Obbedisco alla mia coscienza!

 

In data 11 agosto ho inviato tramite e-mail al Vicario Episcopale, monsignor Mario Delpini, la seguente lettera.

 

A Sua Ecc.za mons. Mario Delpini
Vicario Generale della Diocesi di Milano/1

A questo punto mi chiedo a che cosa possa servire un altro colloquio, dal momento che Lei continua a sostenere che ormai tutto è già deciso. Dovrei di nuovo sentirmelo ripetere? Non sono un masochista. Ho la nausea delle mezze verità – uso un eufemismo –  che Lei e don Rolla state dicendo anche alla comunità di Monte.
Per le mie più che decennali esperienze precedenti conosco ormai i sottintesi della gerarchia ecclesiastica, ma la gente ne resta ancora oggi scandalizzata. E ciò mi irrita, perché anch’io ne rimango coinvolto per averla educata alla schiettezza. 
La storia che noi tre preti della Valletta non andiamo d’accordo non è altro che un pretesto, solo un pretesto per togliermi la comunità di Monte.
Voi sapete benissimo che i contrasti sono vecchi e che potevano essere risolti con puntuali interventi dei vicari, da me più volte sollecitati, ma che non sono mai avvenuti con quella efficacia che, al di fuori di una qualche considerazione imposta dall’esigenza del momento, avrebbe potuto risolvere per tempo la situazione, senza dover arrivare poi all’estremo. So di mettere il dito nella piaga: i Vicari episcopali dicono mezze verità o semplicemente fanno credere di aver compiuto il loro dovere, ma di fatto hanno raccolto poco perché hanno seminato male.
Voi sapete benissimo che i contrasti non sono dovuti al carattere di noi preti o chissà a quale altro motivo di incompatibilità, ma ad una opposta impostazione di fede e perciò di pastorale. Qui sta il punto. Non si tratta di litigi tra due o tre preti perché non si capiscono o perché sono gelosi della propria parrocchia, ma si tratta di contrasti di vedute pastorali che sono inconciliabili.
Tutti quanti abbiamo capito che voi, rimovendomi da Monte con la scusa di palesi e insopportabili contrasti tra noi preti, parteggiate per l’impostazione pastorale di don Roberto e di Luca, che (non intendo offendere le persone in questione) è semplicemente anti-conciliare e anti-francescana.
E così, con il pretesto di litigi clericali, che secondo voi meriterebbero la scomunica, una scomunica che guarda caso cade anzitutto su di me, vorreste far tacere l’altra Chiesa, quella del Cristo radicale. Ma questo non volete riconoscerlo apertamente e vi nascondete dietro a una vicenda di beghe tra preti. Questo è inaccettabile.
Nei giorni scorsi siete stati messi sotto pressione con la solita domanda: perché don Giorgio viene rimosso da Monte? Questione di età? Non sta in piedi! Questione di contrasti tra preti? Solo un pretesto! E allora?
Allora non rimane che una questione diciamo politica. È arrivato il momento “opportuno” (approfittando della raggiunta età pensionabile e delle beghe tra preti) di togliermi ogni responsabilità pastorale e di offrirmi come elemosina una Messa festiva da celebrare in un paese vicino. Se non altro non avete ancora chiusa del tutto la porta: uno spiraglio di bontà vostra! Chissà fino a quando durerà?
Dunque, la verità sarebbe un’altra. Una verità che sembra duplice ma che in realtà è una sola: la mia visuale di fede e perciò pastorale non rientrerebbe negli schemi di una diocesi che da due anni è governata da un pastore che sta bloccando in tutti i sensi una tradizione ambrosiana ultimamente segnata da una lungimiranza che porta il nome di Carlo Maria Martini. Potrei citare anche Montini, Tettamanzi.
L’attuale cardinale Angelo Scola vuole imporre un suo passo cadenzato da uno schema di fede che non dà speranza di libertà e tanto meno di apertura all’Umanità.
