

    POSSIBILE SOLUZIONE GIURIDICA
    Premetto che non sono un esperto in materia.
    Per essere esperti bisognerebbe aver applicato la normativa giuridica in altri casi.
    Comunque, ecco la possibile soluzione:
    si tratta di presentare un ricoso amministrativo al vecovo.
    Mi pare che la rimozione non sia stata espressamente intimata con decreto scritto, coe invece richiede il diritto canonico, per cui giuridicamente lo stesso provvdimento sarebbe da considerare inesistente.
    Quindi tu,don Giorgio, potresti fare quanto segue:
    1) scrivi al vescono una lettera, intitolandola:
    ricorso contro la decisione di rimozione di don giorgio…ecc da….
    qundi scrivi:
    il sttoscritto ecc……
    premesso
    in data…..mi è stata verbalmente comunicata….
    previa richiesta di sospensione del provvedimento opposto, il sottoscritto enuclea di seguito i motivi del presente ricorso:

    fai quindi presente che non ti è mai pervenuta specifica notifica di un decreto scritto di rimozione

    aggiungi che questo viola la nroma del codice di diritto canonico che impone questa condizione per la rimozione…
    quindi concludi dicendo:
    per i suddetti motivi chiedo la revoca del provvedimento di rimozione,peraltro giuridicamente inesistente.
    firma….
    data…..

    Visto che non ti è pervenuto decreto di rimozione, in realtà non dovrebbe esserci limtie temporale per la presentazione del decreto, ma tuttavia meglio sbrigarsi, per non incorrere in eventuale decadenza dei termini.

    QUESTA NON SAREBBE L’UNICA VIA LEGALE
    ALTERNATIVAMWENTE, credo sia possibile ricorrere per via giudiziaria ai trbiunali ecclesiastici, ma questo di solito richiederebbe l’assistenza di un avvocato.
    O laureato in diritto canocio, o quanto meno epserto nel medesimo, ed approvato dal vescovo…..
    Se comunque presenti il ricorso di cui sopra, se la decisione è negativa, forse è possibile un ricorso contro la decisione del vescovo, ma non so…
    Bisognerebbe ricorrere al superiore del vescovo, ma chi sarebbe?
    Il papa?
    Il codice espressamente non mmi pare ne parli, ed è quindi questione interpretativa.
    BEh, ho cercato di dire quello che so, sulla base del codice.
    Certo, se tu conoscessi qualcuno, ad esempio qualche ecclesiastico, esperto di diritto canonico, che possa consgliarti come e meglio del sottoscritto, non sarebbe male.
    Anche perchè credo che molti legali canonisti non siano comunque esperti della materia.
    Ad esempio, ho provato a chiedere ad un mio conoscente, avvocato canosista esperto di dirtto di famiglia, ma dice che di questa materia non sa nulla.
    Probabilmente casi del genere non si vedono tutti i giorni.
    COmunque, l’aspetto essenziale è che una rimozione non è giuridcamente legittima, se non intimata tramite decreto scritto, quindi, da quel che dicevi, mi pare invece si tratti solo di comunicazione verbale, giusto?
    facci sapere

  3. giuseppe casiraghi ha detto:

    Anche in questo post si invoca più volte Papa Francesco, come se intendesse portare la Chiesa nella stessa direzione in cui si muove questo sito; mi sembra che tanta gente si culli nell’illusione che il nuovo Pontefice sia la reincarnazione di Don Gallo. Eppure non dà il minimo segno di voler scomunicare i movimenti ecclesiali, di concedere Piazza San Pietro al Gay Pride o di instaurare il Sacramento dell’Eutanasia. Anzi, quand’era in Sudamerica ha mazzolato non poco gli aderenti alla Telogia della Liberazione, e non mi sembra intenzionato a diventare il cappellano della sinistra mondiale. Vorrei consigliare tutti quelli che vedono Papa Francesco come una figura mitologica, metà Dom Franzoni e metà Hans Kung, di darsi una calmata, perché dovranno sopportare delusioni sempre più cocenti.

