Biotestamento, la legge dimenticata: l’hanno scritto solo 4 italiani su mille

da La Repubblica
29 gennaio 2023

Biotestamento, la legge dimenticata:

l’hanno scritto solo 4 italiani su mille

di Maria Novella De Luca
La legge compie 5 anni e l’Associazione Coscioni fa appello a Schillaci: “Informare i cittadini per attuarla davvero”
La legge è in vigore da cinque anni ma nessuno la conosce. Eppure riguarda tre elementi chiavi della vita umana: il dolore, la malattia, la morte. Riguarda tutti, nessuno escluso. Invece soltanto un’infinitesimale parte degli italiani, 185.500, hanno scritto e depositato in questi cinque anni il proprio testamento biologico. Ossia le “Dat”, le dichiarazioni anticipate di trattamento, quelle volontà che dopo una lunghissima battaglia in Parlamento, ci permettono oggi di chiedere come liberamente vogliamo essere accompagnati alla morte. Scegliere, quando si è lucidi e sani, l’interruzione delle cure, comprese la nutrizione e l’idratazione, per accelerare l’addio e smettere di soffrire, o, al contrario, chiedere che mai, fino all’ultimo respiro, i trattamenti anche salvavita vengano interrotti. Senza questo documento potrebbe accadere che si verifichino casi di accanimento terapeutico o comunque di scelte fatte dai medici e non dai pazienti, in condizioni ormai di incapacità di esprimere il proprio volere.
Approvata nel 2017, entrata in vigore il 31 gennaio del 2018, la legge numero 2019 nasce dalla tragedia di Eluana Englaro, dalla infinita battaglia di suo padre Beppino perché l’Italia riconoscesse alla sua unica figlia, in coma da 17 anni dopo un incidente stradale, il diritto a morire legalmente, mettendo fine ad atroci sofferenze, grazie alla “desistenza dalle cure”. Una lotta titanica quella di Beppino, perché Eluana non aveva lasciato nulla di scritto, ma la sua volontà era chiara a molti.
Era il 2009. In nome di quella vittoria, otto anni dopo la legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento, ha visto la luce. A spezzare il silenzio sulle sorti di questo diritto misconosciuto è oggi l’Associazione Luca Coscioni. Marco Cappato e Filomena Gallo, tesoriere e segretaria dell’associazione, a cinque anni dal varo della legge, lanciano un appello al ministro della Salute Orazio Schillaci, denunciando “la disinformazione sul testamento biologico sul quale non è mai stata realizzata una campagna istituzionale”. Citando quanto era scritto nella legge stessa: “Entro sessanta giorni il ministero della Salute, le regioni e le aziende sanitarie provvedono ad informare sulla possibilità di redigere le Dat, anche attraverso i rispettivi siti internet”.
Invece la risposta è stata il silenzio. Tanto che da un’indagine fatta nei mesi scorsi da Matteo Mainardi e Alessandro De Luca per l’Associazione Coscioni emerge che soltanto lo 0,4% degli italiani maggiorenni, su un campione di 4158 comuni (su 6500) per i quali i ricercatori hanno ottenuto l’accesso agli atti, ha scritto il proprio testamento biologico. Documento che dopo essere stato depositato da un notaio o negli uffici competenti dei comuni deve però essere inviato alla banca dati delle Dat, istituita al ministero della Salute. E qui il percorso, già accidentato, si complica ancora di più. Perché dei 185.500 biotestamenti depositati, soltanto 145,062 sono stati poi inviati alla banca centrale, dunque non a disposizione, eventualmente, di un ospedale che ne avesse bisogno per un paziente. Tre le città dove sono state depositate il maggior numero di Dat: Milano (14.209), Torino (10.357), Roma (9.235).
Per colmare questo vuoto informativo l’Associazione Coscioni lancerà da domani, 30 gennaio, al 3 febbraio, una settimana di sensibilizzazione sul testamento biologico, tramite il “Numero bianco” (06 99313409) dove già oggi un gruppo di volontari risponde a quesiti su fine vita, cure palliative, suicidio assistito, con il coordinamento di Valeria Imbrogno che fu la compagna di Dj Fabo. Con la novità che anche una équipe di medici, tra i quali Mario Riccio, che aiutò Welby a morire, risponderanno a tutte le domande dei cittadini sulle Dat.
“Ci sostituiamo ancora una volta allo Stato, coi mezzi a nostra disposizione, nel realizzare una campagna di informazione su uno strumento di libertà fondamentale, ma finora tenuto nascosto dal Ministero della Salute dei governi che si sono succeduti in questi 5 anni. Abbiamo chiesto ufficialmente un incontro all’attuale Ministro della Salute, Orazio Schillaci, per parlare di libertà fondamentali e diritto alla salute,” dichiarano Filomena Gallo e Marco Cappato.

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