Nicola Gratteri: «Se sai che un bar è gestito da ‘ndranghetisti non vai lì a bere lo spritz, i ragazzi prendano posizione. La Lombardia attrae le mafie»

da Il Corriere della Sera
25 maggio 2025

Nicola Gratteri:

«Se sai che un bar è gestito da ‘ndranghetisti

non vai lì a bere lo spritz,

i ragazzi prendano posizione.

La Lombardia attrae le mafie»

di Matteo Castagnoli
Il procuratore capo antimafia di Napoli: «Le mafie sono interconnesse da sempre. L’inchiesta ultrà? Contento si sia indagato, i legami tra criminalità e sport sono antichi. La prima regola per i giovani è studiare»
«La Procura antimafia di Milano ha fatto bene a lanciare l’allarme, perché ci troviamo con lo stesso numero di forze dell’ordine e di magistrati ad affrontare il controllo di grandi appalti. Così la capacità di prevenire è veramente difficile».
La riflessione di Nicola Gratteri, procuratore di Napoli, riprende la sferzata lanciata tre anni fa dal magistrato della Direzione distrettuale antimafia (Dda) Alessandra Dolci, che aveva parlato del rischio di infiltrazioni mafiose nei cantieri olimpici. «Una parte di interventi delle Olimpiadi ha committenti privati e a questi non possiamo imporre di dare la documentazione antimafia», aveva spiegato in consiglio comunale la pm Dolci. In sostanza, per le opere dei Giochi affidate a committenti privati si è scelto di non replicare il «modello Expo» che prevedeva controlli approfonditi insieme alla procura. Oggi invece è stato centralizzato e affidato a gruppi interforze, ma non trattandosi di appalti pubblici ci si è affidati soprattutto a protocolli con le aziende.
Gratteri ieri pomeriggio ha chiuso la terza edizione del Festival dell’antimafia, la due giorni organizzata all’Anteo da Wikimafia. Dal palco, intervistato dal presidente dell’associazione Pierpaolo Farina, il procuratore di Napoli ha parlato anche delle ultime riforme della giustizia («Qual era l’esigenza della ghigliottina dei 45 giorni?», il limite ora per le intercettazioni) e della difficoltà per i giornalisti di acquisire notizie sui fatti di cronaca. Infine, si è rivolto anche ai giovani: «La prima cosa è studiare tanto. E non per prendere la sufficienza, ma per essere un’eccellenza. Per essere bravi professionisti e cittadini. I giovani poi devono prendere posizione, devono fare scelte consapevoli. Se per esempio si sa che un locale è gestito da ’ndranghetisti, va evitato. Non si va a bere lì lo spritz».
Procuratore Gratteri, nel suo ultimo libro insieme ad Antonio Nicaso, «Una cosa sola», analizza i legami nascosti e sempre più stretti tra criminalità organizzata, politica, mercati finanziari e imprenditoria. Come stanno cambiando le mafie?
«Sono sempre meno violente, ma sempre interconnesse: interagiscono via via di più e usano la tecnologia che anche noi conosciamo. Si sono molto addentrate fino a lavorare nel dark web, trovando tutto ciò che lì c’è di illecito: dai dati di una clinica privata ai duemila chili di cocaina».
Milano e la Lombardia, i centri della ricchezza economica e finanziaria italiana, brillano agli occhi delle organizzazioni criminali. Anche qui come sta mutando il loro comportamento?
«La criminalità organizzata, come abbiamo sempre detto, è nei posti in cui c’è ricchezza e quindi dove la si può mimetizzare al meglio. E dov’è più facile riciclare. ’Ndrangheta, cosa nostra, camorra e mafia albanese sono attratte dalla Lombardia. Qui è un crocevia di gente che viene a comprare alberghi, ristoranti e pizzerie che servono anche come basi logistiche. Inoltre, intorno a Milano ci sono tante attività imprenditoriali e commerciali, o del mondo della grande distribuzione, dove troviamo le mafie».
Nell’aula bunker del carcere di Opera è iniziato il maxi processo «Hydra», istruito due anni fa dalla Dda di Milano a carico di 143 appartenenti non tanto a una nuova «Supermafia» tra cosa nostra-’ndrangheta-camorra, ma a un’associazione mafiosa orizzontale dove i singoli avrebbero «trasferito nel sodalizio tutti i tratti genetici delle associazioni».
«In generale possiamo dire che le mafie sono interconnesse da sempre. Nel passato, hanno fatto e continuano a fare affari tra loro, nonostante le differenze territoriali e anche se hanno riti, estrazione o regole diverse».
Venerdì i pm hanno chiesto 16 condanne nel processo con rito abbreviato per gli ultrà di Inter e Milan. In tutto, 104 anni di carcere e oltre un milione di euro di risarcimenti. Anche lo sport può diventare un business per la criminalità organizzata.
«Sono contento di quest’indagine della Procura di Milano anche perché il rapporto mafia-sport è antico».
In che senso?
«Già dalla metà degli anni 60 vedevamo come i capimafia fossero interessati a comprare squadre di calcio o ad esserne sponsor, non per guadagnare ma per avere visibilità e interazioni con il potere economico e politico».
Lei è stato uno dei primi anni fa a sollevare il tema.
«Ricordo che quando ero procuratore di Catanzaro avevamo mandato delle intercettazioni ambientali alla Procura di Milano. Si trattava di un’indagine dalla provincia di Vibo Valentia. E già da lì emergeva come la ’ndrangheta controllasse la distribuzione delle bibite, dei panini all’interno dello stadio e fuori attraverso i parcheggi. Già si capiva che l’organizzazione criminale era a San Siro».

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