La chiesa e la politica sono un aborto!

L’EDITORIALE
di don Giorgio

La chiesa e la politica sono un aborto!

Fra qualche anno (non mi interessa se ci sarò o no) l’osceno Pezzente non ci sarà più: o già crepato nella gloria dei buzzurri o nell’agonia perenne di un corpo (solo pelle) in attesa della gloria degli illustri bastardi.
Ce ne sarà un altro? Può darsi, ma nel frattempo i Giusti esulteranno nella speranza che, prima o poi, il Dio della Storia faccia giustizia dei prepotenti, senza usare il solito misurino della misericordia divina.
Ma perché Dio sopporta a lungo i bastardi?
Lui faccia come vuole, ma io non li sopporto: li odio all’infinito!
Che Dio abbia i suoi misteriosi piani, non mi affascina per nulla: il mistero di un Dio che sopporta il Male lo lascio ad una religione che si serve di tutto, pur di giustificare le proprie porcate.
Un dio nelle mani della politica è un idolo schifoso, e un dio nelle mani di una religione è un idolo altrettanto osceno.
I due idoli si attraggono e si accoppiano nelle voglie di due amanti (lo stato e la chiesa), mai sazi di piaceri “carnali”.
Lo stato “religioso” è da anatematizzare, come la chiesa “statale”.
Nello stato c’è una particolare perversa attrazione verso la religione, così come nella chiesa c’è una propensione altrettanto deleteria verso lo stato.
Il politico è un bastardo figlio di un dio/oggetto di voglie allo stato selvaggio. Il cittadino religioso è un servo devoto del dio politico.
Non ragioniamoci troppo: i leghisti, poveri decerebrati, non capirebbero una mazza.
Prendiamoli uno ad uno (ma uno vale l’altro, dunque prendiamoli in massa) e mettiamoli nel calderone della storia senza senso, e si avrà una poltiglia di salsa verde.
Questa è l’attuale vicenda di un popolo/bue, le cui viscere si propagano in tutto il loro fetore: nelle vie, nelle piazze, nelle case e nei templi, come cloaca inarrestabile.
È la gloria dei fetenti!
È l’esaltazione liturgica di fedeli che cantano a squarciagola, come in una bettola, in onore di un idolo, organo di canne di bambù dal suono sgraziato.
A mala pena sento elevarsi dalla Natura un canto di lode in onore del Creatore.
Anche la Natura ha imparato a tacere.
Che cosa è rimasto di Buono e di Bello nel Creato? Qualche sasso? Un ciuffo d’erba? Una pianta che sfida il soffio di una bocca che sembra il culo di una massa di corpi eterogeneamente fusi?
Mai si è assistito come oggi ad una massa di corpi de-composti e alla Natura che sta per abortire in toto.
San Paolo scrive nella Lettera ai Romani (8,22-23): «Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo».
Ma la Natura si è bloccata. L’essere umano è un filo di voce che si sta spegnendo. Dio si è stancato di aspettare.
Solo i leghisti trionfano sulla loro fine oramai prossima.
Anche se  il mio urlo non basta, non cesserò di svegliare almeno un sasso, una foglia, un filo d’erba, una tenera pianticella.
Il Risveglio inizia dal poco, anche da un misero scarto di Umanità.
3 agosto 2019
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