da it.gariwo.net
Sorelle Mirabal
fondatrici del Movimento 14 giugno,
guidarono la resistenza alla dittatura
di Rafael Trujillo
Si chiamavano Minerva, Maria Teresa e Patria, ma tutti le ricordano come “Las mariposas” (le farfalle), perché prima ancora di diventare martiri della causa rivoluzionaria del loro paese erano riuscite a lanciare un messaggio universale di dignità e coraggio, che avrebbe cambiato il corso della storia. “Nella foresta dell’Alto Paraná le farfalle più belle si salvano mostrandosi”, ha scritto alcuni anni fa Eduardo Galeano ricordandole in una breve elegia. Minerva, Maria Teresa e Patria Mirabal erano giovani, libere, colte, indipendenti e la loro fine provocò uno sdegno internazionale enorme, che accelerò la fine di una delle dittature più sanguinose dell’età contemporanea. Oggi, i loro sguardi ci fissano da immagini in bianco e nero che rappresentano anche un monito a non dimenticare il loro sacrificio.
La vicenda che le vide protagoniste prese forma nella Repubblica Dominicana del Secondo dopoguerra, ai tempi della brutale dittatura di Rafael Trujillo, un regime sanguinario e corrotto che durò oltre trent’anni e fu anche una tragica iperbole del maschilismo. Le sorelle Mirabal erano quattro (Minerva, Maria Teresa, Patria e Adela), e crebbero nella città di Ojo de Agua, provincia di Salcedo, in una famiglia benestante della classe media dominicana che, come molte altre, perse tutto quando il dittatore si appropriò del paese. Erano poco più che ventenni quando tre di loro iniziarono a portare avanti una grande battaglia in nome della libertà politica e dei diritti civili. C’è chi sostiene che la loro militanza sia iniziata nel 1949, quando Minerva, la secondogenita, laureata in legge ma impossibilitata a esercitare la professione forense in quanto donna, osò sfidare il dittatore durante la festa di San Cristobal, rifiutando apertamente le sue avance. “La verità è che Minerva era in cerca di guai già da due o tre anni”, ha ricordato in tempi recenti Adela, la quarta e ultima sorella, scomparsa nel 2014.
Di certo si sa che Minerva subì a lungo le molestie del leader dominicano, che si era infatuato di lei. I suoi rifiuti divennero un’ossessione per Trujillo, che arrivò a incarcerare suo padre e ad accanirsi contro la sua famiglia. Ma Minerva non si piegò mai ai suoi ricatti e combatté ogni abuso, pur sapendo quali sarebbero state le conseguenze. “Se mi ammazzano – disse un giorno -, tirerò fuori le braccia dalla tomba e sarò più forte”. Sia lei che il marito, Manolo Tavárez Justo, divennero leader della resistenza: ben presto la persecuzione nei suoi confronti convinse anche due sue sorelle, Patria e Maria Teresa, a diventare attiviste contro il regime. Da quel momento in poi, le tre giovani donne avrebbero dedicato la loro vita a combattere la dittatura con il nome in codice “Las mariposas” (le farfalle). Si sposarono, ebbero figli e iniziarono a ospitare nelle loro case le riunioni della resistenza, dando vita a un gruppo politico clandestino denominato Movimento 14 giugno, in ricordo di un fallito golpe contro Trujillo. In poco tempo, le idee del gruppo si diffusero in tutto il paese avvalendosi dell’appoggio di alcuni rivoluzionari cubani e diedero nuova linfa anche alle proteste del clero locale, che fino a quel momento erano state abbastanza tiepide. Il movimento divenne sempre più una spina nel fianco per il regime (“i miei unici problemi sono la Chiesa Cattolica e le sorelle Mirabal”, ammise un giorno il dittatore), che perseguitò i suoi membri senza pietà, incarcerandoli, torturandoli e uccidendoli.
In un giorno di gennaio del 1960, due delle sorelle Mirabal, Minerva e Maria Teresa, vengono catturate con i loro mariti e condannate a cinque anni di lavori forzati. Finiscono nel famigerato centro di tortura di La Cuarenta, ma alcuni mesi più tardi il dittatore decide di farle tornare in libertà, fingendo un gesto di clemenza che si rivelerà una trappola. Da tempo circolavano voci insistenti che il regime le voleva morte, e per precauzione loro cercavano quasi sempre di non muoversi tutte insieme. Lo fecero solo una volta, il 25 novembre di quello stesso anno, per andare a far visita ai loro mariti rinchiusi in carcere. Sulla strada del ritorno a casa, nel tardo pomeriggio, Minerva, Maria Teresa e Patria si imbatterono in un’imboscata dei servizi segreti di Trujillo. I sicari le costrinsero a scendere dall’auto e le portarono in un luogo appartato, una piantagione di canna da zucchero, per picchiarle e seviziarle fino alla morte. Poi rimisero i loro corpi nel veicolo sul quale stavano viaggiando e lo gettarono in un dirupo per simulare un incidente. Ma nessuno ci credette e il femminicidio delle sorelle Mirabal catalizzò definitivamente l’attenzione internazionale e locale contro il regime.
La terribile fine delle “farfalle” provocò un’enorme indignazione nel paese, risvegliò le coscienze della popolazione e accelerò la fine della dittatura. Cinque mesi dopo, lo stesso Trujillo, ritenuto responsabile della morte di circa sessantamila oppositori politici, venne ucciso a colpi di fucile in un agguato a Santo Domingo. La sua morte non portò immediatamente la democrazia (il suo successore, Joaquin Balaguer, continuò la tradizione autoritaria fino alla fine degli anni ’70), ma il paese non sarebbe più tornato al livello di repressione sperimentato durante il suo regime. Adela, detta Dedé, fu l’unica delle quattro sorelle Mirabal che si salvò, perché non era attiva politicamente. Da allora, per esorcizzare il rimorso di essere sopravvissuta, avrebbe dedicato il resto della sua vita alla memoria delle sue amatissime sorelle, allestendo un museo nella loro casa d’infanzia, la Casa Museo Hermanas Mirabal.
Nel 1999, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ricordando il giorno del loro assassinio, ha dichiarato ufficialmente il 25 novembre Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Riccardo Michelucci, giornalista
Sorelle Mirabal è stata onorata come “Giusta segnalata dalla società civile” nella cerimonia del 2024.
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