Sì, l’ho contestato appena ho sentito la sua nomina sulla cattedra di Sant’Ambrogio. Non ho anzitutto accettato il criterio e i motivi politici della sua nomina. Non sto qui a elencarli. Li conoscete benissimo. E non ho accettato che si nominasse uno che ha aderito, anima e corpo, al Movimento ciellino. Nessuno riuscirà mai a convincermi che ora, in qualità di vescovo milanese, si sia di colpo spogliato della veste ciellina. Sono invece convinto che l’appartenenza per anni ad un Movimento ecclesiale produca, senza volerlo, una tale “deformazione religiosa” che per nessuna grazia di Dio si potrà mai togliere.
In questi due anni di governatorato di Scola non mi sono affatto ricreduto, anzi ogni giorno che passa è una conferma delle mie iniziali riserve e dure accuse. La Diocesi milanese ha perso la strada segnata da Sant’Ambrogio. Non la riconosco più.
Nei giorni scorsi, qualche prete, che è venuto a conoscenza del mio caso, mi ha telefonato ed è poi venuto  a trovarmi, dicendo peste e corna contro Angelo Scola. Ciò mi ha scioccato, anche perché, non uscendo mai dal mio piccolo paese, non posso sentire gli umori e i malumori dei preti milanesi. Uno mi ha detto: “Prima si viveva nella paura, oggi si vive nel terrore!”. Fino a questo punto si è arrivati? Ma che cosa sta facendo Angelo Scola? Avrebbe anche il diritto di imporre la sua linea, ma a quale prezzo? Quel prete mi ha anche detto: “Ci sono preti milanesi che si fanno ciellini per entrare nelle grazie di Scola”. È vero oppure è una fandonia?  E ancora: “Scola sta ristrutturando la Curia e i Seminari nominando preti ciellini”. Anche questo è vero o sono calunnie?
Alla mia domanda: “Scusami, perché nessuno parla? Perché i preti maltrattati stanno zitti?”. Risposta: “Hanno paura!”. “Perché ti rivolgi a me?”. “Perché tu hai il coraggio di dire apertamente le cose e da anni stai lottando contro il regime milanese. Ti appoggiamo a modo nostro”.
Eccellenza, dove stiamo andando? E voi, che siete i più stretti collaboratori di Scola, non vedete queste cose? Perché tacete? Perché collaborate?
Nella mia lunga esperienza pastorale ne ho conosciuti di Vicari. La mia impressione è stata differente: ho incontrato Vicari non all’altezza del Vescovo, che quasi quasi cercavano di farlo rientrare nei ranghi canonici. E ho incontrato Vicari che si sentivano come tra l’incudine e il martello: pensavano in un modo ed erano costretti, per il loro ruolo, ad agire nel modo opposto. Ultimamente ho l’impressione che i Vicari siano del tutto succubi al regime: pensano e agiscono secondo il capo. Non vado oltre.
Eccellenza, prenda pura una pausa. Quando si è ripreso, La invito a continuare a leggermi.
Non caspico l’atteggiamento di Scola nei riguardi dei suoi preti più dissidenti. Perché tiene con loro un duro silenzio? Perché non li chiama? Perché rifiuta il dialogo? Lei, scusi la franchezza, ha detto alle mamme della mia comunità che sono stato ripreso da Tettamanzi ecc. È vero: sono stato ripreso anzitutto dal cardinal Giovanni Colombo, poi con Martini è stato un altro rapporto (schietto, confidente, addirittura paterno a tal punto da mettermi sotto la sua personale protezione), infine con Tettamanzi ho avuto tre colloqui molto cordiali. Lei ha visto i miei rapporti con i cardinali precedenti al negativo, io li ho considerati al positivo. Preferisco un rimprovero o un chiarimento schietto piuttosto che il silenzio. Scola tiene le distanze. E ciò non è da un vescovo che si dice buon pastore. Andrei oltre. Un vescovo dovrebbe, come del resto ha fatto Martini, ricuperare i suoi preti più ribelli, o quei preti che, per mille ragioni, hanno avuto problemi con la struttura della Chiesa. Così dovrebbe fare anche Papa Francesco: riunire in vaticano o in un’altra sede più opportuna tutti i preti dissidenti del mondo, e ascoltarli. Nel piccolo, non fanno così anche i genitori nei riguardi dei loro figli più “difficili”?
