L’EDITORIALE
di don Giorgio
Essere mistico è un dovere
in una società che è una betoniera
Qualcuno pensa che ad “essere” mistico (non dico “a fare il mistico”) sia una cosa difficile e troppo impegnativa, roba da privilegiati, o, secondo altri, sia una certa moda del tipo orientaleggiante, anche comoda, visto che certi cocktail o miscele o miscugli o brodaglie di spiritualismi esoterici danno una certa ebbrezza anche drogante.
Dico solo che l’essere è per natura mistico, se intendiamo parlare del nostro mondo interiore.
Dunque, non è questione di facilità o di cosa ardua, ma di essere semplicemente ciò che si è. L’essere è tanto semplice quanto allergico ad ogni miscuglio.
Non esiste la mistica cristiana o indiana o cinese o ebraica o islamica. Mistica è semplicemente mistica: l’essere non è caratteristica di una civiltà o di una religione o di una cultura. Non parlo di razza, perché esiste una sola razza, che è quella umana.
Essere mistico è la cosa più naturale, più semplice, anche se impegna tutto il proprio essere in un continuo distacco da ogni struttura o da ogni superfluo di carnalità che soffoca il mondo dello spirito e dello Spirito.
La cosa impressionante dell’uomo moderno è la carnalità che si fa idolo, assumendo volti diversi, tra cui quello più ipocrita (mascherato) di chi fa il buonista sentimentaloide (va bene tutto, anche vendersi per salvarsi la pelle!), o il patriottista razzista (amore delle frontiere che sono il simbolo delle schiavitù interiori) o il menefreghista ricoperto da una corazza onde difendersi meglio da ogni eccessiva emozione umanitaria, o il volontario per mascherare una cattiveria che esplode appena si entra in casa, o qualsiasi altra caricatura o controfigura di un Ego malefico.
Non c’è che una via di salvezza: togliersi le varie maschere di carnalità, ed entrare nel proprio essere interiore, dove la Mistica ci denuda di ogni falsità esteriore.
Dunque, non faccio il mistico per hobby, o per una scelta che va di moda oggi, cambiando il vestito o qualche consuetudine di pelle (via una se ne indossa un’altra, ancora peggiore!).
Sono mistico perché è nella mia natura scoprire chi sono.
È chiaro che, se sono un alieno, ovvero estraneo al mio essere interiore, allora tutto si fa difficile, e ci si giustifica dicendo che la mistica è roba di gente che non ha nulla da fare.
E così ci si omologa all’andazzo comune, e ci si fa trascinare dalla corrente “carnale”, che ci porta in quel tritatutto da dove escono brandelli di carne pronti per essere consumati da altri alieni già pronti a venire in questo povero mondo, partoriti da alieni, che si accoppiano solo carnalmente.
Forse la Natura ha una maggiore dignità mistica, per questo è sempre fiorente e rigogliosa di vita.
30 maggio 2020
In effetti, un utilizzo neppure spinto di ragione e logica, ci porterebbe a considerare addirittura propedeutica la via mistica.
Sono d’accordo con l’editoriale; devo dire che questo linguaggio scuote l’anima. E l’uso della voce, come nella parte finale del video “tra il faceto e il serio” mi ha preso ancora di più. Grazie, don Giorgio!
“Sono mistico perchè è nella mia natura scoprire chi sono”.
Ho voluto citare questa espressione perchè mi sembra riassuma perfettamente la vita di un cristiano. Qui non è un discorso di potere, di lavoro, di piacere. C’è in ballo l’esistenza e mi sento di dire un’esistenza felice.
Capire chi sono, qual’è il mio carisma. Scoprirlo per metterlo a servizio di tutti. Perchè, nella diversità, ciascuno possa godere di questo mio dono e attingerne.
Credo che in questo pensiero si possa riassumere la società che tutti desidereremmo.
Forse sono estremo, chi carnalmente punto al potere, al protagonismo, al successo personale certamente la detesterebbe.
Il tuo essere mistico è un dono, “ad alcuni è dato il dono della profezia, della predicazione,….” è tuo dovere farlo emergere e metterlo a disposizione di tutti.
