La belva umana risorge sempre
L’EDITORIALE
di don Giorgio
La belva umana risorge sempre
Sinceramente arriva il momento – penso càpiti a tutti, forse capitava allo stesso Cristo – in cui non si hanno più parole per condannare quell’immondo “mondo” (inteso in senso giovanneo), talmente traboccante di perversione umana da togliere il respiro anche ai santi, tanto è saturo di veleno diabolico.
Certo ci vuole un bel coraggio dire che nasciamo del tutto innocenti, quando lo stesso apostolo Paolo diceva: «Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; 19infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. 20Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. 21Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. 22Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, 23ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. 24Me infelice! 24Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?» (Rm 7,18-24).
Sì: “Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte?».
Non è una scappatoia, o una scusante per non espormi: vorrei che leggeste, con attenzione, l’articolo che vi propongo, scritto nel giugno 2022 da Giuseppe Tartaro, e apparso sul sito Mosaiconline. Ho tagliato la prima parte.
La narrazione, le storie, il ricordo, delle guerre in particolare, si affidano a linguaggi diversissimi ed è normale che così avvenga. A me personalmente la guerra, ogni guerra, anche quelle raccontate nei libri di storia ha suscitato sempre una valanga di perché nel mio percorso sia di studente che di docente. Quelli della generazione di giovani degli anni pieni di promesse del Concilio, di quella generazione convinta che si stesse aprendo una nuova era, esprimevano le loro interiori domande e le loro speranze, anche affidandosi a una semplice canzone le cui parole commovevano… spingevano a muoversi verso…, a guardare avanti, a lasciarsi alle spalle il buio: “Ancora tuona il cannone, ancora non è contenta di sangue la belva umana” (1964 Auschwitz, Equipe 84), “Non importa se qualcuno sul cammino della vita/ Sarà preda dei fantasmi del passato/Il denaro ed il potere sono trappole mortali/ Che per tanto e tanto tempo han funzionato […] Noi non vogliamo cadere. Non possiamo cadere più giù/ Ma non vedete nel cielo/ Quelle macchie di azzurro e di blu/ È la pioggia che va, e ritorna il sereno”. (È la pioggia che va, Pooh, 1966)
Il sereno non ritornò che a sprazzi.
Chi non ricorda quella immagine straziante della bambina in Vietnam che sotto le bombe al napalm correva piangendo tutta nuda? Era il 1972.
È stato detto che questa immagine fu un messaggio che colpì l’opinione pubblica mondiale, a tal punto che accelerò il processo verso la pace. Il sereno non è tornato neppure negli anni seguenti… Le guerre sono continuate in tutto il mondo… genocidi, scontri tribali e ideologici, pulizie etniche… Uomini di buona volontà di ogni credo politico o religioso, di ogni razza, hanno cercato di inverare anche nei decenni che hanno seguito le due guerre mondiali il messaggio espresso dalla fulminante espressione paolina la lettera uccide, lo spirito vivifica (2 Corinzi 3,4-12). Ma si è continuato a seguire la lettera a tutti i livelli e a ignorare lo spirito.
Dopo la Prima guerra mondiale nacque, nel 1919, zoppa, la Società delle Nazioni e non funzionò, Dopo la seconda guerra mondiale, nel 1946 nacque, zoppa, l’Onu, e non funzionò, non funziona. Pochi ricordano la Dichiarazione di Helsinki, l’atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa che si tenne a Helsinki nel 1975 e che venne firmata da trentacinque stati, tra cui gli Usa e l’Urss. Per l’Italia era presente un uomo di pace, quell’Aldo Moro che tre anni dopo sarebbe stato assassinato dalla belva umana. Ancora la “lettera” fece fallire tutti questi sforzi.
Ancora oggi si discetta sulle definizioni di genocidio, di crimine contro l’umanità; addirittura si sono coniati ossimori come guerra umanitaria, ma gli umani continuano a morire. Con orgoglio qualcuno diceva che l’Unione europea aveva garantito il più lungo periodo di pace della sua storia… è vero, ma le guerre continuarono, anche alle nostre porte, con un’Europa, impotente o inerte.
La belva umana risorgeva sempre.
