Inizia la Quaresima ambrosiana tra contraddizioni, proibizioni e celebrazioni liturgiche private che sanno di grottesco

Inizia la Quaresima ambrosiana

tra contraddizioni, proibizioni

e celebrazioni liturgiche private

che sanno di grottesco

di don Giorgio De Capitani
Una cosa almeno mi ha insegnato questa assurda paranoica storia del Coronavirus che sta mettendo in ginocchio l’Italia: il Paese di fifoni, di alienati, di malati cronici di fobie per ogni cosa che potrebbe mettere a rischio la propria pancia. E da qui paure a non finire, fino a raggiungere continui orgasmi di panico!
E l’insegnamento è questo: che la nostra Diocesi è veramente allo sbando, nella incapacità gestionale di un pastore e dei suoi più stretti collaboratori, in balìa delle istituzioni civili, a loro volta in balìa di una cecità e ottusità spaventosamente fuori limite. Pazzia pura!
E poi hanno il coraggio di parlare, come Mario Delpini, di reazioni incontrollate da parte della gente! E loro, i caporioni curiali, che fanno? Si adeguano, ciecamente obbedienti, a disposizioni restrittive delle istituzioni civili che si impegolano indebitamente nel campo religioso. Ah, c’è di mezzo la salute, e allora anima e corpo si fanno un tutt’uno, come incollati per proteggersi meglio. Già, l’anima! Poveretta! È rimasto qualche rimasuglio in questa società, dove a prevalere è la carnalità più esigente?
Supermercati aperti, chiese chiuse! Allucinante!
E i caporioni curiali adesso chiedono qualche elemosina: almeno le Messe nei giorni feriali! Quattro o cinque donnette, già a lungo stagionate, sarebbero del tutto immuni da ogni virus mortale, visto che il tempo ha già prenotato le anime predilette.
Funerali celebrati in modo del tutto privato (con pochissimi parenti), e poi al cimitero ecco una folla di amici a dare l’estremo addio al defunto “sfortunato”! Cavoli, se l’avesse saputo, poteva decidere di farsi cremare, e così avrebbe fregato tutti, compreso il virus.
Potrei citare casi e casi di queste assurdità, ma mi fermo perché starei male, e poi magari diranno che sono stato colpito dal maledetto virus cinese!
Se fossi arcivescovo di Milano, avrei le palle di invitare i cristiani lombardi alla disobbedienza civile. Aprirei il Duomo per celebrare personalmente la Messa, invitando tutti i milanesi a partecipare.
Così si fa, porcospino!
E invece no!
Eppure, in Diocesi è forte una corale lamentela da parte di preti e di cristiani che vorrebbero tornare ad essere “normali” credenti, partecipando alle funzioni religiose, tanto più che inizia la Quaresima, tempo di riflessione, di nutrimento dello spirito, di respirare un po’ d’aria mistica (non troppa per non fare indigestione).
Non c’è stato nessun prete che abbia avuto l’idea di andare a celebrare la Messa al supermercato? Almeno lì, avrebbe trovato i panciroli, prendendo così l’occasione per offrire loro un altro pane, la parola di Dio!
Porcospino, l’ha detto Gesù Cristo (è il brano di domani della Messa!): “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
Mi fermo, perché altrimenti rischierei qualche altra querela da parte delle istituzioni civili (così dementi da essere allo sbando della propria nullità, ma talmente permalose da mettere in galera gli spiriti liberi) e rischierei qualche altro anno di isolamento personale: i sei anni e più di reclusione diventerebbero magari un ergastolo!
Ma chissenefrega?!
Andate tutti a fanculo (compreso il virus cinese)!

 

 

 

6 Commenti

  1. simone ha detto:

    Grazie Giorgio.
    Sono io che ti abbraccio e ti ringrazio per il tuo messaggio. Ho solo da imparare da te…io ho molti meno anni e molta più immaturità.
    Sul virus, come per ogni nostra giornata, ci affidiamo ad occhi chiusi nelle mani del Signore; Lui ci condurrà per il sentiero che ha scelto.

    Ti riporto la frase di Carlo Maria Martini il grande arcivescovo di Milano:

    “Non mi spaventano tanto le defezioni dalla Chiesa o il fatto che qualcuno abbandoni un incarico ecclesiastico. Mi angustiano, invece, le persone che non pensano, che sono in balìa degli eventi. Vorrei individui pensanti. Questo è l’importante. Soltanto allora si porrà la questione se siano credenti o non credenti” ( da “Conversazioni notturne a Gerusalemme”, p. 64).

    Tu pensi, tu hai una testa. Questo è ciò che conta.
    Buona giornata e grazie per questo scambio di idee.

  2. Simone ha detto:

    Don non apriamo il libro. Son giorni che parlo solo a parolacce appena si apre il discorso chiesa di Milano. Questi son tutti impiegati…bravi a fare il compitino. Quando c’è da rischiare la vita, tolgono le Messe. I barba ai tanti cristiani perseguitati che ogni domenica rischiano il massacro pur di pregare insieme. La chiesa li definiva martiri adesso saranno trasformati in fessi. E comunque qui nel mio paese, dove sono in esilio, i funerali non si fanno..direttamente al cimitero. Non si passa più dalla chiesa, subito sotto terra. Che schifo…

    • Giorgio Ferrari ha detto:

      Caro Simone, se hai letto il Manzoni saprai che al tempo della peste i morti venivano gettati sui carretti che passavano nelle strade e venivano poi gettati in fosse comuni senza (spesso) che alcun prete li benedicesse. Tuttavia non credo che questi cristiani avessero bisogno della benedizione per andare nel regno dei cieli!
      Ti pare?

