Omelie 2022 di don Giorgio: TERZA DI QUARESIMA

20 marzo 2022: TERZA DI QUARESIMA
Dt 6,4a; 18,9-22; Rm 3,21-26; Gv 8,31-59
La pagina del Vangelo secondo Giovanni, che la liturgia di questa terza domenica di Quaresima ci ripropone da leggere e da meditare, è una tra le più drammatiche presenti nei quattro Vangeli.
Ed ecco la domanda: come è possibile uno scontro così feroce in un Vangelo che da tutti gli studiosi viene riconosciuto come il più mistico tra i quattro?
Forse è proprio vero: l’evangelista Giovanni tanto volava in alto come un’aquila che sfida le ebbrezze del cielo infinito, quanto era realista così da toccare la realtà umana per immergerla nel Mistero profondo di Dio.
Perciò è il caso di dire che la Mistica non è una alienazione del tipo religioso, per cui il mistico sembra una persona assente dalla realtà di questo mondo.
Cristo ha detto: non dovete essere “del” mondo, ovvero pensare come la pensa il mondo, senza però toglierci dal mondo. Si vive “nel” mondo, senza appartenere “al” mondo.
Gli studiosi ci dicono che il quarto Vangelo ci fa entrare in un dramma. Troviamo ben evidenziate alcune opposizioni radicali: luce e tenebre, vita e morte, ecc. Pagina per pagina l’evangelista descrive un “processo” a Gesù. Il vocabolario stesso è quello del conflitto e del dibattito giudiziario: verità, menzogna, giudizio, giustizia, testimonianza, avvocato, convincere, accusare…
Un esegeta scrive: «Quasi ad ogni racconto Gesù deve affrontare l’incomprensione dei “giudei”: l’autore non pensa in primo luogo al popolo di Gerusalemme; egli non fa che semplificare un processo che perdura nel tempo: quello dei cristiani e del “mondo” (e qui per mondo s’intende tutto ciò che è rifiuto di Dio, chiusura dell’uomo su stesso). I credenti sono sempre sotto processo, e se non lo sono non sono veri credenti. I cristiani non fuggono dal mondo, ma lo affrontano denudandolo nella sua menzogna. Il dramma del popolo giudaico è il simbolo di quello dell’umanità tutte le volte che essa si lascia asservire dalle forze del rifiuto, della dispersione, della morte. È il dramma di ciascuno di noi: ci giochiamo la nostra esistenza nello scontro tra verità e menzogna, tra fede e rifiuto di credere».
Anzitutto notiamo una cosa, che non è per nulla secondaria. Lo scontro violento non è stato tra Gesù e i suoi soliti nemici (scribi, farisei e i caporioni del sinedrio), ma tra il Maestro e i suoi simpatizzanti. Scrive Giovanni: «Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto…». E sono proprio costoro, i simpatizzanti di Gesù, che alla fine dello scontro tentano di lapidarlo.
Torna il detto: “E i suoi non lo hanno accolto”. Basta poco: entrare nell’ambito di Gesù, e succede l’incomprensione tra Gesù e i suoi adepti. Pensate alla storia della Chiesa: proprio i “suoi” non hanno accolto Gesù. Gesù non vuole essere di nessuno: appena si cerca di catturarlo, egli sfugge ad ogni presa.
Poniamoci ora la domanda: che cosa ha fatto sì che si scatenasse l’incomprensione così violenta tra Gesù e i suoi simpatizzanti nel racconto di Giovanni?
Due parole sono al centro del diverbio: verità e libertà. Possiamo dire che la parola è una sola: verità. Non c’è libertà senza verità. È dunque la verità che rende liberi. Fissiamolo ben bene nella testa. Ma quale verità? Ecco il problema.
Gesù dà una risposta, e quei falsi credenti si ostinano a dare la loro risposta, e qui già dimostrano di non essere credenti nel vero Dio, nel Dio di Gesù Cristo.
Sì, ciò che distingue il vero dal falso credente è la verità, intesa in un modo o nell’altro. Cristo si appella al Padre, mentre quei falsi credenti si appellano al padre della loro religione, ovvero ad Abramo, inteso carnalmente, così come purtroppo ogni religione intende in modo del tutto carnale il proprio fondatore.
Gli ebrei intendono carnalmente Abramo, capostipite del popolo eletto, gli islamici intendono carnalmente Maometto, così i cristiani intendono carnalmente Gesù Cristo.
È la religione in quanto tale che crea queste contraddizioni. Il motivo è semplice: ogni religione è per sua natura carnale: è una struttura istituzionale, perciò carnale.
Perché Cristo è stato frainteso e condannato dal popolo ebraico? Perché Cristo tuttora è frainteso dalla Chiesa cattolica? Perché viene preso nella sua carnalità.
Che significa allora essere figli di Abramo, di Maometto o di Gesù Cristo?
Se non capiamo il senso della parola “verità” non potremo uscire dal cerchio maledetto che si chiama religione, che impone un suo dio, appellandosi sempre ad una paternità carnale del proprio fondatore carnale. Non si è figli carnali di Abramo, di Maometto o di Gesù Cristo. La verità rende liberi da una schiavitù che ci lega carnalmente al fondatore di una religione: già dire religione è dire legame carnale.
Tutto lo scontro del Vangelo di oggi gira attorno alla parola schiavitù e alla parola libertà.
Gesù cercava di far capire che per uscire dagli schemi “schiavitù/ libertà” bisognava chiarire il concetto di verità.
Il termine greco “alèteia” viene generalmente tradotto in italiano come “verità”, ma ha un significato più interessante. Deriva infatti da a- (alpha privativa che indica “senza”) + lèteia che è un sostantivo che deriva dal verbo “lantháno”, che significa eludo, nascondo. Dunque, alèteia significherebbe “non nascosto”, “svelato”.
La verità allora è rivelazione, nel senso di svelare. Anche in italiano svelare vuol dire togliere il velo. Dunque, dobbiamo togliere i veli, tutto ciò che copre la verità.
Chi può fare tutto questo, ovvero togliere il velo, ovvero manifestare la verità?
È l’Intelletto divino, o lo Spirito santo. Dire Intelletto e dire Spirito sono la stessa cosa.
Per poter attingere all’Intelletto divino occorre rientrare in noi stessi, dove il nostro intelletto/spirito è illuminato dall’Intelletto divino.
E allora capite il motivo per cui siamo lontani dalla verità, e perciò siamo schiavi (è la verità a rendere liberi, ha detto Cristo): finché saremo “fuori”, fuori di noi, del nostro essere interiore, ovvero finché resteremo in un mondo esteriore, la verità sarà offuscata dalla carnalità: noi, “fuori”, vediamo solo con gli occhi della carne. E la carne copre la verità interiore, ovvero la carne rende schiavi.
Non dobbiamo dire: ma noi siamo religios… Proprio perché siamo religiosi, ovvero membri di una religione carnale, siamo ciechi, non vediamo la verità.

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