“Israele stato canaglia, disprezza il diritto internazionale”, parla l’ambasciatrice di Palestina in Italia Abeer Odeh

da L’Unità
L’intervista

“Israele stato canaglia, 

disprezza il diritto internazionale”, 

parla l’ambasciatrice di Palestina in Italia

Abeer Odeh

«Israele disprezza il diritto internazionale, lo sterminio del nostro popolo è sotto gli occhi di tutti. Ma noi non vogliamo rassegnarci all’impunità di questo Stato-canaglia. La posizione del vostro paese ci addolora»
Esteri – di Umberto De Giovannangeli
27 Marzo 2025
“La posizione dell’Italia ci addolora, perché pur proclamando di credere nella soluzione “Due popoli, due Stati”, non fa nulla perché i due Stati ci siano veramente e convivano pacificamente”. Ad affermarlo, nell’intervista esclusiva concessa a l’Unità, è l’Ambasciatrice della Palestina in Italia, Abeer Odeh.
Signora Ambasciatrice, a Gaza non c’è pace. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato una nuova offensiva terrestre. Una mattanza senza fine. Con il via libera del presidente degli Stati Uniti Donald Trump e l’inazione dell’Europa. Siamo alla soluzione finale della questione palestinese?
«È vero, non c’è pace in Palestina. Questo è un fatto, come è un fatto che Benjamin Netanyahu non creda nella parola “pace”. Il suo obiettivo è sempre più chiaramente quello di proseguire e concludere il genocidio intrapreso. Ciò che Israele vuole ottenere e che riuscirà ad ottenere se la comunità internazionale manterrà il suo silenzio complice è la pulizia etnica di Gaza. Tuttavia, noi crediamo ancora nella pace e nella prosperità per il nostro popolo. Sappiamo bene che ogni Paese ha le sue sfide e conosciamo le difficoltà di questo momento, molto delicato per tutti; ma la comunità internazionale non può dimenticare che il proprio ruolo principale è proprio quello di far rispettare il diritto internazionale ed in particolare quello umanitario, che rappresenta una garanzia per tutti e che è invece costantemente disprezzato da Israele. Siamo di fronte a una potenza occupante che continua ad agire come se fosse l’unico Paese al mondo esonerato dal rispetto del diritto internazionale e le cui violazioni di questo diritto non si possono più nemmeno contare. D’altra parte, il Primo Ministro e i più importanti ministri del governo israeliano dichiarano apertamente di voler distruggere ogni mezzo di sostentamento per i palestinesi, siano essi a Gaza o in Cisgiordania, dove il governo palestinese viene volutamente indebolito da Israele trattenendo il denaro delle imposte che dovrebbe invece trasferirgli automaticamente. Si tratta delle basi per la convivenza civile della comunità internazionale, di principi che vietano l’uccisione indiscriminata di donne e bambini, morti a centinaia solo nelle ultime ore, a Gaza. Un’importante denuncia sugli abusi subiti dalla popolazione palestinese riguarda in particolare le nostre donne. La Commissione Internazionale Indipendente d’Inchiesta voluta dall’ONU ha intitolato “Più di quanto un essere umano possa sopportare” il Rapporto pubblicato il 13 marzo 2025 sull’uso sistematico da parte di Israele della violenza sessuale, riproduttiva e di genere come arma di guerra a Gaza dal 7 ottobre 2023».
Poco si parla e si scrive di ciò che sta avvenendo da mesi in Cisgiordania. I coloni in armi, sostenuti dall’esercito, hanno imposto la loro legge, assaltando villaggi palestinesi, distruggendo coltivazioni, dando vita a veri e propri pogrom. Siamo oltre l’apartheid?
«Come Gaza, anche la Cisgiordania è illegalmente occupata da Israele da quasi 58 anni. E, come Gaza, anche la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, è vittima di continue aggressioni che si sono andate intensificando nel corso degli ultimi mesi. L’obiettivo di Israele è lo stesso: rendere la vita dei palestinesi impossibile, costringerli alla fuga, deportarli forzatamente o semplicemente eliminarli, per annettersi il loro territorio. Tutto ciò è evidente, proprio in questi giorni, nella parte settentrionale della Cisgiordania, dove si sta verificando il trasferimento forzato di decine di migliaia di persone, costrette a lasciare Jenin (almeno 21.000) e Tulkarem (almeno 40.000) contestualmente a una campagna di demolizioni senza precedenti che ha preso di mira le loro abitazioni e all’attacco armato dell’esercito israeliano e di coloni sempre più violenti contro i campi profughi, le città e i villaggi nei dintorni, che ha portato ad arresti ingiustificati e uccisioni indiscriminate (quasi 100 dall’inizio dell’anno), insieme all’allargamento degli insediamenti. Tuttavia anche a sud, nell’area di Hebron, numerose famiglie palestinesi sono state costrette ad abbandonare le proprie case, mentre centinaia di fedeli vengono arrestati dall’esercito israeliano solo perché cercano di raggiungere la Moschea di Al-Aqsa, a Gerusalemme, il cui accesso è ancor più limitato durante il mese sacro del Ramadan. Si tratta di continue violazioni di diritti umani fondamentali, come quelle che vedono i coloni, l’esercito israeliano o i coloni protetti dall’esercito israeliano intenti a rubare o uccidere gli animali da allevamento, sradicare gli alberi coltivati e distruggere i raccolti. Lo scopo è quello di cancellare l’esistenza dei palestinesi e nessuno viene risparmiato».
