Il sistema giudiziario dell’Ungheria di Orbán è messo molto male. Minchiario leghista su Ilaria Salis

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Il sistema giudiziario dell’Ungheria di Orbán

è messo molto male

Se ne parla per le condizioni in cui è apparsa Ilaria Salis al suo processo: la situazione è grave soprattutto nelle carceri, inadeguate e infestate dalle cimici
Le foto dell’attivista antifascista Ilaria Salis arrivata al guinzaglio e in catene a un’udienza del processo in cui è imputata a Budapest, in Ungheria, hanno generato moltissime reazioni in Italia, dove ormai da decenni non si usano più trattamenti del genere nei confronti di una persona detenuta. In Italia il codice di procedura penale prevede che una persona imputata, anche se detenuta, assista «all’udienza libero nella persona […] salvo che in questo caso siano necessarie cautele per prevenire il pericolo di fuga o di violenza». Un’eventualità quindi piuttosto rara, utilizzata in casi particolari.
L’Ungheria però ha un sistema giudiziario e detentivo non adeguato agli standard europei. La situazione è peggiorata ulteriormente sotto il mandato del primo ministro Viktor Orbán, di estrema destra, che negli anni ha trasformato l’Ungheria in un paese semi-autoritario e per certi versi più vicino alla Russia di Vladimir Putin che all’Unione Europea, di cui pure fa parte.
Ormai da diversi anni Orbán e il suo partito, Fidesz, mantengono un saldo controllo dei tribunali e della magistratura. Dal 2012 le promozioni dei giudici vengono decise da un organo controllato di fatto da Orbán: solo di recente il governo ungherese ha accettato di rafforzare i poteri dell’organismo indipendente di autogoverno dei giudici, come parte di un accordo con l’Unione Europea per ottenere alcuni fondi, ma ci sono dubbi sul fatto che questo organismo rafforzato sarà davvero indipendente.
In un rapporto del 2020 Amnesty International racconta inoltre che i giudici non allineati al governo o a Fidesz hanno percepito «un aumento nel numero e nella durezza degli attacchi da parte dei politici e dei giornali contro singoli giudici e sentenze» (in Ungheria i media rimasti davvero indipendenti sono pochissimi).
Soltanto qualche settimana fa il governo ha creato una nuova agenzia per la protezione della sovranità nazionale che secondo i critici, fra cui anche l’amministrazione statunitense di Joe Biden, permetterà di avviare processi sommari a giornalisti, attivisti e oppositori politici. E anche la situazione delle carceri è ritenuta particolarmente problematica.
Secondo un rapporto diffuso a dicembre dallo Hungarian Helsinki Committee (HHC), una ong che si occupa di diritti umani in Ungheria, a ottobre del 2023 nelle carceri ungheresi erano detenute 18.407 persone a fronte di una capacità massima di 17.998, con un’occupazione pari al 102 per cento. La situazione è ancora più grave nelle strutture di Budapest, la capitale, dove il dato varia dal 104 al 107 per cento: da circa un anno Salis è detenuta proprio in una struttura di Budapest. Secondo una recente inchiesta del collettivo di giornalisti Atlatszo in Ungheria «non ci sono mai state così tante persone dietro le sbarre».