Io ne attingo sempre volentieri e mi sento di poter dire che mi aiuta a vivere una vita interiore più profonda, più sana.
Non ho nessun interessa, non conosco don Giorgio e scrivo in assoluta libertà ma sogno una società capace di ricercare il proprio talento e di metterlo a servizio di tutti.
E’ un cammino difficile, tortuoso, spesso banalizzato ma è soprattutto un bellissimo percorso di scoperta personale.
Aiutando in parrocchia ho fatto tantissime cose; alcune bene, alcune meno. Alla fine mi son sempre chiesto quale fosse il mio talento.
Oggi son fuori da tutto ma ho tempo per pregare con amici rimasti soli, rivolgere qualche parola, condividere un pò di tempo.
Non faccio miracoli, ma offro un talento che ho scoperto. Il sapere ascoltare, incoraggiare, sostenere. E vedo che molti si sentono edificati.
Penso a quante persone, per puro protagonismo, si offrono per servizi che non gli competono. Mostrando presunzione, egoismo e facendo il male della chiesa.
Tutto parte da questa scoperta. E credo che nessuno debba lamentarsi di ciò che gli è stato riservato: fosse anche il talento di saper vendere le caramelle. Ecco il solo essere arrivati a scoprirlo, testimonia un percorso e un cammino verso Dio.
Don Giorgio mi perdoni la sfacciataggine: alimenti sempre questa fiamma e non si faccia mai chiudere la bocca da nessuno. I frutti testimonieranno il bene del suo operato.
Condivido. L’editoriale è molto preciso e offre coordinate non ambigue.
Credo che il messaggio di fondo sia quello di superare maschere, finzioni, buonismi e carrierismi per scoprire la propria essenza, il proprio carisma e trovare il coraggio di perseguirlo.
Non è solo complesso ricercare o avvicinarsi alla verità; è estremo trovare il coraggio per sostenerla.
Mi rendo conto quanto è più comodo, semplice e di successo vivere una vita banale. Ripetendo le parole di tutti, accontentandosi dei concetti scontati del mondo. Scimmiottando comportamenti e abitudini di grandi santi o di comunità del passato.
Si può benissimo vivere così e sentirsi a posto.
Si può benissimo vivere ingoiando ogni cosa senza porsi mai una domanda; rispondendo con le definizioni del catechismo; sfoggiando memoria e forse cultura ma non interrogandosi mai nell’intimo.
Si può vivere tutto superficialmente.
Ma non si trova la felicità vera!
Si è felici per la finta stima degli altri, per il protagonismo in parrocchia, perchè il proprio nome è sulla bocca di tutti. Si vivono sprazzi di felicità ma non è la gioia vera.
Non si sente quel fuoco, quella spinta, quel bisogno implacabile di esprimere ciò che proviene da dentro.
“Non abbiamo potuto tacere”.
Quante volte mi son detto “Simone stai zitto, non è affar tuo! Cosa ci guadagni? Poi ci soffri, ti tiri addosso le ire di tutti!”. Quante volte ho pregato “di fregarmene delle cose, di vivere felice nella scatola della mia casa passando il tempo a rimbambire davanti alla tv”.
Ci son riuscito? Son riuscito a tenere la bocca chiusa? A pensare ai miei interessi? A fregarmene delle tante ingiustizie che vedo ogni giorno?
Non sono felice, non ho ancora capito il mio carisma o forse sto semplicemente continuando a nasconderlo. Probabilmente non voglio accettarlo.
Vorrei cose diverse ma non mi sento di tradire quello che sento dentro di me.
Neanche se mi riempi la bocca di soldi starò muto davanti ad un’ingiustizia, chiunque sia chi l’ha compiuta.
Stronzi quelli che coprono gli errori in virtù dell’amicizia.
Ipocriti quelli che credono di fare il bene sotterrando la giustizia.
Mestieranti…gente capace di sgusciare nella mondanità del mondo di oggi.
Non hanno niente a che vedere con Dio.
“Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d’iniquità!”