Spero che, se e quando qualcuno leggerà queste mie strane divagazioni, la guerra in Ucraina sia finalmente finita e la pace, quella vera, sarà ritornata in quei luoghi martoriati. Ma, in questo momento non possiamo fare a meno di chiederci: quale messaggio ci viene dalla martellante “informazione” dei media? O dalle manifestazioni per la “pace” strattonata da schieramenti opposti? Una “tragedia”, non una forma letteraria! Una vera tragedia umana è diventata oggetto di un “copione” che tanti, in maniera più o meno professionale, più o meno onesta, hanno scritto e scrivono.
Un tempo, non lo dico con nostalgia, sentimento che non fa parte del mio sentire, i dibattiti televisivi, anche su tematiche estremamente scottanti e delicate, erano appuntamenti settimanali, parchi, chiaramente mirati a coltivare quella sana diversità cara alla democrazia. La moltiplicazione delle reti, legittimamente sviluppatesi, ha iniziato a incrementare dibattiti che via via sono entrati a far parte del gioco, dello spettacolo, del divertimento. Non a caso si chiamano indistintamente Talkshow (termine che personalmente detesto).
Temo, ma spero tanto di sbagliarmi, che questo martellante insistenza finisca per banalizzare delle realtà che impongono un equilibrio, una sapienza, una cultura che hanno bisogno di tempi lunghi per radicarsi.
Forse la seguente può apparire una digressione inutile in questo contesto. Ma, pensiamo, almeno per il nostro Paese, all’erosione lenta e inesorabile di quella visione della Scuola che le silenziose, ma sostanziali riforme avevano costruito nel secondo Dopoguerra, puntando alla formazione delle persone. Le picconate cominciarono con l’introduzione nei percorsi scolastici delle dinamiche che portavano all’abbandono di quella efficienza unita alla solidarietà, che invocava il cardinal Martini. Pensiamo solo alla trasformazione stessa dei linguaggi di riferimento alla istituzione Scuola che ha perso la sua dimensione comunitaria ed educativa in senso lato: … dirigenti, utenti; pensiamo alla caccia agli studenti con sistemi propri di un supermercato nei cosiddetti open day (altra espressione che non amo). Il vuoto culturale è colmato da un gioco massacrante e del tutto inutile di progetti, progettini fumosi ed effimeri a cui viene sacrificata la concreta costruzione della persona a cui ci aveva richiamato don Lorenzo Milani. Quello che avviene nella scuola avviene in tanti percorsi comunicativi che ci accompagnano… Tutti percorsi e contenuti legittimi… legittime le marce, legittimi i servizi televisivi, legittimi i dibattiti, legittimi i progetti… Ma personalmente mi hanno profondamente turbato alcuni di questi percorsi, immagini, contenuti a proposito della informazione sulla guerra che vivono tanti nostri fratelli: quando con un sorriso di circostanza si domanda a una signora ucraina che ha dovuto abbandonare suo marito, se le è dispiaciuto lasciare la sua casa… Quando si intervista una giovane ucraina, collegata a distanza in un rifugio, e le si domanda: quando hai cominciato a odiare i russi? Di fronte alla titubanza della ragazza la si incalza, temendo che non abbia capito: quando è nato il tuo odio per i russi? La ragazza spiega che vuole solo vivere in pace… Quando si va volutamente a pescare, nel corpaccione liquido in cui siamo immersi, un illustre sconosciuto e lo fai diventare popolare grazie ai suoi sproloqui che mettono in difficoltà un serio e responsabile analista… Si sono moltiplicati (o si sono cercati?) scontri verbali infarciti di offese e di volgarità e si è dato largo spazio alla pubblicità (anche questa legittima, ma del tutto inopportuna) di un romanzo sul tema della guerra…
Si è dato modo di fare spettacolo al solito avvoltoio abituato a spargere escrementi dappertutto e magari ostenta un “rosario” nella stessa mano che il giorno prima “brandiva” un fucile. In un’altra trasmissione le immagini veramente atroci di un bambino che piange sul corpo della madre che non risponde più, e di una mamma che fugge con il volto insanguinato con il bimbo in braccio vengono commentate con l’aggettivo “bellissime”! E in un’altra ancora si indicano le scene con le testuali parole: “guardate, facciamo lo slalom fra i cadaveri!”.
Le telecamere hanno puntualmente seguito a Versailles la riunione dei 27 Capi di Stato europei del 10 marzo scorso convocati per trovare soluzioni. A un certo punto, in primo piano è apparso un gruppetto di questi responsabili (?) politici che si sbellicano dalle risate… si discuteva delle stragi in Ucraina. Le stesse risate che si sono viste fra i partecipanti di una manifestazione per la pace accompagnate da una selva di bandiere assolutamente “divisive”, portate da soggetti incapaci evidentemente di sollevare lo sguardo dai ristretti confini di una narrazione tribale.