Ho cercato di fare così anch’io nella mia piccola comunità. Ho cercato di ascoltare le voci più dissidenti, in vista del meglio. Sì, in vista del meglio, perché il meglio non è prerogativa di nessuno in particolare, ma della creatività profetica di ciascuno che ama il bene comune, che penso sia anche lo scopo che si prefigge la vera Chiesa di Cristo.
Nessuno dovrebbe dire: questo è il mio piano, chi desidera collaborare sia faccia avanti. Oppure, ancor peggio, scegliersi i collaboratori in vista del “proprio” piano. Qual è il piano di Dio? Questa è la vera domanda. Ed io credo in un Dio che ci spiazza sempre, proprio perché il suo disegno sul mondo è così imprevedibile che nessuno deve ritenersi così bravo da possederne i segreti. La Chiesa-struttura è sempre caduta in questo difetto: di credersi depositaria assoluta della verità. A parole parliamo dello Spirito santo come libertà, in realtà lo invochiamo perché ci aiuti a portare avanti i nostri piani.
Questo è un discorso che mi appassiona. Questo vorrei far capire: che la Chiesa non può rinchiudersi in una religione che chiude finestre e porte all’Umanità. Non lo dico io: il cristianesimo di Cristo non è una religione. Ma la gerarchia ne ha fatto una religione! La Chiesa, lungo i secoli, non ha fatto che riprendersi per buono ciò che Cristo aveva duramente contestato della religione ebraica, ed è arrivata a superare la religione ebraica facendo del cristianesimo un orrore tale di mostruosità tanto da chiederci: Cristo cosa sarebbe venuto a fare sulla terra? E non è che tutto ciò sia cosa del passato, quasi da dimenticare, come una tempesta improvvisa e imprevista, o un incidente capitato per puro caso. Pur con le dovute differenze, ancora oggi la Chiesa non è uscita dalla prigione della religione. Non ha fatto ancora il grande salto per andare verso l’Umanità. È l’Umanità il nostro vero scopo, la Chiesa è solo un mezzo.
E allora, rimanendo nel mio caso, come si può essere così ciechi da non vedere che una pur piccola comunità qual è quella di Monte potrebbe essere un segno di una Chiesa diversa, diciamo non in linea perfetta con la Chiesa istituzionale: un segno ancora da leggere attentamente o da interpretare, ma come possibile alternativa senza per questo ritenersi superiore alle altre comunità?
Come si può spegnere di colpo una comunità che ha fatto un certo percorso di fede, dopo anche dure prove e incomprensioni, tra fatiche e difficoltà, ma che alla fine sta raccogliendo qualche frutto, e lo si può vedere dalla frequenza alle Messe, dalla tenace opposizione della comunità locale e non solo locale alla mia partenza? Chiariamo: più che la persona, la comunità di Monte teme di perdere se stessa, la sua identità cristiana, il percorso già fatto verso un’apertura universale, teme di trovarsi di colpo senza fiato, senza ossigeno, senza motivazioni ulteriori. Monte sa benissimo che è iniziato un cammino, e che il percorso è ancora lungo. Sa benissimo che la fede non è un traguardo ormai raggiunto, sa benissimo che la verità è infinita. Ma la sete va tenuta sempre attiva, non può reggere senza che qualcuno la tenga accesa.
Diamine, come si può con un freddo decreto rimettere tutto in ordine in nome di una Comunità pastorale che già di per sé manifesta mille crepe? Non è possibile accettare qualche eccezione? Avete paura che le eccezioni diventino la regola? Certo, questo sarebbe il mio sogno: che la Chiesa di papa Francesco diventasse la regola! Gli ostacoli li vediamo, a iniziare dalla Diocesi milanese dove lo spirito di sant’Ambrogio sembra si sia assopito, sedato da un pastore che non ama distese di terre sconfinate.
Qui la Comunità non vuole saperne di rientrare, e neppure io sono disposto a essere umiliato a tal punto da sentirmi un rottame. Anziano sì, ma ancora (almeno finora) capace di attivare il mio cervello, il mio cuore e i miei sogni, nella speranza che anche rompendo con gli schemi qualche fessura potrebbe aprirsi, a iniziare dalla mia diocesi.
Saluti
don Giorgio De Capitani

