2 marzo 2025: ULTIMA DOPO L’EPIFANIA
Sir 18,11-14; 2Cor 2,5-11; Lc 19,1-10
Il primo brano è tolto dal Libro del Siracide, così chiamato dal suo autore “Gesù, figlio di Sira”. Il nome Gesù era abbastanza comune, non era esclusivo del Messia Salvatore. Una versione di Gesù è Giosuè, nome famoso perché, come successore di Mosè, aveva condotto il popolo ebraico nella terra promessa. Seguendo l’antica traduzione latina, il Siracide viene anche indicato con il titolo di “Ecclesiastico” (che significa “libro da leggere in assemblea), perché l’opera era molto letta nella comunità ecclesiale, a motivo del suo ricco insegnamento sapienziale, rivolto ad ogni categoria di persone e valido per le diverse situazioni della vita.
Soffermiamoci ora sul brano di oggi, costituito di poche righe del capitolo 18. Se il capitolo precedente (17,20-27) incoraggia alla conversione al Signore: «Ritorna al Signore, e abbandona il peccato», il capitolo 18 si apre in un canto di gioia verso il Dio misericordioso.
È importante garantire, nella fragilità e nella debolezza, colui che faticosamente accetta di seguire il Signore, e tutto il brano lo incoraggia. Proprio questa fragilità induce a compassione e a misericordia il Signore nella sua grandezza.
È un tema frequente nella Bibbia questa scelta di Dio per i più deboli. Basterebbe il “Magnificat”, cantico di Maria, per rendercene conto. Come non ricordare, e lo dovremmo soprattutto oggi, le parole: “Dio ha spiegato (cioè ha teso) la potenza del suo braccio (un’immagine quasi militare ma efficace a indicare che Dio mette in gioco tutta la sua onnipotenza per i più deboli)”, inoltre: “ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore” (Dio confonde, disperde, rende vani i pensieri, i disegni, i piani dei superbi), infine: “ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili” (verbi al passato, a indicare che, se Dio ha agito così nel passato, vuol dire che lo farà ancora).
Da notare che i Profeti dell’Antico Testamento disapprovavano certe scelte diciamo politiche dei capi d’Israele, che preferivano per difendersi dai nemici allearsi con i popoli più potenti. Naturalmente i capi e lo stesso popolo non capivano, contestando le parole del profeta, e disobbedendo a Dio. Non è successo nella storia della Chiesa la stessa cosa? La Chiesa istituzionale con chi si alleava, e ancora oggi non fa la stessa cosa?
È vero che, nei momenti drammatici, non ci resta che aggrapparci a Dio, magari accusandolo per la sua apparente assenza. Non è un’assenza di abbandono, ma perché siamo talmente cocciuti che prendiamo Dio come un oggetto dei nostri capricci o delle nostre voglie, che fanno a pugni con quel Bene, che è Assoluto, ovvero come dice la parola “assoluto” in latino, “ab solutus”, ovvero sciolto, libero da ogni legame.
Poniamoci una semplice domanda: che concetto ho di Dio? Forse di un dio immagine, cioè idolo, dei nostri voleri? Ogni potente inventa un suo dio, e in nome di questo dio compie misfatti, soprusi, crimini, ingiustizie, scatena guerre, invade terre non sue. Anche Hitler credeva in un dio, il suo, così Mussolini, così Trump, così Putin. Ma la stessa religione, cattolica o islamica o ebraica. Ogni religione inventa un suo dio, e poi ci dice: “Questo è il tuo in cui credere!”. Ovvero devo credere in quel dio, che è l’idolo della stessa religione.
Ecco perché Dio si ritira, si apparta, sta in silenzio, perché ogni qualvolta lo invochiamo come se fosse di nostra proprietà, egli si assenta.
