Il segno di Trump: la stupidità al potere

da la Repubblica
30 MARZO 2025

Il segno di Trump: la stupidità al potere

di Hillary Clinton
La chat di gruppo su Signal è soltanto l’ultima di una serie di ferite autoinferte dalla nuova amministrazione
A preoccuparmi, non è l’ipocrisia; è la stupidità. Siamo tutti sconvolti – letteralmente! – che il presidente Trump e il suo team non facciano attenzione a proteggere le informazioni riservate o a rispettare le leggi federali sulla conservazione dei documenti. Ma già lo sapevamo. Ben più grave è che i vertici dell’amministrazione Trump abbiano messo in pericolo i nostri soldati condividendo piani militari su un’app di messaggistica commerciale e inavvertitamente abbiano invitato nella chat un giornalista. È rischioso. È davvero stupido.
Questo episodio è soltanto l’ultimo di una serie di ferite autoinferte dalla nuova amministrazione che sta dilapidando la forza dell’America e mettendo in pericolo la nostra sicurezza nazionale. Licenziare centinaia di dipendenti federali incaricati di custodire le armi nucleari della nostra nazione è altrettanto stupido. Ed è stupido anche interrompere le iniziative volte a combattere le pandemie proprio mentre in Africa si va diffondendo un focolaio letale di Ebola. Non ha senso rimuovere generali, diplomatici e spie di talento quando avversari come Cina e Russia fanno di tutto per espandere la loro presenza globale.
In un mondo pericoloso e complesso non è sufficiente essere forti. Occorre anche essere intelligenti. Quando ero segretaria di Stato nell’amministrazione Obama, ho sostenuto lo smart power, l’integrazione dell’hard power del nostro esercito con il soft power della nostra diplomazia, dell’assistenza allo sviluppo, della potenza economica e dell’influenza culturale. Da solo, nessuno di questi strumenti consente di arrivare a un risultato. Insieme, questi strumenti fanno dell’America una superpotenza. L’approccio di Trump è quello del dumb power, il potere stupido. Invece di un’America forte che usa tutti i suoi punti di forza per guidare il mondo e fronteggiare i nostri avversari, l’America di Trump sarà sempre più cieca e inetta, debole e senza amici.
Iniziamo dalle forze armate, perché è a esse che dice di tenere. Non lasciatevi ingannare dalle sue spacconate. A quanto pare, Trump e il suo segretario della Difesa Pete Hegseth (la cui fama è legata alla chat di gruppo) sono più impegnati a combattere in modo performativo la wokeness che a prepararsi per le vere battaglie contro i nemici dell’America. Qualcuno pensa sul serio che depennare gli aiuti ai Tuskegee Airmen (reparto di addestramento per piloti di caccia, N.d.T.) ci mette maggiormente al sicuro? Il Pentagono di Trump ha fatto sparire le immagini dell’aeroplano che sganciò la bomba atomica che mise fine alla Seconda guerra mondiale perché si chiamava Enola Gay. È stupido.
Invece di lavorare con il Congresso per modernizzare il budget dell’esercito così che rifletta le mutevoli minacce, il presidente sta licenziando generali di alto grado senza una giustificazione plausibile. Cinque ex segretari della Difesa, repubblicani e democratici, hanno giustamente messo in guardia che ciò potrebbe “mettere a repentaglio le nostre forze formate da volontari e indebolire la nostra sicurezza nazionale”. Anche le agenzie di intelligence sono colpite da licenziamenti di massa. Come ha detto un ex spia senior, “ci stiamo dando la zappa direttamente in testa, nemmeno sui piedi”. Non è intelligente.
Se sono così sconsiderati con l’hard power dell’America, non stupisce che stiano riducendo in frantumi il nostro soft power. Da ex segretaria di Stato, in particolare mi preoccupano il piano di chiusura da parte dell’Amministrazione di ambasciate e consolati, il licenziamento di diplomatici e la cancellazione dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale. Lasciate che vi spieghi perché è importante, visto che in linea generale lo si considera meno rilevante rispetto a carri armati e cacciabombardieri.
Ho visitato 112 Paesi e ho percorso quasi un milione di miglia nelle mie vesti di diplomatica americana di più alto grado, constatando quanto valga per il nostro Paese essere rappresentato sul terreno nei luoghi più remoti. L’esercito degli Stati Uniti ha capito da molto tempo che per proiettare la potenza dell’America è necessario dispiegare le nostre forze lontano e intervenire nelle crisi rapidamente. Altrettanto vale per i nostri diplomatici. Le nostre ambasciate sono i nostri occhi e le nostre orecchie, ci permettono di prendere decisioni politiche in patria in modo consapevole. Sono rampe di lancio per operazioni che ci mantengono al sicuro e prosperi, dall’addestramento delle forze straniere dell’antiterrorismo all’aiuto alle aziende americane per entrare in nuovi mercati.