 

In data 19 agosto ho inviata un’altra lettera.

A monsignor Mario Delpini
Vicario Generale della Diocesi di Milano/2

Anche se non ritengo proficuo un ulteriore incontro, dal momento che, se ho capito bene, sarebbe solo quasi un patteggiare su eventuali sconti di pena, vorrei tuttavia insistere nell’esporre, senza stancarmi, ciò che penso di questa vostra incomprensibile e inaccettabile presa di posizione nei miei riguardi, rimovendomi da Monte senza alcuna giustificazione se non quella di una ormai troppo palese insopportabilità litigiosa tra noi preti della Valletta. Più ci penso e ripenso, più rimango esterrefatto.
D’ora in avanti dirò ciò che penso senza troppi giri di parole, anche perché sarebbe insopportabile, in coscienza, tacere in devota o dovuta obbedienza di fronte a una tale vostra ipocrisia, a meno che tutti quanti voi, dal cardinale giù giù ai vicari episcopali e loro gregari, non abbiate sante fette di salame sugli occhi, il che confermerebbe la mia idea sulla differenza che c’è tra la cultura, intesa come infarinatura dottrinale, e l’intelligenza, intesa nel suo senso etimologico di chi vede, legge o conosce in profondità, al di là della scorza strutturale.
E non credo, neppure minimamente, che siate del tutto in cattiva fede. Ci mancherebbe altro!  Ma un proverbio dice che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
Mi sto chiedendo, e me lo chiedo da tempo, il motivo per cui non riuscite a liberarvi da schemi secondo cui da privilegiare debbano essere l’ordine e la struttura. Che cos’è l’ordine? Che cos’è la struttura? Una confezione? Un vestito? Un’armatura? Di che cosa? Sarebbe anche qui il caso di dire: sotto il vestito niente? Ciò mi fa paura. Tremendamente paura. E pensare che Cristo per definire lo Spirito ha parlato di vento: in ebraico “spirito” viene tradotto con la parola “rùah”, ed è un nome di genere femminile. Lo Spirito mi farebbe quindi pensare alla bellezza creativa del mondo femminile, dalla maternità alla tenerezza, in una parola al genio femminile.
L’impressione è forte, per me è certezza: la diocesi di Milano è ancora strutturata sul maschilismo più tenace, attutito solo da una specie di paternalismo, che è ancora ben lontano dal volto materno di Dio. Dire paternalismo è solo un eufemismo per dire maschilismo camuffato.
Il maschilismo si serve del potere che, anche qui in modo eufemistico, viene presentato come autorità, imposta come volere disceso direttamente da Dio che nell’antichità investiva i re e gli imperatori. E in nome dell’autorità, resa al femminile per catturare le anime semplici (sarebbe più corretto parlare di autoritarismo), si sono compiuti delitti, e tuttora si compiono ingiustizie. Cristo era autorevole, non autoritario. Capite la differenza?
Il maschilismo autoritario continua a mietere vittime tra le anime più devote, che obbediscono senza sapere di essere mortificate nella loro umanità. E vorrebbe far tacere gli spiriti più liberi, che si trovano a vivere, in certi casi, un dramma: obbedire o resistere?
Prima parlavo di Spirito santo come “ruah”, ovvero creatività al femminile, nella sua maternità generatrice di vita sempre in via di sviluppo. Anche Cristo ha citato il caso della donna che sta per partorire e che geme per i dolori, ma è lieta di dare la vita. San Paolo nella sua Lettera ai cristiani di Roma scrive: «Tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Essa non è la sola, ma anche noi che, possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo» ( Rm 8,22).
Anche la natura, dunque, è una madre sempre incinta di vita. Gli scienziati oggi parlano di creatività evolutiva. In altre parole: lo sviluppo dell’universo non avviene obbedendo a un piano ben preciso, già stabilito, e neppure a caso. Il Creatore non è un fabbricante umano di prodotti per il mercato. Dio è più simile a un artista. L’universo non è l’attuazione di un piano predeterminato, ma il magnifico risultato della creatività artistica. Anche per questo ciascuno di noi è unico, un’opera d’arte inimitabile. Non siamo prodotti in serie.
Che significato dare alle parole della Bibbia: Dio ci ha creato a sua immagine e somiglianza? Non possiamo anche leggerle nel senso che Dio avrebbe dato all’essere umano la sua capacità creativa? Lei, si rende conto che cosa ciò comporterebbe?
Se non l’avesse già fatto, La inviterei a leggere il libro “Cristiani si diventa” scritto da un frate domenicano sudafricano, di origine inglese, di nome Albert Nolan.
Perché ho detto tutto questo? Perché ho allargato il discorso, come se volessi dare sfoggio di una certa cultura? Riconosco di non essere colto come tanti miei superiori, ma credo di poter usare un po’ di quell’intelligenza che fa parte anche del mondo degli analfabeti, e che è quella capacità di vedere oltre gli steccati, oltre la struttura, oltre gli ordinamenti canonici, per leggere in profondità la realtà soprattutto del tempo presente. Non è quello che la Chiesa dice, quando parla dei “segni dei tempi”, tra l’altro di evangelica memoria?
Ma Lei sa che cosa può rappresentare per la Chiesa di oggi “la creatività evolutiva”? Ciò significherebbe uscire dagli schemi mortificanti, da una religione-prigione, da strutture anche organizzative che bloccano il cammino di fede di una parrocchia. E voi mi state ancora parlando di Comunità pastorali, entro cui far rientrare ogni spirito “ribelle”? E quale spirito “ribelle”? Lo Spirito non è forse Libertà d’agire o di contemplare cieli aperti? Come può una Comunità camminare, se gli spazi sono stretti? Non finisce forse per girare attorno a sé come una trottola? L’immagine della trottola è calzante: di cose se ne fanno, le iniziative non mancano, c’è una grande frenesia di un fare che però non si sa dove porti.
Ed è qui che s’inserisce quella benedetta o stramaledetta parolina, che ha un nome: Profezia. Una parola che fa paura quando s’incarna in donne e uomini capaci di tradurla in modo radicale. D’altronde, la Profezia non vuole sconti. È fatta così. O la prendi tutta o la lasci. Nessuno ha il monopolio della Profezia. La liturgia del Sacramento del Battesimo parla di nuovi figli di Dio che s’incorporano in Cristo, sacerdote re e profeta. Tutti, dunque, dovremmo essere profeti. In realtà, i bambini man mano che crescono perdono per strada la Profezia, costretti come sono a vivere in una struttura religiosa che dire profetica sarebbe davvero paradossale. E così la Profezia è l’ultima virtù che s’insegna ai piccoli. Forse non capirebbero, ma mi chiedo se tentiamo di far gustare loro la bellezza di vivere un cristianesimo, un po’ diverso da quello imposto dalle nostre strutture catechistiche.
E voi insistete nel dirmi che bisogna rientrare in riga, oppure lasciare la Comunità di Monte, per dare via libera alla costituzione più fraterna e armonica della Comunità pastorale San Antonio Abate? Quante volte vi ho sentito parlare di nuova evangelizzazione, di segni dei tempi, di Spirito come creatività evolutiva, di Profezia d’avanguardia?
Scommetto che, se vi dovessi di nuovo incontrare, la prima cosa che mi direste, sarebbe: devi obbedire per il bene della Comunità pastorale?
Devo obbedire ad una autorità-autoritarismo che m’impone di disobbedire alla mia coscienza  in nome di un sistema per nulla rispettoso della creatività evolutiva? Non vedo un’altra via che è quella di obbedire alla mia coscienza.
Già ve l’ho detto: non volete sovvertire l’ordine stabilito da chissà quale autorità divina, date almeno la possibilità di una eccezione. Non penso che la Comunità di Monte sia così pericolosa da far saltare all’istante tutto il sistema della Diocesi di Milano.
Distinti saluti
don Giorgio De Capitani  

