di don Giorgio De Capitani
Qualcuno dice che è quasi un appuntamento settimanale quello di mettere sul sito ogni domenica un mio intervento sullo stato di salute della diocesi milanese.
Sì, “quasi”: talora mi trattengo per evitare di far apparire che si tratti di una mia fissa, quando in realtà la fissazione sta tutta in un vescovo che proprio non cambia, ma persiste nel suo procedere verso il nulla, da intendere in senso pastorale.
Sì, vescovo Mario, chieda un anno sabbatico: di riposo, di silenzio, di nascondimento, di inattività pastorale, e lasci che la diocesi proceda da sola. Forse che finora non è stata lasciata sola: comunità allo sbando, preti abbandonati, ecc. ecc.?
Poi, dopo un anno, Lei deciderà, nella speranza che lo Spirito santo Le suggerisca la cosa più giusta: restare o lasciare.
Certo, per ascoltare lo Spirito, occorre essere umili, ma non sembra, anche per sentito dire, che Lei ascolti volentieri i collaboratori con la testa sulle spalle.
Ho sentito, forse non è vero, che in certi casi Lei personalmente nomina come parroci di comunità alcuni preti entrati nella sua manica, anche quando i suoi collaboratori non fossero d’accordo. È così? Ciò sarebbe veramente grave…
Mi chiedo: i Suoi più stretti collaboratori, parlo dei sette Vicari episcopali di Zona, che ci stanno a fare? E ci sono preti che la stanno contestando, magari sottovoce, o solo mugugnando… Lei sa ascoltare anche la voce dei dissidenti?
Ho letto l’ultima intervista apparsa sul Corriere della Sera, in occasione del Suo compleanno. Nulla di strano, tutto scontato in una diocesi del tutto strana, nelle mani di un pastore normalmente fuori di quel sé interiore, dove, se Lei rientrasse, scoprirebbe magari la via giusta per fare il buon pastore, inteso in senso evangelico.
Se tutti riflettessimo seriamente sul senso da dare a quel “buon” pastore, cambiando pure l’immagine del gregge. “Buono” richiama il Bene Assoluto, da cui tutto emana, anche il fare pastorale di gerarchi che invece intendono il bene a modo loro, come un prezzemolo da mettere in ogni minestra.
Quando penso al Bene Assoluto mi esalto, e nello stesso tempo faccio un serio esame di coscienza: “assoluto” in latino vuol dire “sciolto da…”, ovvero libero da ogni condizionamento esteriore, quindi anche dalla voglia frenetica del fare e strafare, del portare il proprio corpo qui o là…
Solo gli spiriti sono liberi, e, se siamo continuamente agganciati al fare o strafare, non siamo liberi, ma condizionati da una pastorale solo carnale, senza lo spirito.
Anche perché Lei, vescovo Mario, si è stancato troppo per il suo ininterrotto girovagare, si conceda un anno di riposo anche fisico.
E sappiamo che il troppo fare e strafare incide sull’intelletto, va a danneggiare il mondo interiore, che si svuota di spirito: ha ragione Etty Hillesum quando diceva che tocca a noi “disseppellire” Dio, ovvero lo Spirito divino, e anche il nostro mondo interiore.
Se Lei è tanto umile come dicono, non si dovrebbe offendere, se Le dico che dovrebbe concedersi un anno sabbatico. Siccome ha compiuto 72 anni, perché non si concede tre anni di riposo, così che poi, a 75 anni, è costretto a dare le dimissioni?
Non si preoccupi se la Diocesi resterà vacante per 3 anni. In realtà, è dal 2011 che la Diocesi milanese è vacante in tutti i sensi.
Ho scritto tante (troppe) volte contro questo vescovo che mi sono sinceramente stufato. Però vorrei specificare il perché di tanta delusione. Sì sono deluso da questo vescovo e da questa chiesa perché a me, non riesce più a mostrare Dio. Nei riti, nella predicazione non riesco più a incontrare Dio. Tante parole dotte, ricercate ma prive di quella spinta, di quello Spirito capace di rendere presente Dio. Quando seduto sul pavimento del Duomo, ascoltavo da giovane, le parole del card. Martini uscivo che mi sembrava di volare. Parole ricercate, complesse ma anche immediate. Sentivi la presenza di Dio in quella predicazione. Mi sarò inaridito o forse rimbecillito ma le parole del Vescovo Mario non mi elevano. Lo stesso capita spessissimo nelle celebrazioni che vivo ogni Domenica. Belle parole ma prive di quella spinta… Ultimamente, col caldo, mi capita pure di uscire a metà Messa vuoto, annoiato. Una domenica, storia vera questa, uscendo dopo l’omelia son stato avvicinato da un ragazzo di colore che chiede l’elemosina al termine delle celebrazioni. Da tre anni in Italia, sbarcato a Lampedusa. Con un permesso di soggiorno rinnovato ogni 3 mesi, un figlio di 3 anni, senza un lavoro. 350€ al mese di affitto per un locale. La Messa delle 9 aveva fruttato 3€. Portafoglio vuoto. Un ragazzo tutto ossa. Mi ha detto con un coraggio incomprensibile che lui spera di trovare un lavoro, di avere un permesso di soggiorno stabile. Mi ha detto che lui tira avanti grazie a Dio. Me lo ha detto con una potenza mai sentita. Insomma per mezzo di lui ho incontrato, ascoltato e accarezzato Dio. E questo incontro mi ha fatto riflettere…forse oggi Dio preferisce mostrarsi nel volto di un povero che in quello di una chiesa in formato azienda multinazionale. Parole dette con molto dolore da chi ha servito e ama la chiesa.