
dal Corriere della Sera
1 aprile 2025
Ospedali Milano, Andrea Bellone (Niguarda):
«Ci sono meno posti letto
e servono 4 giorni di attesa
per i ricoveri, il pronto soccorso è un imbuto»
di Sara Bettoni
L’ex primario del pronto soccorso del Niguarda: «Se non si riescono a dimettere i malati, non si riescono neppure a ricoverarne di nuovi»
Dottor Andrea Bellone, già primario del pronto soccorso del Niguarda, nei reparti d’emergenza di Milano l’85% degli accessi è per «codici minori», ovvero per problemi minori.
«I pazienti che si rivolgono al pronto soccorso impropriamente di sicuro causano un iperafflusso, ma il problema principale è quel del sovraffollamento, ovvero del boarding, con i relativi disagi. E questo accade perché negli ultimi 20 anni sono stati tagliati circa 80 mila posti letto in Italia. La carenza si verifica sia negli ospedali, sia nelle strutture intermedie che dovrebbero accogliere i pazienti dopo il ricovero. E se non si riescono a dimettere i malati, non si riescono neppure a ricoverarne di nuovi».
Un circuito bloccato, insomma. Quanto spesso accade?
«Tutti i giorni: è un’emergenza quotidiana. Il paziente resta a lungo in pronto soccorso in attesa di un posto letto. Nel frattempo fa gli accertamenti di cui ha bisogno, ma è comunque uno scandalo. Ci sono tre o quattro ospedali milanesi in cui il boarding è costantemente attorno alle 72/96 ore».
I pazienti quindi rimangono anche per 4 giorni in pronto soccorso su una barella.
«E spesso si tratta di anziani con più patologie e problemi socio-assistenziali. Per loro c’è il rischio di un aumento della mortalità legata alle condizioni del sovraffollamento».
Meglio rivolgersi agli ospedali piccoli, sperando di trovare prima un letto?
«I presidi piccoli sono penalizzati perché perdono volume di attività a favore degli ospedali grandi e inevitabilmente perdono anche qualità. I rischi sono decuplicati rispetto a una struttura maggiore. Dopodiché quello che davvero fa la differenza tra gli ospedali è la possibilità di stipulare due patti. Il primo tra il pronto soccorso e il dipartimento medico: deve essere un’intesa proficua. Il secondo tra il pronto soccorso e la direzione sanitaria, che deve farsi carico anche dei problemi del reparto d’emergenza pensando che è la porta d’ingresso dell’ospedale. Nella maggioranza dei casi queste due alleanze non ci sono».
Oltre all’aumento dei letti per far fronte alla stagione influenzale, sono state attivate alcune iniziative per ridurre gli accessi impropri, come la centrale telefonica Unica.
«Il successo maggiore di questa iniziativa si è visto nella riduzione degli accessi di bambini con codici di gravità minori. La possibilità di una valutazione delle condizioni del figlio, anche domiciliare, rassicura molto i genitori».
Ambulatori per codici minori, fast track e altri strumenti per prendersi cura dei cittadini con problemi meno urgenti rispondono alla vocazione del pronto soccorso?
«I pazienti con codici minori non sono di serie B. Il compito del pronto soccorso è dare una risposta a tutti».
***
dal Corriere della Sera
2 aprile 2025
Pronto soccorso a Milano, il racconto di Claudia:
«Mia mamma a 87 anni ha aspettato 4 giorni
per essere ricoverata»
di Sara Bettoni

L’anziana è rimasta da venerdì mattina a martedì nel reparto d’emergenza del San Giuseppe, poi il trasferimento d’appoggio in Chirurgia
«Mia mamma si è svegliata venerdì e faticava a respirare, così abbiamo chiamato subito l’ambulanza. Ma prima di essere ricoverata in reparto ha dovuto aspettare quattro giorni in pronto soccorso. Solo martedì è stata trasferita». Claudia, 47enne milanese, ripercorre il calvario della mamma 87enne. Come raccontato dal Corriere, a causa della carenza di letti nei reparti e di strutture intermedie in cui trasferire i pazienti dopo la degenza, spesso i pronto soccorso si trasformano in «imbuti»: i malati rimangono bloccati anche per tre o quattro giorni, in attesa di un posto letto.
Claudia, quando è arrivata sua mamma in ospedale?
«La mattina di venerdì 28 marzo. Abbiamo telefonato al 118 e l’ambulanza l’ha portata al pronto soccorso dell’ospedale San Giuseppe (privato accreditato del gruppo Multimedica, ndr). I medici hanno detto che probabilmente aveva una polmonite, visti i problemi respiratori: rantolava».
L’hanno subito curata?
«Le hanno dato antibiotici e ossigeno, ma ci hanno detto che la lista d’attesa per il ricovero era di due o tre giorni: prima di lei c’erano altri sei pazienti».
Dove è stata sistemata?
«In uno spazio del pronto soccorso, in una postazione con l’ossigeno» (dall’ospedale specificano che la signora si trovava nel settore di Osservazione breve intensiva, ndr).
Voi potevate starle accanto?
«No, nonostante mia mamma abbia 87 anni e bisogno d’aiuto. Potevamo andare a trovarla solo negli orari di visita, dalle 11 alle 12 e dalle 18 alle 19, orari che potevano essere ristretti in caso di urgenze. E non so se e come abbia mangiato in quei giorni. Se il personale consegnava il pasto durante gli orari di visita, la aiutavamo ad assumerlo. Ma in altri giorni gli infermieri ci hanno detto che non avevano tempo di andare a recuperare il carrello con il cibo».
Come ha affrontato quei giorni sua mamma?
«Aveva momenti di confusione e paura, perché in pronto soccorso la luce era sempre fissa, c’erano rumori e un continuo via vai. Pensava di essere stata raggirata e che le fosse stata rubata la casa. Ora che è in reparto, pensa di essere in un ospedale di lusso».
Ha sollecitato il ricovero?
«Il 1 aprile ho scritto all’Ufficio reclami del personale e mandato una Pec all’assessorato lombardo al Welfare, perché so che ci sono linee guida che stabiliscono il tempo massimo di stazionamento in pronto soccorso. Indicazioni belle ma inapplicate per mancanza di personale, che tra l’altro è sottopagato».
E poi cosa è successo?
«Dopo mezz’ora dall’invio della Pec mi ha chiamato il medico per dirmi che la mamma era stata trasferita in Chirurgia, come reparto d’appoggio. Non so dire se sia stata una coincidenza. Come pronto soccorso, quello del San Giuseppe mi sembra anche ben organizzato. Ma non si può tenere un’anziana in attesa di un letto così a lungo. E ci è stata negata anche la possibilità di portarle il pranzo da casa».
La storia della madre di Claudia è stata condivisa sui social da Luca Paladini, consigliere regionale di Patto Civico. Dall’ospedale San Giuseppe specificano che nel weekend ci sono stati 320 accessi al pronto soccorso: 30 pazienti sono stati subito ricoverati, gli altri messi in attesa. La mamma di Claudia, accolta con un codice «arancione», è stata collocata nell’Osservazione breve intensiva fino a che si è liberato un letto.
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