Gli auguri del Vicario generale!

auguri vicario

di don Giorgio De Capitani
È sempre sorprendente il Vicario generale della Diocesi milanese, monsignor Mario Delpini, quando si sveste del suo ruolo di funzionario curiale, ciecamente succube delle direttive “scolaresche”.
Peccato che solo in rare occasioni sentiamo parlare il cuore umano di un Vicario che, ordinariamente, si sente costretto ad agire sotto una cappa di piombo.
Peccato!
Sì, è un peccato, nel senso di grave mancanza al dovere di obbedire anzitutto alla propria coscienza. 
In questi ultimi anni, la Diocesi milanese ha sofferto una aridità pastorale, via via sempre più deprimente, ed ora, se ha toccato l’insostenibile pesantezza, lo si deve anche a pedissequi servitori di un pastore chiuso nell’ovile, a pascere erba secca.
Almeno una voce Umana!
Non si è fatto altro che ripetere fino alla noia richiami al divino di una religione che ha fatto del Divino un’immagine di se stessa!
Fino a quando sopporteremo una Diocesi senz’anima e senza futuro?
Forse Roma è troppo lontana per sentire i disagi di una Diocesi allo stremo!
Non tocca al Papa intervenire?
Ma forse papa Francesco aspetterà ancora, o forse aspetta che qualcuno della Diocesi lanci un urlo di disperazione. Ma invano!
Ma il Papa forse teme che qualche spirito libero esca dall’anonimato, e richiami la stessa Chiesa ad uscire da uno stallo soporifero.
Si sa, Milano è Milano. Meglio lasciarla n ella nebbia padana!
In fondo in fondo, vescovi come Angelo Scola fanno comodo a tanti. Se non altro sono serviti a smorzare ciò che era rimasto di profeticamente vibrante di un certo Calo Maria Martini, del resto già incenerito sull’altare della santificazione laicista.
E, da parte sua, la Chiesa, quando non riesce a canonizzare, riesce però sempre a spegnere anche le ceneri fumiganti. 
***
dal Sito ChiesadiMilano.it

Auguri

La luce, la Parola, la gioia per la grazia di questo Natale

La festa della Natività di Gesù nell’anno del Giubileo straordinario della Misericordia negli auspici del Vicario generale monsignor Mario Delpini
di monsignor Mario DELPINI
Vicario generale della Diocesi di Milano
20.12.2015
Quanto buio può sopportare la terra?
Il buio: sguardi smarriti che non vedono speranze,
bellezze perdute, nascoste in un abisso di nulla,
cuori spaventati, che invocano abbracci.
Quanto buio può sopportare la terra?
La terra non si stanca, non sopporta,
custodisce invece un germoglio
e prega: ci vorrebbe una luce, un sole che sorge dall’alto.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo (Gv 1,9).
Quante parole può sopportare la terra?
Le parole perdute, che non sono più nomi di niente
che non sono più cose e verità da dire,
le parole cattive, armi per ferire,
le parole sceme, le parole false, le parole troppe,
le parole grigie che seminano grigiore, lamento e scontento.
Quante parole può sopportare la terra?
La terra non si stanca, non sopporta,
si impregna invece di letame
e prega: ci vorrebbe un silenzio, per una confidenza amica.
E il Verbo si fece carne (Gv 1,14)
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi
E la vostra gioia sia piena (Gv 15,11).
Quanto dolore può sopportare la terra?
Non vi sembra l’orrore e il grido, le lacrime e la rabbia
siano già oltre il limite dell’eccessivo?
Quanto dolore può sopportare la terra?
La terra, come la madre, non pone limiti e non dispera,
non vive la pazienza come una forma trattenuta di esasperazione,
ma come una preghiera: ci vorrebbe qualche cosa come una specie di pace!
anzi – un sogno? – come una festa
non una qualche attesa di un risarcimento postumo
ma come una esperienza di letizia compiuta.
Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia
che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide
un salvatore,  che è Cristo Signore (Lc 2,10-11)
A Natale possa riposare la terra, e possa rallegrarsi la moltitudine immensa dei figli di Dio
che percorrono la terra e ne imparano la preghiera.
Auguri!

 

1 Commento

  1. GIANNI ha detto:

    parole belle, come bella è la terra che ci accoglie
    parole talora calpestate, come quelle di una coscienza che solo a tratti riesce a far capolino,
    forse a causa di una chiesa stringente, troppo stringente…

    espressione d’anima che pare soffrire la dialettica tra ricerca e dogma, sofferto, ma sino a quando sopportato?
    Parole che, nuove, ricadono sull’uomo, più che sul defensor di una fede forse non sino in fondo condivisa…
    parole che, alternative, sostituiscono forse quelle che, stancamente, uno si porta dietro più per peso dogmatico e gerarchico, che per intima convinzione.

    Auguri anche a Delpini

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