 

 

23 Commenti

  1. Giuseppe ha detto:

    Gira gira è sempre una questione di potere. Gli eredi degli apostoli anziché continuare a vivere nella povertà e del proprio umile lavoro, si sono lasciati lusingare dai principi della terra che per ingraziarsi la gente comune hanno finto una devozione sospetta, accompagnando le loro “conversioni” con lauti compensi in denaro e ricchi latifondi. Avrebbero potuto servirsi di tutto questo ben di Dio per aiutare i poveri e i bisognosi a riscattarsi dall’antico, ingiustificato, servaggio, ma hanno preferito girare le spalle al vangelo abbassandosi allo stesso livello di coloro di cui Gesù diceva “è più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, che un ricco possa entrare nel regno dei cieli”. Non dimenticando però di esaltare nei loro insegnamenti la virtù dell’ubbidienza e della rassegnazione, sempre utili per tenere buoni i fedeli e, allo stesso tempo, giustificare il proprio tornaconto.

  2. marco ha detto:

    Caro don Giorgio, sono stato in seminario… sono stato alunno di Delpini… sono uscito perché seppur giovane, avevo troppe idee e modi di pensare diversi da quelli “imposti”… dal Sistema. Ormai deluso dalla Chiesa, ho perso anche il dono della Fede… Rispetto e credo nei VALORI che il cristianesimo radicale cerca di diffondere e uno dei pochi modi di confrontarmi con me stesso e di riflettere è di fermarmi in qualche pausa di lavoro a leggere le sue omelie o i suoi articoli. Spesso non condivido tutto quello che scrive… spesso sono lontano da lei anche politicamente…. ma La ringrazio: perché Lei è VERO!!! Noi abbiamo bisogno di preti come Lei che scuotano le coscienze…. Ha fatto del bene più il suo blog che le innumerevoli prediche astratte, retoriche, costruite… di centinaia di preti… Qualsiasi cosa succeda… CONTINUI A SCRIVERE!!! Ne abbiamo bisogno…

  3. mauro ha detto:

    Caro Don Giorgio, vorrei condividere la sua amarezza ed avere la sua lucidità nell’affrontare una situazione di grande sofferenza come quella che le stanno facendo vivere i rappresentanti della chiesa dei perfetti, dei bigotti e degli affaristi…. Voglio solo dirle che, per quanto mi riguarda, le sue parole, la sua schiettezza, la sua radicalità ed il suo umanesimo hanno salvato la mia FEDE in un periodo, ormai trascorso, di grandi travagli personali.
    Non esiste dono più grande per me, grazie.

