Omelie 2020 di don Giorgio: QUINTA DI QUARESIMA
29 marzo 2020: QUINTA DI QUARESIMA
Es 14,15-31; Ef 2,4-10; Gv 11,1-53
Luce e vita, verità e libertà nel Vangelo di Giovanni
Se con il miracolo del cieco nato Giovanni sviluppa il tema della luce (passando dalla vista esteriore a quella interiore), con il miracolo di Lazzaro che esce dalla tomba il quarto evangelista sviluppa il tema della vita (passando dalla vita temporale a quella eterna).
Luce e vita che, insieme ad altre due tematiche, verità e libertà, costituiscono l’essenza della nostra interiorità.
Giovanni magistralmente tratta i quattro temi sottolineando la loro stretta interdipendenza: la libertà proviene dalla verità, la vita dalla luce. Tuttavia, l’evangelista non affronta questi temi né dal punto di vista scientifico né dal punto di vista strettamente teologico. Nel campo scientifico ci sono ancora divergenze di vedute: la luce proviene dalla vita o viceversa? Sembra tuttavia più accreditata la teoria della luce come fonte di vita. Nel campo biblico prevale la verità come fonte della libertà.
A parte questo che meriterebbe tuttavia una approfondita riflessione, tra l’altro bella e stimolante, vorrei soffermarmi sul brano di Giovanni che, al di là della scienza, affronta il tema della vita secondo una concezione altamente mistica. E non farebbe male alla scienza che si facesse talora affascinare dalla luce della Mistica. Tra parentesi, pensate alla priorità che ha in Eckhart l’intelletto divino, che è luce infinita.
Il racconto di Giovanni
Vediamo anzitutto come si svolge il racconto di Giovanni, anch’esso ricco di particolari interessanti, che ci aiutano a cogliere il nocciolo o l’essenzialità del miracolo, visto come “segno” di qualcosa di profondo, al di là del fatto apparentemente strepitoso del ritorno in vita (quella fisica) dell’amico Lazzaro.
Il racconto della risurrezione di Lazzaro viene descritto in modo del tutto diverso dal racconto del cieco nato.
Al cieco nato viene prima restituita la vista fisica, e alla fine riceve il dono della vista spirituale, quella della fede. Tra i due momenti, appena nascono le polemiche attorno alla legge del sabato, Gesù scompare dalla scena, lasciando il cieco guarito a difendersi dalle accuse. Gesù dunque lo vediamo all’inizio quando ridà la vista fisica al cieco, e alla fine quando gli dà il dono della fede, gli occhi dello Spirito.
Il racconto del miracolo di Lazzaro è svolto da Giovanni in un modo differente, all’opposto. Gesù restituisce la vita fisica a Lazzaro alla fine, dopo una lunga premessa, con polemiche varie da parte dei discepoli, degli ebrei e perfino delle sue sorelle del defunto, Marta e Maria.
Il cieco è nato così dalla nascita, Lazzaro è nato per vivere, e poi muore, come se la morte fosse stata la conseguenza di una malattia, lasciata quasi di proposito a degenerare nella morte. Gesù non è intervenuto prima (e lo avrebbe potuto fare), ma ha lasciato morire Lazzaro. Perché?
Vorrei dire di più. Mentre nel racconto del cieco dalla nascita, il centro di attenzione è il cieco stesso, prima guarito, poi costretto a difendersi e a difendere Gesù, infine, buttato fuori dalla sinagoga, rivede Gesù che gli dà il dono della vista spirituale, nel racconto della risurrezione di Lazzaro, Lazzaro ha quasi nessuna importanza, se non perché è amico di Gesù, ma tale amicizia serve a Gesù a fare una delle più altre affermazioni sulla vita.
In altre parole, il cuore del racconto di Giovanni non sta nel miracolo in sé (Lazzaro torna a vivere sulla terra), ma nelle parole di Gesù alla sorella Marta: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno».
Sì, in queste parole sta il nocciolo, l’essenzialità del messaggio, diciamo il “segno” del racconto di Giovanni.
Non mi accontento del significato che alcuni critici hanno dato alla risurrezione di Lazzaro: come un gesto profetico in riferimento alla morte e risurrezione del Cristo. Come se Cristo avesse avvertito: come Lazzaro è risorto, così anch’io risorgerò.
Credo che questo modo di vedere il segno del miracolo troppo riduttivo. Invece il “segno”, lo ripeto, sta nelle parole di Gesù: “Io sono la risurrezione e la vita”. Lazzaro fa da sfondo, anche il miracolo del suo ritorno vivo su questa terra.
Io sono la risurrezione e la vita
Ora si tratta di approfondire le parole “Io sono la risurrezione e la vita”.
Noi sappiamo che, soprattutto nel Vangelo di Giovanni, le parole “Io sono” hanno un significato veramente forte, tanto forte da far tremare i presenti che le ascoltano. Ricordiamo l’episodio dell’orto degli ulivi. Quando Gesù a coloro che erano venuti per arrestarlo chiede: “Chi cercate?”, essi rispondono: “Gesù il Nazareno!”. E Gesù risponde: “Io sono”. A quelle parole, tutti indietreggiano e cadono in terra. Nel Vangelo di Giovanni troviamo altre sei volte in cui Gesù pronuncia le parole: “Io sono”. In sintesi: “Io sono il pane della vita”, “Io sono la luce del mondo”, “Io sono la porta delle pecore”, “Io sono il buon pastore”, “Io sono la via, la verità e la vita”, “Io sono la vera vite”, infine, “Io sono la risurrezione e la vita”.
Non dimentichiamo che l’espressione “Io sono” risale alla rivelazione che Mosè ha avuto sul monte Sinai. Alla domanda di Mosè: «Qual è il tuo nome?», Dio risponde: «Io sono colui che sono». Poi dice: «Dirai così ai figli d’Israele: “l’IO SONO mi ha mandato da voi”».
Perché ho detto questo? Per farvi capire l’importanza anche dell’affermazione “Io sono la risurrezione e la vita”.
Quando il Figlio di Dio dice: “Io sono”, usa il verbo “essere” al presente. Non dice “Io sarò o sono stato”. Sta qui la Novità divina. Sta qui il messaggio autentico del racconto del miracolo di Lazzaro. Sta qui il cuore della Mistica. D’altronde, senza entrare nel difficile, l’essere è al presente, sempre al presente. Dio “è”.
In quel “Dio è” c’è tutto, c’è il Tutto divino. Anche qui attenzione: un conto è dire “io sono la porta”, “io sono il pane della vita”, “io sono la vera vite”, “io sono il buon pastore”, che, come tutti possono capire, è in riferimento al Gesù di Nazaret, al Cristo storico. Dire “Io sono la via, la verità e la vita” è in riferimento al Figlio di Dio, così dire “Io sono la risurrezione e la vita”. Qui Gesù non si riferisce al fatto che lui poi risorgerà. Si entra nel cuore stesso del Mistero divino.
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