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30/08/2021
La destra meschina di Giorgia
La leader FdI, a braccetto del suo amico Viktor Orban, dice testualmente che i profughi afghani non possono gravare ulteriormente sull’Europa. Che infinita tristezza
Filippo Rossi
Leader Buona Destra
Tristezza, sì, infinita tristezza. È quello che si prova ad ascoltare le parole di Giorgia Meloni che, a braccetto del suo amico Viktor Orban, dice (testualmente) che i profughi afghani non possono gravare ulteriormente sull’Europa.
Possibile che la destra che ha in testa Giorgia Meloni sia ormai davvero così meschina, così chiusa, così egoista? Così tristemente attaccata alla “roba”, come in quella nota novella di Giovanni Verga che evidentemente non le ha insegnato nulla? Possibile che di fronte a una tragedia umanitaria così enorme, di fronte al fallimento di un Occidente che ha prima illuso e poi tradito tanti afghani, la risposta della “Giorgia cristiana” sia tanto terra terra, tanto bassa, tanto squallida e strisciante da non tentare nemmeno di librarsi in cielo per vedere al di là dei muri che lei stessa, evidentemente, ha costruito attorno al suo bunker politico?
Un “gabbiano” senza più neanche l’intenzione del volo, ecco evidentemente cosa è diventata la destra sotto il regno meloniano: eticamente rattrappita nella fobica difesa di piccoli interessi egoistici.
Tristezza, infinita tristezza. E chissenefrega se a soffrire sono donne, uomini e bambini che hanno creduto alla promessa dell’Occidente e dell’Europa di non abbandonarli nelle mani dei talebani e dell’Islam radicale, che, solo a parole, la destra “chiacchiere e distintivo” dice di voler combattere. La risposta di madre Giorgia di fonte al pianto dei bambini afghani è orgogliosamente spietata: le vostre lacrime non sono le mie lacrime.
“Ma la destra è questa, è sempre stata questa”, qualcuno obietterà, “inutile che ti meravigli”. E allora la memoria personale corre indietro, molto indietro nel tempo, al 31 dicembre 1989, quando l’allora direttore del Secolo d’Italia, il compianto Giano Accame, firma una memorabile prima pagina con una foto di Gianfranco Fini che tiene in braccio una bambina di colore. Il titolo a nove colonne è “Solidarietà”. Una scelta che Accame spiegò così: “La Destra si rifiuta di cadere nella trappola di chi le assegna il ruolo di cavalcare il malumore razzista. La bontà, la capacità della compassione, sono tipiche qualità italiane degne sopra ogni altra cosa di essere preservate”.
E allora ecco perché con la Buona Destra che sta nascendo in tutta Italia il 18 settembre saremo in piazza a Roma, per dimostrare che è ancora possibile una destra diversa, una destra gentile e compassionevole, una destra che continua a combattere per un’Europa forte, capace di decisione e solidarietà, capace di fare la cosa giusta.
Una destra che ascolta senza fischiare e senza fare indegna caciara le parole di Sergio Mattarella: “È sconcertante quel che si registra qua e là nell’Unione europea: grande solidarietà nei confronti degli afghani, che perdono libertà e diritti, ma che rimangano lì, non vengano qui, perché se venissero non li accoglieremmo. Questo non è all’altezza del ruolo storico, dei valori dell’Europa e della sua unione”. Le parole del presidente sono arrivate da Ventotene dove è nata l’idea dell’Europa moderna.
Ecco, una destra sana e alta combatte con coraggio per dare all’Europa il ruolo storico che si merita. Una destra buona costruisce futuro. Una destra triste, tristissima, come la destra di Giorgia Meloni, alza invece muri per difendere il presente senza nessun afflato, né umano né divino. Senza nessuna intenzione di volare.
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