  4. Ludovico ha detto:

    Don Giorgio, mi lasci dire una cosa che poco c’entra col tema che sta dibattendo.
    Da quando sono spariti o quasi gli articoli e i turpiloqui su Berlusconi il suo sito si legge più volentieri. A mio parere ha acquistato uno stile più “profondo”, se vogliamo coniare tale definizione, e quello che dice è illuminato da una luce nuova acquistando un maggior valore, sempre beninteso a mio parere E lo dice uno che solo saltuariamente è d’accordo con quello che sostiene!

  5. mariella ha detto:

    Sig. Gianni,
    volevo dire che il cristianesimo e’ cattolico…piu’ si diventa cristiani veri piu’ si e cattolici. Il cristianesimo non disunisce l’umanita’ ma la completa umanamente e la raccoglie insieme e…insieme a Cristo siamo “Uno” tutti tutti!.. In quanto alle regole di una famiglia non sono contraria.. al contrario… ci vogliono, che farebbero i figli se non rispettassero la casa i genitori… ma qui parliamo di giustizia amore umano in tutto il mondo, cio’ che non e’ stata rispettato e amata… la gerarchia ci deve essere c’e’ anche in cielo….ma che gerarchia?…ecco vale per me cio’ che ho scritto sotto…basta predicare bene e razzolare male abbiamo bisogno di esempi…non solo parole con valori che poi i maestri stessi non rispettano…giornata bella a lei!

  6. GIANNI ha detto:

    Vorrei aggiungere una riflessione, di cui mi ero dimenticato.
    Alcuni preti si dicono addirittura terrorizati.
    Beh, che ci fosse contrasto tra alcuni sacerdoti e Scola, ormai credo lo sappiano anche le pietre, a Monte.
    Ma sinceramente questo non me l’aspettavo.
    Ma terrore di cosa?
    Cosa potrebbe succedere di così grave, da destare addirittura terrore?
    Cosa si sono sentiti dire questi preti?
    UN vescono che ecoca terorre, credo debba fare o dire qualcosa di grave.
    Capisco fossimo ai tempi dell’inquisizione, ma ora….
    Sarei proprio curioso di sapere cosa Scola abbia fatto dire di così grave a questi preti…..

    • Don Giorgio ha detto:

      Bisognerebbe chiederlo ai preti che me lo hanno confessato. Io non ho né paura né mi faccio prendere dal terrore.

      • Ludovico ha detto:

        Permettetemi di dire che questo terrore mi sembra una esagerazione.
        1. A loro non posso togliere lo stipendio e quindi a fine mese ci potranno sempre arrivare, non come certi disoccupati con famiglia a carico.
        2. Non possono essere trasferiti nel Burundi.
        3. Nel peggior caso potranno essere mandati in un paesino di montagna come a suo tempo lo fu don Milani a Barbiana.
        4. Lo loro voce non può essere soffocata e quindi oggi, con i mezzi che la tecnologia mette a disposizione, si potrà sempre sentire.
        Ed allora?

        • Don Giorgio ha detto:

          La prima cosa che minacciano è proprio lo stipendio. Poi c’è il posto, poi c’è la carriera, poi c’è… Se sono giovani preti, caro mio, se ne stanno zitti. È in gioco il loro futuro.  

          • Ludovico ha detto:

            Sinceramente non sapevo che i preti potessero essere “licenziati” con perdita dello stipendio.
            La carriera: sono terrorizzati di non poter diventare vescovi? Ma scherziamo? E dov’è la vocazione?
            Io penso che se un prete è preoccupato del suo futuro dovrebbe rivedere alcune cose… a meno che io non capisca queste cose.

          • Don Giorgio ha detto:

            Non dirlo a me!

  7. GIANNI ha detto:

    RIFLESSIONE E DOMANDA

    Credo vi sia un’incomprensione di cosa sia cattolicesimo e di cosa sia cristianesimo in molti.