      • simone ha detto:

        Giorgio sono d’accordissimo con te.
        E tu dici bene quando scrivi : “al tempo della peste”.
        Questi non son morti da coronavirus, non sono nella numerosità di una pestilenza e soprattutto in grandi chiese come quella del mio paese, c’era sicuramente il modo per procedere a cerimonie private coi partecipanti ben distanziati.
        Non è una questione di andare o meno nel regno dei cieli, su questo non so dare risposta e penso non possa darla nemmeno lei, è una questione di dignità e di volontà.
        A me sembra, come dice don Giorgio, che ci stiamo dimostrando dei cagasotto. E i primi a darne esempio negativo sono i preti.

        Caro Giorgio, per rispetto di tutti eviterei di fare paragoni con la peste del 1600. Basta vedere i numeri che la storia ci rimanda: in alcuni paese la mortalità fu al 60%…non mi sembra il caso del coronavirus. Per cui cercherei di fare paragoni sensati. Comunque rileggerò il Manzoni per rinfrescarmi la memoria.

        Per inciso, ieri ho regolarmente partecipato alla S. Messa comunicandomi in un parrocchia di Monza e Brianza.

        • simone ha detto:

          Anzi le dirò di più…io come tanti colleghi e la maggioranza dei lavoratori lombardi non ci siamo fermati davanti a questo virus. Da lunedì scorso abbiamo regolarmente lavorato, incontrato clienti, portato avanti le nostre attività. Non ci sentiamo eroi, semplicemente abbiamo fatto “la tua volontà”…l’opera quotidiana che fa parte della nostra vocazione di padri e lavoratori…pur avendo figli a casa che rischiano il contagio. Questo non è successo per i preti che a differenza nostra non sono mercenari ma chiamati per la missione. Loro, invece di adoperarsi per sgonfiare l’ansia e l’eccessivo allarmismo l’hanno fomentata. Adeguandosi silenziosamente alle disposizioni e togliendo anche quello che non era strettamente richiesto (le funzioni in chiesa delle esequie coi solo parenti erano concesse). Loro che avrebbero dovuto dare il “buono esempio”, hanno fatto l’opposto. Io rispetto la sua idea, ma passare dalla chiesa per un defunto, quando è possibile, ha un senso. Significa che la morte non è l’ultima parola…è il segno di una nuova vita che ci aspetta. Per me questo ha un grande senso….non m’interessano i fiori, i discorsi strappa lacrime o altro….è il passare davanti a Dio prima di finire sotto terra…un gesto che simboleggia la speranza cristiana.
          Se poi tiene conto del caso di Cinisello che ha riportato don Giorgio, matrimonio in chiesa per pochi intimi e banchetto in oratorio con più di 50 persone, si rende conto del livello di questi provvedimenti.

          • Giorgio Ferrari ha detto:

            Caro Simone, grazie di aver commentato quanto ho scritto. Dicevo in calce ad un altro articolo che mi mancano i numerosi commenti dei lettori agli articoli di don Giorgio che, ne condividi il contenuto o no, sono sempre fonte di riflessioni… per chi lo sa fare.
            Due cose mi permetto di aggiungere:
            1. Il mio paragone mi serviva per rafforzare il concetto che in casi di emergenza sanitaria è accettabile chiudere ogni luogo di assembramento fra cui le chiese. Non volevo offendere nessuno e se l’ho fatto me ne scuso profondamente.
            2. Del Covi-19 non sappiamo ancora niente. Questa mattina ho sentito l’intervista di un importante virologo il quale ribadiva che non possiamo ancora “scientificamente” ipotizzare se il picco dei contagi è vicino e quindi diminuirà oppure se siamo solo agli inizi.
            Ebbene, io che ho 80 anni non mi sento un “cagasotto” quando uscendo di casa evito assembramenti di persone e mi faccio consegnare a casa la spesa dal supermercato. Ammiro tutti coloro che come te non si “fermano davanti al virus” ma non sappiamo ancora se il virus si fermerà davanti a noi, anche se tutti noi lo speriamo. Che l’allarmismo imperante sia eccessivo lo potremo condividere o deprecare solo quando tutto sarà finito.
            Concludo dicendoti che invidio te e tutti coloro che sono convinti che la morte sia “il segno di una nuova vita che ci aspetta”. Mi pesa molto infatti “aver perso la fede”, come si dice, e rimpiango i tempi in cui parlavamo in gruppo per ore della Comunione dei Santi e del significato del “porgere l’altra guancia”. Ho amici credenti e vedo in loro una serenità nel vivere che suscita ammirazione e invidia (appunto) e non può lasciare indifferenti.
            Ti mando un abbraccio (a 1,5 metri)!

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