  4. Giovanni Di Nino ha detto:

    Un certo Al Fano ha affermato che un certo pregiudicato delinquente è come Gesù (per come è stato trattato) e nessuno degli alti, medi, bassi prelati lo ha mandato cristianamente affanculo alle Geenna. Per carità! Cosa vuoi che sia confondere un delinquente come (anzi, peggio di) Barabba, con condanna definitiva ed inappellabile, con un povero innocente come Cristo(persino Ponzio Pilato se ne è lavato vigliaccamente le mani anche se lo riteneva innocente)? Bè. se anche la Curia chiude per ferie (immaginate se anche Gesù e gli apostoli all’epoca avessero beneficiato di questo “diritto”): è il mondo alla rovescia! Dove hai “sbagliato”, Don Giorgio? a non educare le tue pecorelle? a favorirne latrocini, ruberie e istinto delinquenziale, a prostiruirle chiamandole “escort”? NO! Hai sbagliato a prendertela col vitello d’oro di Arcore, dio in terra padana, benefattore di prestazioni che spaziano dalla prostituzione alla delinquenza di stampo mafioso, alla corruttela ed alle frodi ai danni dei suoi compatrioti, intimo di cristiani dediti al commercio, agli affari, ai lucri sulla salute della gente, quelli che hanno spalancato le porte del Tempio a loro stessi ed ai loro affari. E tu pagherai per questo, amico Giorgio, come tanti altri sacerdoti che hanno fatto i samaritani fra i poveri, gli operai, gli esclusi ai quali il luccichio dell’oro degli anelli e delle croci, delle collane e degli addobbi bruciavano gli occhi. Una volta lessi una biografia di San Padre Pio, dove lui denunciava di aver avuto visioni di lunghissime interminabii colonne di sacerdoti e gerarchi che entravano nell’inferno: da povero cristiano quale sono, non riuscii ad afferrare il senso di quella”visione”, la ritenevo assurda ed irreale, ma oggi ho capito, di fronte a ciò che ti stanno facendo, che San Pio aveva visto bene. Spero sinceramente che il Santo Ambrogio apra finamente gli occhi a chi, potendo, può serenamente riportare tranquillita alla tua comunità, facendoti lavorare in pace. <Cordiali saluti.

  5. Luciano ha detto:

    Caro don Giorgio, che tristezza!!! Purtroppo le truppe cammellate servili e ubbidienti di questo cardinale, sono capai solo di eseguire. Lui e ai suoi esecutori, l’odore di pecora , da fastidio ed è considerato olezzo e non è confacente ad un principe della chiesa ed ai suoi cortigiani e lacchè!!! Che senso ha avere la consuetudine di non ricevere i laici? Ma chi è questo personaggio di rosso vestito, un dio in terra? Papa Francesco, dovrà lavorare molto per togliere i rami secchi e i molti prelati inutili e incapaci che vogliono svilire la Realtà di Cristo, della Sua Umanità e della Sua Chiesa Povera per Accogliere ogni uomo, anche i poveri preti come quelli che stanno tediando lei don Giorgio, la comunità con cui sta camminando e tutti gli uoini di buona volontà che vogliono essere Chiesa Viva,Compassionevole, Caritatevole e Profetica. E’ un momento difficile per lei e la comunità in cui vive, non demorda e continui davvero la sua giusta battaglia e, in particolae, non chiuda questo suo sito che tanto bene effonde a molte persone. Nel rinnovarle la mia stima e la mia condivisione, la saluto con tanto calore e amicizia. Buona serata.

    • dottginkobiloba ha detto:

      come don Giorgio dipende dal card. scola, il card scola dipende da papa francesco. considerando che papa francesco è attento a tutte le questioni anche minime (è notizia dei tg di ieri che ha risposto ad una mail di una donna stuprata e le ha telefonato personalmente)direi che grossi problemi non dovrebbero essercene. il papa condividendo le posizioni (solo apparentemente eretiche) di don Giorgio rimuoverà quanto prima il card. scola e manderà lui a dir messa il sabato sera a dolzago

      • GIANNI ha detto:

        La possibile rimozione di preti, parroci e sacerdoti segue percorsi diversi.
        La questione è abbastanza complicata.
        Se si tratta di semplice sacerdote e del parroco, comunque si applicano le norme del codice di diritto canonico che riguardano rimozioni o trasferimenti.
        Esiste un potere discezionale, pur motivato da generica grave causa o anche inefficacia dell’azione pastorale, nel caso dei parroci.
        Ma quando si tratta di vescovi?
        Teoricamente, potrebbe valere il discorso della causa gave, ma in sede applicativa, solitamente, è difficile che si ritenga sussitere un detto motivo, se non nei casi in cui espressamente, anche solo in base al diritto, sarebbe obbligatoria la rimozione, e cioè:
        si potrebbe parlare di sede impedita per inabilità,se si volesse essere diplomatici, nei casi in cui un vescovo ad esempio diventasse incapace di intendere o di volere.
        Negli altri casi il codice prevede che uno si sia separato pubblicamente dalla fede cattolica o dalla comunione della Chiesa,mentre non ritengo siano applicabili gli altri due casi, cioè perdita dello stato clericale e attentato al matrimonio, nel caso in questione.
        In pratica, per procedere alla rimozione di un vescono bisognerebbe intimargli di dare le dimissioni.
        Se poi il vescovo non lo fa, bisognerebbe addurre una generica causa grave, oppure specificamente far riferimento al fatto che un vescovo si sia pubblicamente separato dalla chiesa cattolica o non sia più in comunione con la chiesa.
        Nel caso in questione, tuttavia, Scola appare semmai su posizioni rigidamente ortodosse, quindi chiaro che questi due motivi di decadenza ipso jure non potrebbero trovare applicazione.
        La generica causa grave?
        Di solito è l’essere stato accusato di qualche delitto da una proura della repubblica, quindi non pare che…..
        E don Giorgio?
        Beh, a rigor di codice, qui potrebbero esserci sia riferimenti al venir meno della comunità con la chiesa, sia il voler percorrere un percorso in autonomia, sia il discorso di causa grave, tipo il sacerdote che lancia epiteti,ecc.
        Sono sicuro che chi è arrivato alla decisione della rimozione, abbia avuto modo di basarsi anche su tali considerazioni.
        Quindi, ritengo proprio di assistere ad una sorta di scisma, per così dire.
        Quanto precede, a scanso di equivoci, non lo dico a titolo personale,ma solo per considerare quelle che potrebbero essere le motivazioni di diritto camonico.
        Visto che, invece, io sono sempre a tutela della massima libertà d’espressione, proprio il fatto che la stessa chiesa ed il suo diritto canonico impediscono questa libertà di espressione, mi convince una volta di più che chi desidera, come don Giorgio e la sua comunità, una certa libertà d’espressione, anche non in comunione con la gararchia, non trovi nella stessa chiesa il luogo più idoneo a manifestare la stessa, se non a costo di condizionamenti, limitazioni e via dicendo.
        Anche per questo, mi pare ben più libero di esprimersi un Mancuso.
        Comunque una soluzione giuridica c’è, ma vista la rilevanza di questo caso, la espongo in un commento a parte.

      • Giovanni g. ha detto:

        Peccato che il Papa, nel messaggio al meeting di Rimini, abbia condiviso IN TUTTO e PER TUTTO le posizioni di Don Giussani (di BEN ALTRO livello umano e culturale rispetto a “don” Giorgio). Peccato che Francesco abbia più volte espresso posizioni RADICALMENTE opposte alle vostre sul Sacramento ai divorziati risposati, sll’aborto, sul divorzio, sul sacerdozio femminile, sulle unioni gay ecc. E peccato che le posizioni di “don” Giorgio non siano “solo apparentetmente” ma REALMENTE eretiche, e su temi molto importanti. Perciò, rimarrete MOLTO delusi quando la decisione verrà confermata (come è giusto che sia) proprio da Francesco. A cui sono pervenute non solo le vostre, ma anche le nostre firme. Tantissime….E peccato che il Cardinale (a cui ho inviato una mail per complimentarmi) conosca TANTISSIMI preti che, occupandosi in modo REALE dei bisogni dei poveri, non hanno il tempo di stare a sproloquiare su internet. E, infine, peccato che uno di questi preti sia un mio caro amico

