Tra i corrotti Verdini e la Lega l’unico ponte a cui Salvini piace…

Per chiarezza. Denis Verdini si è sposato due volte, la seconda con Maria Simonetta Fossombroni (ex annunciatrice di TeleToscana nonché segretaria di Spadolini); ha tre figli: Diletta dal primo matrimonio, Tommaso e Francesca dal secondo.
Anche Diletta ha avuto questioni con la giustizia: si è finta avvocata e ha falsificato una sentenza del tribunale di Firenze.
Francesca (l’unica, così finora sembra, ad essere fuori da giochi sporchi) è l’attuale compagna di Matteo Salvini.
In ogni caso, c’è da ridere o da piangere pensando a Salvini che ha a che fare con una specie di suocero e con due cognati simili?
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da La Repubblica
28 DICEMBRE 2023

Scandalo appalti Anas,

Tommaso Verdini agli arresti domiciliari

per corruzione.

Indagato anche il padre Denis

di Andrea Ossino
L’ipotesi della procura di Roma è di corruzione e turbata libertà degli incanti da parte del figlio dell’ex parlamentare berlusconiano Denis Verdini
Una fitta rete di consulenze e la torta degli appalti pubblici banditi dall’Anas. Sono al centro della indagine avviata nella primavera dello scorso anno dai pm di Roma e che ha portato all’emissione della misura degli arresti domiciliari per Tommaso Verdini, il figlio dell’ex parlamentare berlusconiano Denis. L’ipotesi della procura di Roma è di corruzione e turbata libertà degli incanti.
L’inchiesta, che vede coinvolte altre sei persone, riguarda commesse sulla società pubblica Anas per tre miliardi di euro. In tutto sono 5 persone ai domiciliari e sono state emesse 2 interdittive da 12 mesi. Dalle carte spunta anche il nome di Denis Verdini che risulta indagato.
Nel procedimento, affidato dal procuratore Francesco Lo Voi ai pm che si occupano dei reati contro la pubblica amministrazione, si contestano, a seconda delle posizioni, i reati di corruzione e turbata libertà degli incanti. Nel procedimento sono coinvolti anche imprenditori oltre ai pubblici ufficiali.
Verdini jr, a capo della società di lobbing Inver, nel luglio scorso era stato perquisito dalla Guardia di Finanza insieme all’ex ad Simonini e altri cinque alti dirigenti del colosso pubblico, indagati anche loro a vario titolo per traffico di influenze e corruzione.
L’inchiesta ha ricostruito un sistema di consulenze e appalti pubblici banditi da Anas, società di stato che gestisce le arterie stradali del Paese e che dal 2017 è sotto il controllo di Ferrovie dello Stato i cui manager sono del tutto estranei agli accertamenti investigativi.
Da una parte i dirigenti Anas desiderosi di una promozione o di ottenere altri ruoli apicali nelle società pubbliche. E dall’altra gli imprenditori che bramano informazioni privilegiate per ottenere appalti. E al centro i mediatori: Tommaso e Denis Verdini. Ruoli diversi e un destino comune, un cammino narrato negli atti delle indagini con cui la procura di Roma ha chiesto e ottenuto gli arresti domiciliari per cinque persone e la sospensione di un anno dal servizio nei confronti di altre due.
Ai domiciliari sono finiti Tommaso Verdini, figlio di Denis , presidente della Inver. Si occupava lui di mediare tra imprenditori e dirigenti Anas. Al suo fianco il socio Fabio Pileri.
Poi ci sono gli imprenditori, interessati a ottenere affidamenti da parte di Anas. Come Antonio Samuele Veneziano, di Phos srl, un’azienda che si occupa di servizi connessi ai sistemi di vigilanza. E ancora Stefano Chicchiani e Angelo Ciccotto, operativi nel settore delle costruzioni.
Sono tutti accusati di corruzione e turbata libertà degli incanti. Sono invece stati sospesi dal servizio Paolo Veneri, già dirigente direzione Appalti e Acquisti di Anas e adesso responsabile della struttura “Controllo, Finanza e Bilancio” di una partecipata Anas. Stessa sorte per Luca Cedrone, già responsabile della struttura “Gallerie” e attualmente responsabile di “Geotecnica e Gallerie”. Tra gli indagati compare invece il nome di Denis Verdini.
Nel decreto di perquisizione firmato lo scorso anno si legge che Verdini junior, insieme ad altri indagati, avrebbe promesso a “pubblici ufficiali di Anas il loro intervento o comunque il peso politico istituzionale delle loro conoscenze per favorirne la riconferma in Anas in posizioni di vertice o comunque la ricollocazione in ruoli apicali ben remunerati di società private o di organismi di diritto pubblico”.
In cambio i pezzi grossi di Anas avrebbero dovuto “favorire la definizione di progetti e transazioni a cui erano interessati imprenditori a loro vicini”. Gli indagati, pedinati dalla guardia di finanza di Roma, si sarebbero incontrati varie volte in bar e ristoranti. Incontri sarebbero avvenuti anche con politici o esponenti di vertice del Mef, “che ha voce in capitolo nelle nomine delle partecipate”. Per questo motivo l’inchiesta della procura di Roma in questo momento fa tremare i palazzi delle istituzioni.
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da La Repubblica
29 DICEMBRE 2023

