Quel prete che fondò l’Arcigay dopo l’omicidio di due giovani gay siciliani

Giorgio Agatino Giammona e Toni Galatola
da www.repubblica.it/
28 GIUGNO 2023

Quel prete che fondò l’Arcigay

dopo l’omicidio di due giovani gay siciliani

di Iacopo Scaramuzzi

La vicenda di don Marco Bisceglia, sospeso a divinis e poi tornato nella Chiesa, è evocata nel nuovo documentario sul delitto di Giarre di Francesco Lepore che ricostruisce la morte di due ragazzi omosessuali siciliani nel 1980 e la nascita del movimento arcobaleno in Italia

C’è un sacerdote, don Marco Bisceglia, all’origine dell’Arcigay, una delle sigle più rappresentative del movimento per i diritti delle persone omosessuali in Italia. Ad evocare la sua figura è un nuovo documentario sul delitto di Giarre, l’uccisione di due giovani omosessuali siciliani nel 1980. Una vicenda circondata dall’omertà che però, paradossalmente, innescò una serie di manifestazioni pubbliche dalle quali prese corpo il movimento Lgbtqi+ nel nostro Paese. E che intreccia, a volte in modo sorprendente, le posizioni della Chiesa cattolica.
Il documentario Il delitto di Giarre, realizzato dal giornalista Francesco Lepore e trasmesso il 28 giugno in prima visione alle 22 in contemporanea su Crime+Investigation (Sky, 119) e History Channel (Sky, 411), ricostruisce la vicenda di Giorgio Agatino Giammona e Toni Galatola, che, rispettivamente a 25 e 15 anni, il 17 ottobre 1980 a Giarre, in provincia di Catania, scompaiono nel nulla.
Ipotesi e depistaggi
I due sono già conosciuti da tutti in paese con il soprannome di “ziti”, fidanzati, o di “puppi”, termine dispregiativo corrispondente all’italiano froci. Il 31, dopo due settimane di ricerche, vengono ritrovati senza vita sotto un pino marittimo: sono distesi uno accanto all’altro, quasi abbracciati. Le forze dell’ordine pensano subito a un caso di doppio suicidio, quindi di omicidio-suicidio, anche perché la mano destra di quello che viene identificato come il cadavere di Giorgio stringe una busta inzaccherata. All’interno una lettera, di cui si riesce a malapena a leggere le parole: “Io e Toni abbiamo trovato la pace… Mamma perdonaci”.
All’improvviso, la misteriosa confessione di un tredicenne, che si autodenuncia come diretto responsabile, per poi ritrattare immediatamente. Ma grazie a una meticolosa ricerca, numerose interviste dei testimoni dell’epoca, e particolari inediti sulla storia di Giorgio e Toni, il documentario fa emergere una verità diversa e fa balenare l’ipotesi – giudiziariamente non accertata – di una sorta di delitto d’onore maturato in ambito familiare.
L’agguato del “Borghese”
“Il delitto di Giarre” racconta, inoltre, l’origine del movimento arcobaleno italiano. Che proprio in reazione a quelle morti e al silenzio che le circondò fin dall’inizio, fece un salto di qualità. A Giarre si raduneranno, a mo’ di protesta, i militanti e le militanti del FUORI! (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano), e, successivamente, quel delitto accelerò la nascita a Palermo dell’Arcigay.
Il documentario ricostruisce tra l’altro il ruolo che ebbe, in quel frangente, un sacerdote, don Marco Bisceglia, gay dichiarato. “Quando don Marco Bisceglia, un vero e proprio maestro della comunicazione, cavalca l’onda mediatica del delitto di Giorgio e Toni, è in realtà un prete sospeso a divinis già da oltre un anno”, racconta Francesco Lepore, che al delitto di Giarre ha già dedicato il libro-inchiesta, ora aggiornato, Il delitto di Giarre. 1980: un “caso insoluto” e le battaglie del movimento LGBT+ in Italia” (Rizzoli). Il sacerdote viene sospeso per essersi candidato con i radicali alle politiche del 1979. Ma, si legge nel libro, era già noto alle cronache “da quando, nel 1974, il vescovo di Potenza lo aveva rimosso da parroco della parrocchia del Sacro Cuore di Lavello per l’aperto sostegno al sì nel referendum sul divorzio e poi per aver benedetto inconsapevolmente due giornalisti del periodico di destra Il Borghese che si erano spacciati per gay nel 1975”.
Il documentario ripercorre il suo successivo impegno: “Don Marco Bisceglia, sospeso dal ministero, deve sperimentare sulla sua pelle che cosa significa trovarsi economicamente in mezzo a una strada senza un soldo in tasca. Ma ha la fortuna di incontrare una figura straordinariamente generosa, Enrico Menduni, che guida l’Arci nazionale: Menduni lo assume e gli affida il neonato comitato per i diritti civili. Diritti civili che per Marco, gay dichiarato, significano innanzitutto diritti delle persone omosessuali. Marco rientrerà poi in seno alla Chiesa negli anni Novanta, discostandosi sempre di più dal mondo Lgbtqi+, e morirà infine nel 2001 per complicanze da Aids. Ma prima di allora, nel 1983 partecipa a Roma alla fondazione del circolo culturale Mario Mieli, divenendone fra l’altro il primo vicepresidente, e nel 1985 insieme a Nichi Vendola, Franco Grillini, Beppe Rami ed altri dà vita ad Arcigay nazionale”.
Cattolicesimi diversi
La religione cattolica intreccia più volte il delitto di Giarre. Pochi giorni dopo il ritrovamento dei due cadaveri, i manifestanti del FUORI distribuiscono nel paese del Catanese volantini nei quali accusano, quale responsabile ultimo dell’omicidio, “la Chiesa con la sua morale sessuofoba e oppressiva”, oltre che la famiglie e le istituzioni.
Ma dall’interno della Chiesa emerge, oltre alla figura di don Bisceglia, anche altre manifestazioni di una sensibilità rispettosa nei confronti dell’omosessualità. Intervistato nel documentario, padre Diego Sorbello, il sacerdote cappuccino che il 2 novembre 1980 celebrò i funerali dei due ragazzi, ricorda: “Da parte mia c’è stato il tentativo di farli insieme i funerali. Raccomandai di elogiare soprattutto l’amore, proponendo una riconciliazione, la riconciliazione delle famiglie”. Prevalsero, invece, le contrapposizioni e i reciproci sospetti, e i due funerali avvennero separatamente.
Lo stesso autore del documentario, Francesco Lepore, è stato sacerdote. Come racconta en passant nel documentario, ha poi deciso di rinunciare al sacerdozio per vivere apertamente la propria omosessualità. Latinista, ex officiale vaticano, Lepore oggi è giornalista (cura, tra l’altro, una rubrica in latino sul sito Linkiesta) e attivista per i diritti Lgbtqi+. Un’attività che porta avanti, da anni, per fare tra l’altro luce sul delitto di Giarre: raccontando ora, col nuovo documentario, come dall’omertà che circondò l’assassinio di Giorgio e Toni si sia sviluppato – quasi una redenzione – il movimento arcobaleno italiano.

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