È corretto colui che ha detto che non dobbiamo noi cercare Dio, ma Lui ci cerca, perché ogni volta che cerchiamo Dio, lo cerchiamo nei modi e nei luoghi sbagliati. E questo succede quando soprattutto cerchiamo un dio miracoloso, pronto a farci grazie di ogni tipo.
Nel “Padre nostro” c’è una invocazione, che talora contestiamo: “Fiat voluntas tua”, sia fatta la tua volontà. Anche Maria all’Angelo Gabriele che annunciava il volere di Dio, ha risposto: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”.
Il volere di Dio è il nostro bene. A me non piace sentir dire: “Dio mi ama”. Non ama me stesso, ma ama Se stesso in me, perché questo è il vero Dio che devo servire.
Adesso possiamo comprendere le ultime parole del primo brano: «Egli rimprovera, corregge, ammaestra e guida come un pastore il suo gregge. Ha pietà di chi si lascia istruire e di quanti sono zelanti per le sue decisioni». Le sue decisioni, non le nostre.
Se il Signore accettasse di ascoltarci, non vorrebbe il nostro bene, ma il nostro male, perché chiediamo cose sbagliate.
Qui entra in scena, se possiamo così dire, il distacco da tutto ciò che impedisce a Dio di farsi vivo nel nostro essere: se l’ego, fonte di ogni male, in quanto “amor sui”, come dicevano i grandi Mistici medievali, occupa ogni spazio, come possiamo permettere a Dio di entrare? Se una casa è tutta occupata da cose e cose, la luce non può entrare. Più liberate la casa, più luce entra. Distacco dai propri voleri, dai propri pensieri di malvagità, di egoismo: allora capiamo le parole di Cristo: “Convertitevi”, ovvero, in greco, “metanoèite”, che significa: cambiate mentalità, il vostro modo di pensare. È dal pensiero puro che viene la capacità di distinguere il bene dal male.
Avrei accettato un Anno giubilare all’insegna della conversione, ma intesa non in senso moralistico, nel diventare più buoni, generosi, accoglienti, pronti al perdono, ecc. ecc., ma nel cambiare vita secondo le parole di Cristo: “Metanoèite”, cambiate mentalità, e così, solo così potrete cambiare vita. La grande Mistica medievale è chiamata “speculativa”, nel senso che dà il primato all’intelletto, e non alla volontà. L’intelletto illumina la volontà, altrimenti la volontà, senza l’intelletto, che è luce, rimarrebbe al buio, suggerendoci scelte sbagliate. Provate a immaginare un Anno giubilare in cui ognuno di noi, credenti o non credenti, desse spazio a quella “scintilla divina”, che, pur piccola, potrebbe fare luce in noi, e fuori di noi.
So che è una provocazione, ma necessaria per capire la realtà: compissimo quest’Anno giubilare anche tante cose buone, pellegrinaggi, iniziative benefiche, magari dotte conferenze teologiche, ma tutto questo a che servirebbe, se dentro siamo spenti, perché la “scintilla divina” è coperta da tante cose esteriori? Pensate invece se ciascuno dovesse riattivare la propria “scintilla divina”: tutto ciò che compiamo acquisterebbe un senso che andrebbe al di là di un Anno giubilare.
Questo mondo, che Giovanni descriveva “tenebre”, di che cosa ha bisogno: non ha bisogno forse di luce, di scintille di luce? Ai potenti di questo mondo, accecati da un ego folle, non servirebbe parlar loro di pace, fare i bravi, essere al servizio del bene comune, ecc. Se hanno la mente chiusa, a nulla servirebbe, nemmeno i miracoli alla Padre Pio.
Circondare questi potenti di una infinità di luci, non sarebbe come abbagliarli rompendo la loro chiusura mentale? Questi potenti sono ciechi, hanno l’intelletto spento, e hanno tolto l’intelletto a una massa di gente cieca che li vota, li sostiene. Ciechi con ciechi, andranno prima o poi a finire nel fosso. Parole di Cristo.
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