Caso Verdini, il ritorno della corruzione

che Meloni aveva rimosso

di Gianluca Di Feo
L’inchiesta dimostra che pochi imprenditori potevano conquistare i contratti statali senza avere concorrenti
Basta la fiducia. Il governo Meloni ci aveva illusi che la corruzione si risolvesse con la deregulation: meno burocrazia, meno controlli, meno intercettazioni. Come ha detto Matteo Salvini nel varare il nuovo codice degli appalti, il consiglio dei ministri “si fida degli imprenditori, dei sindaci, dei professionisti, degli ingegneri, degli architetti, dei geometri…”. Ed ecco che l’abuso d’ufficio va cancellato, nonostante l’Unione europea insista nel ritenerlo uno strumento fondamentale e i magistrati lo considerino il campanello d’allarme sulle mazzette. Ed ecco che le intercettazioni sono da abolire anche per le camarille che si spartiscono i contratti pubblici a suon di favori e bustarelle. E il traffico di influenze, quel reato così astruso da somigliare a un’epidemia, deve essere mutilato. L’Italia del centrodestra al potere non sente il bisogno di gendarmi e pene, perché è all’improvviso diventata virtuosa, capace di spazzare via le ombre di ogni Tangentopoli.
L’inchiesta della procura di Roma dimostra che non è così. Le responsabilità penali saranno valutate dai processi, la cui lunghezza spesso lascia tutto sospeso nella prescrizione: in ogni caso, vale la presunzione di innocenza. Gli atti dell’indagine però ci mostrano una situazione chiara che permetteva a pochi imprenditori di conquistare i contratti statali senza preoccuparsi della concorrenza: appalti delicatissimi, come quelli relativi alla sicurezza delle gallerie. L’azienda di Tommaso Verdini, il cui padre Denis viene descritto come socio occulto retribuito con ventimila euro al mese, riusciva a fornirgli i capitolati in anticipo in modo da formulare offerte imbattibili – in un caso la consegna dei bandi tramite pennetta informatica è stata ricostruita in ogni passaggio – e tutelava le loro pratiche fino all’aggiudicazione. I dirigenti, figure chiave nella gestione di gare da centinaia di milioni, erano pronti ad assecondarli in cambio di promozioni e di nuovi incarichi.
Un triangolo perfetto. La Inver, la sigla di lobby di Verdini, ha fatturato 300 mila euro da tre costruttori e nelle registrazioni si parla di mezzo milione in nero da un quarto cliente. Cifre tutto sommato ragionevoli, perché in ballo ci sono affari colossali: “Ho vinto un accordo quadro da sessanta milioni – dice Fabio Pileri, uno dei partner di Inver, in una conversazione registrata all’indomani delle perquisizioni -, sto bene per i prossimi dieci anni e non me ne frega un cazzo di chi mi sente al telefono…”.