    Ho avuto modo, ovviamente, di fare alcune riflessioni sul tema, nel corso soprattutto di questo persorso di articoli, che segnano meno…..tot giorni.
    Ora, però, vorrei sottolineare un aspetto, anzi, un paio di aspetti, cosa che almeno in parte ho già cercato d ifare in passato, probabilmente senza riuscire nel mio intento.
    Io penso, questa la conclusione cui giungo, che ci sia un grosso equivoco.
    Don Giorgio, tu pensi che il cattolicesimo sbagli, in quanto interpreterebbe il cristianesimo in modo diverso da quello che per te il cristianesimo è.
    E, ovviamente, a sua volta il cattolicesimo, diciamo così, dice che tu non sei osservante di quello che il cattolicesimo è.
    E qui sta l’equivoco, se mi consenti.
    Ovvio che sia tu che i tuoi superiori partite da un punto di vista in comune, quello di ritenervi interpreti del cristianesimo.
    Beh, questo è un possibile errore.
    Sai perché tu e la struttura avete idee così diverse?
    Perché cristianesimo e cattoliceimo NON SONO LA STESSA COSA.
    Qui sta l’equivoco.
    Tu parti dal presupposto che la gerarchia voglia interpretare il messaggio di Cristo, e lo faccia in modo errato.
    Ovvio che anche la struttura ritiene di interpretare, ma…

    Se uno guarda le cose storicamente, dal di fuori, in chiave laica, allora giunge a talune conclusioni.
    Che sono le seguenti:
    il cristianesimo radicale non fa riferimento che alla parola di Cristo.
    Il cattolicesimo, invece, è una costruzione umana.
    Per cui, in nome di Dio e di Cristo, dice un’infinità di cose.
    Non dette da Dio o da Cristo, ma da uomini, i quali però ritengono di essere interpreti della loro parola e volontà.
    Ora, a mio avviso, è questa la contraddizione.
    SE uno, come te, è cristiano integrale, o ritiene di esserlo, non può chiudersi in una struttura, perché o segui Cristo o la struttura.
    Oppure, appunto, si è uno dei tanti cattolici che, in quanto tali, delegano alla struttura di dire cosa si deve fare e pensare..ed anche per questo non desiderano uscirne…

    Nel momento in cui si consente ad una struttura e gerarchia di decidere, non si è più cristiani integrali.

    Detto questo, bisogna però anche domandarsi se chi si dichiara cristiano integrale, a parte il fatto di confliggere con una struttura, riesce comunque ad esserlo.
    Secondo me in pochi nella storia sono riusciti ad esserlo veramente, perché per i più la cosa è più un’utopia che altro.
    Credo anche per la comunità di Monte.
    ME ne convinco sempre di più, anche dopo aver letto una presentazione del libro da te citato, di Nolan, presentazione che richiamo di seguito:

    Il mondo cristiano manifesta un certo distacco dall’originale messaggio di Gesù. In fin dei conti, chi perdona settanta volte sette? Chi offre l’altra guancia quando lo schiaffeggiano? Chi vende tutto quello che ha per darlo ai poveri? O prega per i suoi nemici?Tali domande, che vanno al nocciolo del vangelo, mettono a nudo molta incoerenza cristiana e fanno spesso pensare che ciò che Gesù ha proposto sia una suggestiva utopia da ammirare, piuttosto che un progetto da trasformare in vita. Albert Nolan affronta questo problema partendo dalle aspirazioni non soddisfatte dell’uomo di oggi e dall’esperienza personale di Gesù. Mostra che il vangelo merita di essere riproposto in tutta la sua radicalità e bellezza originale. Ricorda che cristiani non si nasce ma si diventa, in un lento e difficile percorso giornaliero d’incontro con il Signore. Per chi lo intraprende, è la più straordinaria avventura che porta alla libertà radicale oltre che alla realizzazione personale. Questo libro aiuta a iniziare il cammino e a non fermarsi per strada.

    Detto questo, passo alla
    DOMANDA:
    in precedenti interventi ho suggerito alcune possibile soluzioni, che riassumo:
    fondare una propria comunità con contributi economici di chi voglia supportarla

    andare alle messe del nuovo sacerdote, che sostituirà don Giorgio, ma uscire dalla chiesa uno ad uno, durante le stesse, da parte dei sostenitori di don Giorgio

    ho anche indicato una possibile soluzione legale, in precedenti commenti, ai quali rinvio.

    Ora ti domando, don Giorgio:
    tu e chi fa parte della comunità di Monte, e condivide il tuo operato, avete pensato se sia il caso di mettere in atto una di queste soluzioni??
    Anche per capire non solo la situazione attuale, ma cosa potrebbe succedere in futuro.
    Grazie se vorrai rispondere.