Si potrebbe continuare all’infinito.
Ormai tanti conduttori televisivi danno serenamente al loro pubblico l’appuntamento settimanale come si farebbe con gli episodi di un film dell’horror o di fantascienza.
Non sono un analista, né un intellettuale.
Forse dico unacosa che rischia di provocare reazioni da parte di chi gioca con troppa disinvoltura con le parole e non si rende conto che proprio i contenuti di tante parole a noi care, sono a rischio a causa di uno svuotamento del loro significato. È quello che è successo per la pandemia, quando in nome della libertà, si dimenticava che questo sbandieramento, avveniva a scapito, fino alla sua cancellazione dal vocabolario quotidiano dell’espressione bene comune… e … del bene comune stesso. Si discute, si reagisce, ma … pochi, ritornano all’origine della “guerra”, dell’odio, della violenza. Qualcuno riterrà una banalità scontata dire che spesso sono il biblico Mammona e il dio del potere della mitologia greca, Kratos, a governare le scelte degli uomini. E anche in questa vicenda sono presenze reali, non simboli.
Max Weber gli inizi del novecento dipinse in una frase che rimase famosa il futuro degli uomini “Specialisti senza spirito, edonisti senza cuore”.
Ma, guarda caso, chi la pace la coltiva… con convinzione e sincerità spesso viene cancellato dai media, o viene strattonato per tirarlo dalla propria parte, come è avvenuto e avviene a papa Francesco. Nei giorni della settimana santa ho visto in lui l’icona di quella sofferenza del Cristo narrataci dai Vangeli, una sofferenza frutto della insipienza, della ipocrisia, della presunzione dei “grandi” e dei “sapienti”.
Mi chiedo perché si sia dato così poco spazio a quelle carovane di “samaritani” che hanno portato aiuti in Ucraina. Anche dalla mia città sono partiti questi silenziosi “samaritani” con i pullmini che hanno scaricato fra le macerie una grande quantità di cose e sono tornati carichi di donne e di bambini.
In questo periodo ho sentito aleggiare più o meno consapevolmente un comune sentimento di fondo: è andata sempre così…gli uomini faranno sempre così. A me personalmente tanti maestri hanno insegnato che un cristiano (o sedicente cristiano) non può permettersi di dire così.
Mi ha sempre affascinato il pensiero di Theilard de Chardin, il gesuita a suo tempo accusato di “eresia”, di cui, per la sua originalissima posizione, spesso non si coglie il messaggio. Il grande studioso inserisce l’esistenza del male in un processo di evoluzione in cui l’uomo, la storia procedono per tentativi, attraverso anche gli errori, ma alla fine il male sarà sconfitto dal bene. Theilard sottolinea che in questa visione la croce assume un senso veramente universale e profondo; la storia fa passi avanti, anche se talvolta retrocede un po’.
Ma ci si può chiedere: si può concretamente percorrere questa via?
La storia, anche recente ci dice di sì. Quante volte attraverso la tragedia abbiamo scoperto la “resurrezione”?
È possibile che uomini comuni, fermamente convinti dalla speranza, coltivino quella che alcuni hanno definito una “utopia concreta”? Ho avuto il grande dono di conoscere due persone che nella loro vita quotidiana hanno coltivato questa utopia, hanno speso tutta la loro vita per realizzarla: Giorgio La Pira, il sindaco santo di Firenze, e Alexander Langer con cui passai i momenti indimenticabili della Fuci fiorentina La Pira, fra i tanti viaggi per la pace, raggiunse silenziosamente, con l’umiltà di un anonimo pellegrino, in piena guerra, Hanoi. Strappò ad Ho Ci Min la disponibilità ad aprire la porta a una possibile trattativa per raggiungere la pace in Vietnam. Qualcuno (Mammona e/o Kratos) fece fallire quella trattativa e gli uomini continuarono a morire, Langer inseguì per tutta la vita il sogno di far convivere tutte le etnie, tutte le religioni, tutte le ideologie, ma dovette assistere ai genocidi della guerra nella ex Jugoslavia che lo condussero alla disperazione.
La Pira e Langer non sono stati sconfitti, perché ancora oggi, raccogliamo i frutti della loro semina.
28 dicembre 2024
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