Il sovraffollamento delle carceri arriva da lontano, esattamente come in Italia dove l’occupazione vale in media il 110,6%, ma negli ultimi anni si è fatto più grave per alcune tendenze ritenute preoccupanti dalle ong: per esempio la scarsissima disponibilità di pene alternative al carcere, unita al numero enorme di persone detenute in attesa di processo. A ottobre erano 4.407, quasi una persona su quattro fra quelle detenute in tutto il sistema: è un dato che aumenta dal 2019, quando era sceso fino al 19 per cento (in Italia la stima è del 14 per cento).
Le condizioni in cui vivono i detenuti sono pessime, molto al di sotto degli standard europei. In un rapporto del 2018 del Consiglio d’Europa, la più importante organizzazione che si occupa di diritti umani nell’Europa geografica, si legge che alcuni detenuti intervistati raccontano di essere stati picchiati all’arrivo nelle stazioni di polizia, prima di essere trasferiti in carcere. «I presunti abusi consistono in pugni in faccia, calci negli stinchi, pestoni fatti con l’obiettivo di infliggere dolore, generalmente in assenza di testimoni o fuori dalle inquadrature delle telecamere di sicurezza», dice il rapporto.
Un enorme problema riguarda poi le cimici dei letti. Lo Hungarian Helsinki Committee dice di aver ricevuto segnalazioni da 20 carceri ungheresi su infestazioni prolungate di questi insetti. Anche Salis in una delle sue lettere dal carcere ha raccontato di essere «tormentata» da cimici da letto, scarafaggi e topi.
Un altro problema ricorrente è l’assenza di impianti di riscaldamento funzionanti e di acqua calda. La legge ungherese impone che nelle strutture pubbliche la temperatura non superi i 18 gradi, ma nelle carceri spesso è molto inferiore. Lo Hungarian Helsinki Committee dice che diversi detenuti si lamentano delle «temperature insopportabilmente basse», e di «insufficiente quantità di acqua calda disponibile». In estate, il problema è opposto: l’assenza di impianti di condizionamento rende i detenuti particolarmente vulnerabili alle ondate di calore.
L’Unione Europea e varie organizzazioni internazionali chiedono da tempo all’Ungheria di rafforzare il proprio sistema giudiziario e le condizioni nelle carceri: finora però gran parte delle richieste non ha avuto seguito.
Nel 2020 la ministra della Giustizia, Judit Varga, promise di risolvere il problema del sovraffollamento dei detenuti costruendo nuove carceri: una soluzione simile a quella proposta dal governo italiano di Giorgia Meloni, di cui Orbán è un alleato politico. A distanza di quasi quattro anni soltanto una piccola parte dei posti promessi da Varga si sono materializzati.
Del resto anche in Italia c’è un grave sovraffollamento nelle carceri, e le condizioni di vita delle persone detenute sono spesso complicate e disumane anche qui: nel 2009 e nel 2013 la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) condannò l’Italia proprio per il sovraffollamento. Nel 2022 ci fu un’altra condanna per aver trattato «in modo inumano» un detenuto con disturbi psichiatrici.
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31 Gennaio 2024