  8. mariella ha detto:

    Io sono di Cristo e non delle istituzioni..ora condannatemi ci sono miglioni di persone come me…la chiesa non e’ piu’ credibile…oggi nel 2013 ancora patriarcalismo e bocche tappate..Ma Gesu’ non andava nel tempio a gridare ingiustize? Carissimi cardinali la chiesa non e’ vostra! Se continuate a spegnere lo Spirito rimarra’ ben poco e lo sapete bene…e scritto nelle profezie e i segni dei tempi danno raggione a cio’.. Potere e non amore, siamo il popolo di Dio diversi molteplici e vorreste omologarci a come un branco di pecore, se i cristiani si svegliano alla Parola di Gesu’ non sapete che farvene, li mettete dentro le chiese in ginocchio a pregare…ma l’Umano e’ fatto anche di vita cristiana che vive la missione di Gesu’…che non erano dogmi solamente, si deve uscire dalle righe per ripulire la “Chiesa” e’..non credibile piu’ nei vari suoi atteggiamenti omertosi per coprire ingiustizie nei secoli, i libbri di storia parlano e gli anni passati avete coperto molte iniquita’ ma non avete fatto il possibile per allontanarle anzi le avete solo nascoste..Preferite tenere i movimenti come il CL Opus Dei e compani ..che hanno aiutato a perdere la credibilita’ a voi..diciamo complicita’? piuttosto che tenere piccoli gruppi di vera evangelizzazione..le lascio un sorriso caro monsignore si faccia ispirare dallo Spirito Santo e non dalla rigidita’ delle vostre leggi.. mariella non dotta ma innammorata di Cristo!

  9. Patrizia 1 ha detto:

    Caro don Giorgio, purtroppo ci stiamo rivolgendo a gente che sembra aver perso ogni umanità, e non escludo che ci siano in ballo anche pressioni politiche,
    Comunque tenga presente che se ci chiudono una porta il Signore ci apre un portone, altrimenti la Fede che ci starebbe a fare.
    Poi mi permetto di dire che forse levarsi da quell’inferno potrebbe anche essere un bene, tanto la gente la seguirà dovunque.
    Un saluto e mi raccomando tenga duro.(Alla faccia loro)

  10. Ludovico ha detto:

    Don Giorgio, hai tirato troppo la corda. Ora non meravigliarti se questa si è spezzata.

    • Patrizia 1 ha detto:

      Lei invece è uno che si fa tirare, da quanto possiamo desumere.

      • Ludovico ha detto:

        Cara Patrizia, come fai a dire che mi faccio tirare… e da chi?
        Vuoi anche tu entrare a far parte di quella categoria di persone che giudicano i suoi simili solo da come la pensano?
        Da alcuni tuoi interventi mi era sembrato di no, ma questa tua ultima uscita mi ha messo un dubbio. Spiegati per favore se lo vuoi.

        • Patrizia 1 ha detto:

          Io non giudico, constato. Mi sembra che Lei non faccia altro che bacchettare don Giorgio, alludendo alle sue “disobbedienze”. Io penso che non accettare le ingiustizie sia diritto-dovere di ogni uomo, ma soprattutto di un cristiano.
          Ma ora occupiamoci della situazione di don Giorgio, che ora è la più importante.
          Mi scuso perché forse sono stata un pò dura.

  11. dottginkobiloba ha detto:

    forse mi sbaglierò ma sono arrivato a questa conclusione, che da fastidio in curia più che la sua attività a monte è il suo sito internet (dove augura un ictus a Berlusconi, o chiede direttamente una pistola per sparargli ecc..) secondo me se la cosa si fosse limitata al suo paesino non avrebbe fatto così scalpore. perciò se ci tiene così tanto alla comunità di monte potrebbe proporre di chiudere il sito e vendere il pc, magari in questo modo la lasciano perdere

    • Titti ha detto:

      Scusa, ma quindi stai ammettendo che la curia è ipocrita? Se si fosse limitato al suo paesino tutto sarebbe andato bene, ma siccome lo hanno saputo in troppi… almeno don Giorgio con la sua pistola, fantomatica, avrebbe fatto un favore all’umanità! La curia fa un favore a chi? Fatti delle domande… 😉

  12. pierluigi ha detto:

    In chiusura della lettera del 19 Agosto, ha scritto la verità; quella verità che tutte le oligarchie che hanno retto dei “poteri forti”, adepte a qualsiasi pensiero filosofico, hanno sempre combattuto non per l’ideale, non per il risultato finale ma, solo per la personale vacua personificazione del potere, fine a se stesso.

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