Come in tutte le storie recenti di corruzione, i protagonisti sono i mediatori, trasversali ai partiti come Verdini senior che ha amicizie in ogni schieramento, e i “tecnici” che hanno in mano le procedure: lo stesso Pileri sostiene che a lui “non servono gli amministratori delegati ma i marescialletti” che decidono le pratiche. La politica però è il motore di tutto e le relazioni della famiglia Verdini sono la risorsa della ditta: quelle del passato e quelle del presente. Nell’estate 2022 alcuni imprenditori scindono i contratti con la Inver dopo le prime perquisizioni, poi tornano a implorare il loro aiuto quando giura il governo Meloni. “Guarda caso arrivano dopo che Salvini s’è insediato. Che tempistica, ragazzi. Vergognoso!”, commenta con sarcasmo il solito Pileri. Guarda caso, Matteo Salvini è il ministro da cui oggi dipendono l’Anas e gli appalti stradali. E i reati contestati proseguono fino all’aprile 2023, ma il leader della Lega risulta estraneo all’indagine.
La ragnatela dei Verdini nelle istituzioni è antica. Nel 2022 avevano accesso diretto a figure apicali di Anas e Ferrovie dello Stato, attovagliate con loro nel ristorante di famiglia Pastation nel centro di Roma: c’è la prova che le loro richieste di intercessione per promuovere i funzionari compiacenti venivano accolte. Si tratta dei gruppi statali che stavano già gestendo la fetta più consistente del Pnrr, i fondi da cui dipende il futuro del Paese a cui ora si è aggiunto il progetto faraonico del Ponte sullo Stretto voluto da Salvini. Non solo, i Verdini agli stessi tavoli si consultavano con il sottosegretario leghista all’Economia Freni, all’epoca con Draghi e oggi allo stesso posto con Meloni: il gip definisce “preferenziali e privilegiati” i rapporti con l’uomo di governo, “il quale in più occasioni si è reso disponibile a incontrare i dirigenti Anas su richiesta di Tommaso e Denis Verdini”.
Il nocciolo della questione è semplice. Secondo i magistrati gli incontri con Freni servivano alla trama dei Verdini: permettevano di convincere i manager Anas che sarebbero stati promossi e in cambio questi assegnavano le gare ai loro protetti. “L’impianto è molto chiaro – si autogiudica persino Pileri – , io facevo certe cose… questa è corruzione in cambio di posti…”. Il sottosegretario Freni è laureato in legge ed avvocato: possibile che non se ne sia mai reso conto?
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da www.huffingtonpost.it
29 Dicembre 2023

Il caso Verdini diventa caso Salvini.