Signora Ambasciatrice, l’Europa si mobilita in difesa dell’Ucraina, sostenendola militarmente ed economicamente. Niente di tutto questo avviene per la Palestina. Due pesi, due misure?
«Ci siamo accorti di questo doppio standard dal primo giorno di guerra in Ucraina. Noi che sopportiamo da decenni un’occupazione illegale che calpesta apertamente il diritto internazionale (ed in particolare quello umanitario) non potevamo non notare la solerzia della comunità internazionale nel reagire con ogni mezzo all’iniziativa russa. Israele ha ignorato per decenni le centinaia di risoluzioni delle Nazioni Unite che chiedevano la fine dell’occupazione e degli insediamenti dei coloni, così come l’opinione espressa dalla Corte Internazionale di Giustizia già nel 2004 contro il Muro dell’Apartheid che ruba e divide la nostra terra. Oggi, Israele rifiuta apertamente l’importantissima decisione della stessa Corte, il principale organo di giustizia internazionale, in merito al genocidio in corso a Gaza (26 gennaio 2024) e non tiene minimamente conto del suo parere – basato sui fatti – circa l’illegalità dell’occupazione israeliana (19 luglio 2024), cui è seguita una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (18 settembre 2024) che chiedeva la fine di questa occupazione entro un anno. Né il governo israeliano sembra particolarmente spaventato dal mandato d’arresto per il Premier Netanyahu emesso dalla Corte Penale Internazionale (21 novembre 2024). Eppure, noi non riusciamo a rassegnarci all’impunità di questo Stato-canaglia e confidiamo che sia fermato anche con azioni concrete della comunità internazionale, comprese le sanzioni, mentre da parte nostra non smetteremo mai di resistere».
Cosa altro deve accadere perché l’Italia riconosca lo Stato palestinese?
«La posizione dell’Italia ci addolora, perché pur proclamando di credere nella soluzione “Due popoli, due Stati”, non fa nulla perché i due Stati ci siano veramente e convivano pacificamente. Il governo Italiano auspica la convivenza pacifica tra uno Stato israeliano riconosciuto dalla Palestina e uno Stato palestinese riconosciuto da Israele, ma sembra dimenticare che la Palestina ha riconosciuto Israele già molti decenni fa, mentre Israele non ha nessuna intenzione di farlo e cerca anzi di trasformare l’occupazione in una vera e propria annessione del nostro territorio. È evidente a tutti che senza la fine dell’occupazione israeliana e il pieno riconoscimento dello Stato palestinese, nel pieno rispetto del nostro sacrosanto diritto all’autodeterminazione, non vi sarà pace in Palestina e nell’intera regione. È da qui che bisogna partire: dal riconoscere che vi sono una potenza occupante illegale ed un popolo illegalmente occupato che ancora aspetta l’avverarsi di quanto promesso dalla comunità internazionale a partire dalla Risoluzione 181, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazione Unite il 29 novembre del 1947, che insieme alla nascita dello Stato di Israele prevedeva la creazione dello Stato di Palestina. L’Italia è sempre stata dalla parte della legalità internazionale, confidiamo che, per mettere finalmente in pratica i principi del diritto internazionale, questo Paese nostro amico riconosca lo Stato di Palestina – come richiesto dal suo Parlamento e dal suo popolo – e faccia pressione su Israele perché faccia altrettanto».
Nei talkshow televisivi la tragedia di Gaza sembra un ricordo del passato. I palestinesi non fanno più notizia?
«Lo sterminio del nostro popolo è sotto gli occhi di tutti. Le notizie e le immagini che descrivono l’orrore di Gaza e le terribili violenze vissute in Cisgiordania, compresa Gerusalemme, dalla nostra gente, rimbalzano da una parte all’altra del mondo e destano una sincera indignazione, che si manifesta nelle piazze e in migliaia di iniziative a sostegno della nostra causa. Nessuno può restare indifferente scoprendo che il cessate il fuoco a Gaza è stato interrotto a tradimento da Israele nella notte tra il 17 e il 18 marzo con un attacco inaspettato e così violento da uccidere in sole due ore più di 420 persone innocenti che stavano ancora dormendo o si preparavano al pasto che precede il digiuno del Ramadan. La maggior parte di loro erano, ancora una volta, donne (94) e bambini (183). Nessuno può dimenticare che dall’ottobre 2023 i morti accertati a Gaza sono almeno 50.183 mentre i feriti sono quasi 114.000. Nessuno può voltarsi dall’altra parte di fronte alle terribili ingiustizie che colpiscono incessantemente la Cisgiordania da quando si trova sotto l’occupazione israeliana, ma con particolare ferocia negli ultimi due mesi. Se i media decidono di farlo, sappiano che ignorare non significa poter nascondere ciò che non si può nascondere. Semmai, riflettano sulla gravità di questa decisione, che li rende complici di un genocidio, schierandosi dalla parte di chi, come Israele, con la chiara intenzione di coprire i propri crimini contro l’umanità, prende deliberatamente di mira i colleghi palestinesi e internazionali che coraggiosamente operano a Gaza, attaccando stazioni radio e televisive, tagliando tutte le connessioni internet e uccidendo, solo dall’ottobre 2023, almeno 208 eroici giornalisti».

Commenti chiusi.