        • GIANNI ha detto:

          Si, ma il commento è rivolto a me?
          Allora le devo precisare la mia posizione:
          personalmente, sono interessato a questo blog, in quanto tratta diversi temi su materie di mio interesso, storico, culturale, sociologico, politico e via dicendo.
          Questo non significa ch’io necessariamente condivida tutto quel che viene detto.
          Sempre personalmente, mi considero un libero pensatore e, teologicamente, non parteggio nè per gli uni, nè per gli altri.
          Anzi, credo con onestà intellettuale (l’ho rimarcato più volte), che la teologia talora espressa da don GIorgio come da altri sacerdoti, compreso Kung, non sia conforme alla dottrina attuale della chiesa cattolica.
          Questo, tanto per chiarire.
          Al tempo stesso, se devo esporre motivi giuridici a favore o contro la decisione, alla luce quindi non di motivi teologici, ma giuridici, allora ritengo la decisione presa verso don GIorgio illegittima, non conforme al diritto canonico, per svariati motivi, di cui alcuni esposti già precedentemente.
          Poi potrebbero esserecene altri.
          Quindi chiaro che legalmente non posso condividere atti illegittimi.
          Quanto alla mia personale opinione., non è conforme a quella di don GIorgio o della comunità dei sostenitori di Monte.
          Ritengo sia preferibile uscire da una chiesa di cui non si condivide più la visione di fede e di chiesa.
          L’ho detto più volte, e quindi condivido la scelta di un Mancuso, che è uscito, non quella di un Kung.
          Al tempo stesso, tuttavia, se una decisione è comunque illegale, tale rimane.
          In via di amicizia, posso peraltro restare amico anche di colui la cui impostazione teologica non condivido, ma io NON condivido nè quella cattolica ufficiale, nè quella dissidente di tanti sacerdoti.
          E qui il discorso sarebbe lungo.
          CHiaro che se, in via di amicizia, qualcuno decide comunque di restare in una comunità e la relativa decisione è illegittma, come giurista non posso che sottolinearlo, anche se personalmente, ripeto, condivido molto di più la decisione di quel sacerdote, come si chiamava…sempre di Monte che decise di andarsene.
          Ma, ripeto, chiaro che se uno desidera restare e comunque vole combattere contro decisioni illegittime, allora non posso che dargli il mio sostegno.
          La decisione presa contro don GIorgio è comunque illegale sotto diversi profili, e non posso che rimarcarlo.
          Perchè lui preferisca restare nella chiesa cattolica, non riesco a capirlo, come non riesco a capire la posizione analoga di un Kung, ma questo non cambia la natura illegittima di certi provvedimenti.
          Se, comunque, lei avrà voglia di leggere i commenti ai precedenti articoli sul tema, vedrà che i miei non sono tra coloro che ritengono sia preferibile restare dentro la chiesa, anzi, ho detto apertamente come la penso.

          • Giovanni g. ha detto:

            No, era a Ginkobiloba che mi rivolgevo. Comunque, detto ciò, i personaggi che lei cita non godono della mia stima. E non credo, in base al diritto canonico, che Scola abbia agito male. Anzi…. Ossequi

  6. GIANNI ha detto:

    Alcune considerazioni.
    1) manca nell’articolo la lettera inviata a Delpini.
    2) L’attuale chiesa cattolica ha una struttura gerarchica, e prende le decisioni in base a principi gerarchici, e non democratici.
    Pia illusione, quindi, quella di un incontro per farsi asccoltare, anche perchè non cìè peggior sordo di chi….
    3) Delpini è venuto all’incontro più come rappresentante del cardinale, che a titolo personale.
    Ovvio, quindi, che anche volendo, non avrebbe potuto far altro che attenersi a decisioni già prese.
    4) Delpini è peraltro anche teologo, in sintonia con la dottrina tradizionale della chiesa.
    Scontato, quindi, che ritenesse la visione di chiesa e di fede della comunità antitetica rispetto a quella che egli rappresentava.

    Insomma, un incontro tra sordi…..

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