Le opposizioni lo chiamano in Aula,

il ministro si smarca

di Federica Olivo
Pd, M5S e Sinistra-Verdi chiedono un’informativa urgente sull’inchiesta sugli appalti Anas che vede Denis Verdini indagato e il figlio Tommaso ai domiciliari. Dalle carte emerge un presunto accordo con la Lega. Il Pd: “Coinvolti altri ministeri”. Il Ministero delle Infrastrutture precisa che i fatti si sono svolti durante il governo Draghi, “non ci facciamo dettare l’agenda dalle opposizioni”
La vicenda appalti Anas – che ha portato agli arresti domiciliari Tommaso Verdini, figlio dell’ex parlamentare Denis nonché “cognato” di Matteo Salvini – irrompe alla Camera nell’ultimo giorno di lavori del 2023. Tutte le opposizioni, tranne Azione e Italia Viva, hanno sollecitato chiarimenti da Salvini, in quanto ministro delle Infrastrutture, e a tutto il governo: “Chiediamo una informativa urgente del ministro Salvini per riferire sul sistema di consulenza e appalti pubblici banditi da Anas, indagini che hanno coinvolto Tommaso Verdini”, ha dichiarato Federico Cafiero De Raho, deputato del Movimento 5 stelle. Fonti del ministero di Salvini fanno però sapere che questa richiesta non avrà una risposta: “La vicenda riguarda il governo Draghi e non ci facciamo dettare l’agenda dalle opposizioni”, è l’indicazione che viene data.
In una evidente necessità di smarcarsi da una storia che – al momento solo potenzialmente – potrebbe causare qualche problema di opportunità, Salvini si chiama fuori. Lo fa appigliandosi al fatto che l’inchiesta è nata prima che lui arrivasse al Mit. Il lavoro della procura di Roma, infatti, è partito alla fine del 2021, a seguito di una denuncia presentata da un dirigente Anas. Tommaso Verdini è stato indagato a partire dal luglio 2022. Indagato anche il padre – e suocero di Salvini – Denis. L’imbarazzo che si respira dalle parti del Mit è dettato dalla questione familiare. Sulla questione giudiziaria il Salvini ministro può dormire sonni tranquilli.
Al di là delle ipotesi di reato c’è, però, la politica. Ed è difficile, sotto questo punto di vista, liquidare la questione appigliandosi al fatto temporale. Perché se la vicenda è confinata agli anni precedenti al 2023, nessuno potrà accusare Salvini di essere a capo di un ministero cui fa riferimento un’azienda che faceva favori al suocero e al cognato. Ma se il Mit, allo stato, si salva, non si può dire lo stesso per la Lega. Nell’ordinanza del Gip di Roma il partito di cui Salvini è menzionato. In particolare, uno degli indagati parla di un “accordo con la Lega” e vengono citati alcuni incontri con il sottosegretario all’Economia, il leghista Federico Freni. Il quale non è indagato e, interpellato da alcuni quotidiani, ha sostenuto che non gli sono mai state fatte richieste inopportune.
La vicenda, in estrema sintesi, pone al centro una presunta attività illecita la Inver, società di lobbying gestita da Verdini junior. L’azienda, è la tesi dell’accusa, ‘facilitava’ una serie di ditte nel partecipare e vincere appalti con l’Anas. Grazie all’accesso a dati riservati. Per l’accusa, un dirigente ed un funzionario di Anas avrebbero messo a disposizione delle aziende private documenti e informazioni riservate e avrebbero facilitato la conoscenza tra gli aspiranti appaltatori e i commissari di gara. Il tutto per garantire alle imprese lavori sulle gallerie, per un importo di 180 milioni. In cambio, gli arrestati avrebbero aiutato i dipendenti dell’Anas negli avanzamenti di carriera.
Non punta tanto alla vicenda giudiziaria, quanto alla trasparenza l’opposizione, con la dem Debora Serracchiani che non chiama in causa solo Salvini ma tutto il governo: “Sono coinvolti anche altri ministeri”, dice ad HuffPost poco dopo aver finito il suo intervento. “La vicenda giudiziaria farà il suo corso, ma nessuno del governo ha smentito quanto appare negli articoli. C’è la necessità di dare trasparenza”, ha dichiarato la responsabile Giustizia del Pd. Il riferimento è ai citati rapporti degli indagati con la Lega. Anche Angelo Bonelli di Verdi-Sinistra, come gruppo, ha chiesto “una informativa in Aula urgente di Salvini”. A smarcarsi dal resto dell’opposizione, ecco il super garantista Enrico Costa. Forte del primo via libera alla norma che vieterà la pubblicazione del testo delle ordinanze, attacca i suoi stessi colleghi dell’opposizione: “Non possiamo portare avanti lo schema delle informative a gettone, a gettone della stampa quotidiana. Non si interessa il Parlamento all’inizio di un inchiesta”. A Bonelli, poi, manda a dire: “Dice che non gli interessa la questione giudiziaria, ma ogni settimana presenta un esposto”. Parole che non sono state digerite da altri colleghi dell’opposizione, che gli hanno indirizzato diversi “buuuh”. Era partita con un fronte comune contro Salvini, è finita con un litigio interno alle opposizioni. L’anno si conclude come era iniziato.

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