La Cina capisce quanto valga dispiegare lontano la diplomazia, motivo per cui ha aperto nuove ambasciate e consolati in tutto il mondo e ora ne possiede più degli Stati Uniti. Il ripiegamento dell’amministrazione Trump lascerebbe campo aperto a Pechino per diffondere la sua influenza incontrastata.
I diplomatici conquistano gli amici dell’America così da non dover affrontare un mondo competitivo da soli. È in questo modo che i miei colleghi e io riuscimmo a mobilitare le Nazioni Unite per imporre sanzioni paralizzanti al programma nucleare iraniano e alla fine costringemmo Teheran a smettere di avanzare nei suoi tentativi di messa a punto di una bomba – cosa che le spacconate di Trump non sono riuscite a fare. (Di fatto, Trump ha tolto i finanziamenti agli ispettori che controllavano i siti di ricerca iraniani. È stupido.)
La diplomazia è conveniente, soprattutto rispetto a un’azione militare. Scongiurare le guerre è più economico che combatterle. Jim Mattis, generale a quattro stelle in pensione dei Marines, ex segretario della Difesa dello stesso Trump, ha detto al Congresso: “Se non finanziate fino in fondo il Dipartimento di Stato, dovrò acquistare più munizioni”.
La nostra assistenza allo sviluppo è sempre stata una percentuale esigua del budget federale, ma ha avuto un impatto smisurato sulla stabilità internazionale, soprattutto in abbinamento a una diplomazia efficiente. Quando gli aiuti economici americani contribuiscono a fermare una carestia o un focolaio epidemico, quando rispondiamo a un disastro naturale o apriamo scuole, conquistiamo cuori e menti che diversamente potrebbero orientarsi verso i terroristi o avversari come la Cina. Noi riduciamo il flusso di migranti e rifugiati. Consolidiamo benevolmente governi che in caso contrario potrebbero crollare.
Non voglio fingere che tutto questo sia facile o che la politica estera americana non sia stata afflitta da errori. La leadership è difficile. Ma la nostra chance migliore per fare le cose per bene e mantenere il nostro Paese al sicuro sta nel rendere il nostro governo più forte, non nell’indebolirlo. Dovremmo investire in patrioti che servono la nostra nazione, non offenderli.
Le riforme intelligenti potrebbero rendere più efficienti ed efficaci le agenzie federali, compresi il Dipartimento di Stato e Usaid. Durante l’amministrazione Clinton, l’iniziativa Reinventing Government di mio marito, guidata dal vicepresidente Al Gore, lavorò insieme al Congresso per snellire in maniera sensata l’apparato burocratico, modernizzare la forza lavoro e risparmiare miliardi di dollari. Per molti aspetti, adottò un criterio che è l’esatto contrario dell’approccio “taglia e brucia” dell’Amministrazione Trump. Oggi non stanno reinventando il governo: lo stanno demolendo.
Tutto questo è a uno stesso tempo stupido e pericoloso. E non ho nemmeno accennato ai danni arrecati da Trump quando familiarizza con dittatori come Vladimir Putin, fa saltare in aria le nostre alleanze – moltiplicatrici di forze che estendono di molto la nostra portata e condividono i nostri fardelli – e fa piazza pulita della nostra influenza morale compromettendo lo stato di diritto in patria. Né ho parlato di come sta affossando la nostra economia e facendo esplodere il nostro debito nazionale. I propagandisti a Pechino e a Mosca sanno che siamo impegnati in un dibattito globale su sistemi di governance contrapposti. I popoli e i leader di tutto il mondo osservano per constatare se la democrazia può ancora assicurare pace e prosperità o anche solo funzionare. Se l’America è governata come una repubblica delle banane, con palese corruzione e un leader che si considera al di sopra della legge, perderemo quella discussione. Oltretutto, perderemo anche le qualità che hanno reso l’America eccezionale e indispensabile.
Se qui c’è una grandiosa strategia al lavoro, non so qual è. Forse Trump intende tornare alle sfere di influenza del XIX secolo. Forse è semplicemente spinto da rancori personali e si è cacciato in guai più grandi di lui. Da uomo d’affari mandò in bancarotta i suoi casinò di Atlantic City. Adesso gioca d’azzardo con la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Se tutto questo andrà avanti, di questo passo una falla in una chat di gruppo sarà l’ultima delle nostre preoccupazioni, e tutte le emoji di pugni e bandiere non basteranno a salvarci.
Traduzione di Anna Bissanti

Commenti chiusi.