Minchiario leghista su Ilaria Salis

di Adalgisa Marrocco

La Lega verga una nota in cui sostiene che Ilaria avrebbe aggredito due militanti nel 2017. Ma è prontamente smentita: fu assolta per non aver commesso il fatto. Malgrado lo scivolone, Salvini e il suo scudiero Crippa continuano nell’attacco all’insegnante, con tesi e dichiarazioni alquanto sgangherate
La Lega, flessibile nel suo approccio garantista, sa diventare inesorabile, specialmente quando l’accusato non è di suo gradimento. Così sul caso di Ilaria Salis, la giovane insegnante tenuta in catene al processo in Ungheria, Matteo Salvini e i suoi hanno messo in chiaro che non hanno intenzione di partecipare al presunto processo di canonizzazione in corso nel dibattito politico e sui media. Poco importa se le immagini di un’imputata con le “ganasce” a mani e piedi siano inaccettabili a prescindere, al netto del pronunciamento che i giudici produrranno sull’aggressione ai danni di alcuni estremisti di destra di cui la donna è accusata. Presunzione di non colpevolezza e Stato di diritto, questi sconosciuti: i leghisti preferiscono continuare con dichiarazioni sferzanti nei confronti dell’insegnante, come se fossero in competizione per il miglior titolo provocatorio della settimana.
L’affondo contro Salis si è ripetuto stamattina, quando la Lega ha diffuso una nota per ricordare che la donna è accusata di aver partecipato ad un’aggressione contro militanti del Carroccio. “Il 18 febbraio 2017, a Monza, un gazebo della Lega veniva assaltato da decine di violenti dei centri sociali, e le due ragazze presenti attaccate con insulti e sputi da un nutrito gruppo di facinorosi – battono le agenzie di stampa alle ore 11:37 –. Per quei fatti Ilaria Salis è finita a processo, riconosciuta dalle militanti della Lega. Auspichiamo che la donna, di professione insegnante e definita dai sempre attenti giornali italiani ‘un’idealista’, possa dimostrarsi innocente in tutti i procedimenti che la riguardano. Le sue vicissitudini nelle aule di tribunale offrono l’opportunità di ribadire che il legittimo esercizio del dissenso non può mai sfociare in episodi di violenza, soprattutto se particolarmente odiosi come quelli messi in atto contro giovani indifese aggredite da un branco come successo a Monza”. Neanche un quarto d’ora dopo, la versione leghista viene smontata dal legale di Salis: la sua assistita è stata assolta per non aver commesso il fatto in questione. “La signora Salis non è stata affatto individuata dalle due militanti della Lega ma solo individuata come partecipante al corteo che si svolgeva quel giorno a Monza da un video prodotto in atti. Il giudice nella sentenza ha specificato che risulta aver partecipato solo al corteo senza in alcun modo aver partecipato all’azione delittuosa di altre persone nè di aver in qualche modo incoraggiato o supportato altri a farlo”, viene chiarito. E ancora: “Nella sentenza il giudice ha scritto che ‘la mera partecipazione al corteo senza partecipazione o istigazione all’azione delittuosa non può costituire un’ipotesi concorsuale neanche morale e quindi non c’è nessuna grana che la riguardi”. L’avvocato, infatti, prosegue spiegando che quel giorno Salis partecipò al corteo a Monza dal quale si staccarono alcune persone che danneggiarono il gazebo della Lega, senza appunto che lei fosse coinvolta in alcun modo nell’azione, come stabilito dal processo.
Malgrado la fake news appena passata alla stampa, in un’intervista a Repubblica, Salvini rincara la dose contro Salis: “Vi pare normale che una maestra elementare vada in giro per l’Europa – e adesso scopro anche in Italia – a picchiare e sputare alla gente?”. E davanti a chi gli fa presente che forse bisognerebbe chiedere un trattamento equo per una cittadina italiana, il vicepremier pare non sentire ragioni: “Ripeto: vi pare normale che una maestra elementare vada in giro a menare la gente? Io sono preoccupato che bambini di 6-7 anni stiano con un individuo del genere. Io non credo che possa lavorare come maestra”. Ma sono cose diverse, Salvini. Niente da fare: “Se mio figlio facesse quello che fa lei, di certo non sarei contento. E come minimo mi farei sentire”, ribadisce il segretario del Carroccio.
Il numero due di Salvini, Andrea Crippa, non vuole essere da meno e sostiene che “al di là delle brutte immagini di una persona incatenata in un tribunale e del doveroso impegno per garantire il rispetto dei diritti, Ilaria Salis non sembra una educanda”. Oltre al processo in Ungheria, incalza Crippa senza curarsi che il fatto citato non sia stato commesso, “spunta un’altra grana giudiziaria per un assalto a delle militanti della Lega. Prima che la sinistra e i suoi giornali la trasformino in Madre Teresa possiamo sapere se questa insegnante ha anche altri precedenti?”. Già ieri il vicesegretario della Lega si era detto dispiaciuto per il trattamento riservato alla donna, ma mettendo comunque in chiaro che “ogni Paese punisce come vuole e non compete a me giudicare”. Peccato che l’Ungheria, proprio come l’Italia, sia vincolata al rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti umani e contro la tortura. Insomma, palo pieno anche su questo: Budapest non può “punire come vuole”, ma soltanto come dice il diritto internazionale.

1 Commento

  1. Martina ha detto:

    Coraggiosa questa Ilaria Salis!
    Invece sempre lo stesso copione da parte di questi leghisti che aspettano queste ghiotte occasioni per esprimere tutta la loro stupidità e cattiveria.
    Fanno pure i bulli, sempre coi più deboli, con chi non può difendersi o non ha mezzi sufficienti per farlo, e poi si coprono dietro l’immunità parlamentare. Non è successo la stessa cosa con Carola Rakete?
    Volgari e sempre di un livello così basso da farci sempre più domandare: ma è possibile che questo sia “ministro”? In Italia anche questo è possibile. E la pagheremo.
    L’Italia sta andando verso la direzione dell’Ungheria se questi continueranno a stare al governo.
    E cosa chiede ora Orbàn alla sua amica?

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