Un passato glorioso e… un presente piccolo piccolo e deprimente

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Un passato glorioso e…

un presente piccolo piccolo e deprimente

Ecco un elenco dei Vescovi che hanno retto la Diocesi milanese nel XX e XXI secolo: Andrea Carlo Ferrari (1894-1921), Achille Ratti (1921-1922), Eugenio Tosi (1922-1929); Alfredo Ildefonso Schuster (1929-1954): Giovanni Battista Montini (1954-1963); Giovanni Colombo (1963-1979); Carlo Maria Martini (1979-2002) Dionigi Tettamanzi (2002-2011); Angelo Scola (2011 – 2017); Mario Delpini (2017 -…)
Vi chiederete: a che serve questo elenco/confronto? Serve anche per ricordarci di grandi vescovi che hanno retto la nostra Diocesi, quella milanese, in periodi storici anche difficili.
Ricordare il “nostro” passato (“nostro” perché ci riguarda direttamente!) per ringraziare chi si è dato, anima e corpo, per il bene di questa società che, sia civile che religiosa, è sempre un unicum perché noi, cittadini o credenti, siamo un unicum in quella realtà interiore che dà senso al nostro essere nell’Unico Bene Necessario.
Dunque, ricordare per ringraziare, e non è un optional di persone particolarmente sensibili d’animo. Il ringraziamento non è tanto per la persona (o il personaggio, se è famosa), tal dei tali che si è distinta in pensiero e in opere.
Tutti siamo testimoni, nel bene o nel male, o nella indifferenza che è peggiore del male in quanto tale, perché lascia al male libertà di agire.
Testimoni, e dunque soggetti al giudizio della Storia di Dio, indipendentemente dal nostro, anche che è doveroso “contestare” quel male che rende vittime talora anche i migliori.
E non si vuole giudicare la persona in quanto tale o le sue intenzioni, ma il comportamento o la testimonianza nel bene o nel male, o nella indifferenza. Anche nel bene, perché esiste sempre un bene migliore, e non basta essere buoni di quella bontà naturale che dà nulla di migliore.
Ogni potere è da contestare, e così ogni ruolo che dà al potere libertà di prevaricare.
E questo in ogni campo, anche in quello ecclesiastico, visto che il potere “religioso” dovrebbe comportare maggiore purezza e distacco dall’ego.
Non importa che uno sia papa o vescovo o prete: ogni ruolo, a maggior ragione quello nel campo della fede, è da liberare dall’ego o da quella sudditanza alle ragioni del mondo che abbruttiscono ancor il ruolo o la funzione o la missione per cui uno riceve un certo incarico.
E se c’è un male, questo è tacere, far finta di nulla, o quel falso rispetto, che è anche paura (di perdere il cadregino), per le autorità costituite, che una volta si pensava fossero di diretta provenienza divina. E ancor oggi si crede di “dover” obbedire ciecamente a promozioni o a incarichi gerarchici solo perché – così almeno ci si giustifica – sono il “volere di Dio”. E si è perso quell’umiltà, che è realismo, per cui di fronte a una nomina di potere si dovrebbe anche discutere, almeno interiormente, se siamo all’altezza, tanto più che dietro a certe nomine di potere ci sono giochi di potere, più o meno sporchi, anche nel campo ecclesiastico. E così si viene a sapere che la nomina di un papa o di un vescovo è stata una specie di compromesso. Così è stato per la nomina di Angelo Scola, arcivescovo di Milano: una nomina a dir poco “oscena” che è finita male, molto male, perché a pagarne le conseguenze è stato lo stesso Scola nella sua psiche (forse già compromessa!) e il bene di una grande diocesi finita nelle mani di un pazzoide “ciellino”. E così è stata la nomina di Mario Delpini: dicono che in ballo ci fosse un nome ciellino, imposto dallo stesso Scola (a cui non sono servite le costose sedute psicoanalitiche), per cui sé è dovuto ricorrere al solito compromesso: trovare un “burattino” che facesse tacere ogni diatriba, e il burattino era già pronto, a disposizione, bastava promuoverlo successore di Ambrogio e lui, il piccoletto, la mummia senza sorriso, avrebbe risposto: “Sì, mio Dio, e che tu sia benedetto nei secoli!”.
Certo, qualcuno mi dirà: i giochi di potere ci sono sempre stati, forse dall’inizio del cristianesimo, ma Dio sapeva giocare bene le sue carte sorprendenti, e capitava che da strani giochi di potere uscissero grandi vescovi, che tutti oggi ricordiamo, e ringraziamo.
Il problema è che oggi dagli strani giochi di potere, forse meno plateali o grotteschi di un tempo, non viene che imbecillità di potere, che sta distruggendo perfino ogni utopia divina, tanto più che nello Spirito sorprendente nessuno più ci crede, e tanto meno queste trottole che girano nel vuoto assoluto.
Il mese di agosto per noi ambrosiani è del tutto particolare, perché ricorda diversi anniversari, tra cui la morte di grandi arcivescovi milanesi: Dionigi Tettamanzi, morto il 5 agosto 2017; Ildefonso Schuster, morto il 30 agosto 1954 e Carlo Maria Martini, morto il 31 agosto 2012.
Ognuno, a modo suo, con il proprio stile pastorale e con tratti umani del tutto singolari, hanno lasciato un “segno” nella nostra Diocesi. E visto che, dopo di loro, la Diocesi è caduta nel baratro, non sarebbe doveroso non solo ricordarli nella nostra preghiera, ma riviverne quello spirito e quel genio cristiano che oggi sembra quasi un sogno spento?
Tutto ridotto a una Messa, da celebrarsi in Duomo di Milano, venerdì 30 agosto alle ore 17.30. Pura formalità, visto che nell’omelia parlare dei singoli arcivescovi (è stato aggiunto anche il nome di Giovanni Colombo, morto in realtà il 20 maggio 1992), sarebbe impossibile, anche romperebbe lo schema omiletico di Delpini che ama dire senza dire.
Ma una cosa è certa: nessun oblio potrebbe togliere dalla memoria dei veri milanesi grandi vescovi del passato, e basterà un po’ di polvere per coprire il ricordo di altri, Scola e Delpini, che se non altro un merito ce l’avranno: farci ancor più apprezzare vescovi, come Ambrogio, i cui scritti e le cui opere nessuno potrà cancellare dalla storia di una diocesi che, nonostante vari tentativi di distruggerla da parte di un papa con la testa in periferia, risorgerà come una fenice.
Nel frattempo forse noi i milanesi, e non solo, soffriremo ancora, ma il tempo passa per tutti, e, davanti a Dio, non c’è imbecillità che sia eterna.
31 agosto 2024
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
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