Omelie 2022 di don Giorgio: PRIMA DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE

4 settembre 2022: PRIMA DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE
Is 30,8-15b; Rm 5,1-11; Mt 4,12-17
Dico subito che basterebbe la pagina del profeta Isaia (primo brano della Messa) per farci riflettere seriamente, non solo sul nostro modo personale di comportarci da credenti, ma soprattutto sulla società che vorrebbe porre, illudendosi e illudendo, la risoluzione di ogni problema sulla forza e sul potere.
Il capitolo 30, di cui fa parte il primo brano, inizia con un “guai” contro i politici di Gerusalemme che stipulano alleanze col Faraone egiziano, inviando delegazioni diplomatiche: il profeta lo vede come un tradimento nei confronti del padre di Israele, il Signore (si noti l’espressione “figli ribelli”), unico salvatore. Lo sbocco di questa politica sarà disastroso e deludente.
Vorrei far notare che per i profeti dell’Antico Testamento il vero peccato non era quello di carattere morale o comportamentale, violando una legge del Decalogo, ma il vero peccato era l’idolatria, ovvero porre la fede negli idoli, manufatti umani. E gli idoli erano anche le potenze straniere, viste in alternativa al vero Dio. Il primo comandamento qual è? “Non avrai altro Dio all’infuori di me”.
Se il vero peccato è l’idolatria, è chiaro che la vera bestemmia contro Dio è sostituirsi a Dio: il delirio di onnipotenza. E il delirio di onnipotenza non è solo del tipo religioso, ma anche di quell’ateismo che nega Dio per sostituirsi a Dio.
Gli atei tolgono Dio e al suo posto mettono un idolo o un’immagine di qualcosa che è in ogni caso ridicolo, perché scimmiotta il vero Dio.
Notate l’immagine della brocca (vaso di creta) che si infrange in mille cocci “così che non si trova tra i suoi frantumi neppure un coccio con cui si possa prendere fuoco dal braciere o attingere acqua dalla cisterna”.
Ma le parole più importanti si trovano nella parte finale del brano di oggi, quando il Signore dice: “Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza”.
L’unico punto di riferimento per Israele deve essere la fede in Dio, in cui si trovano stabilità, serenità e tranquillità, anche di fronte ai pericoli, ma ciò avviene dopo la conversione. E lo dirà lo stesso Cristo nel terzo brano, quando l’evangelista Matteo scrive: «Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”. Convertitevi, in greco “metanoèite”, cambiate mentalità, il vostro modo di pensare, la vostra mente che mente, perciò sostituitela con l’intelletto attivo che vi fa vedere la realtà alla luce dell’Intelletto divino.
Qui troviamo già quanto poi diranno i grandi Mistici medievali. La stabilità, la serenità e la tranquillità sono nell’essere interiore, in un abbandono totale allo Spirito divino. È il mondo di fuori, mondo carnale, con tutte le sue precarietà o legami con le cose, a creare problemi di instabilità, di stress di ogni genere, anche quello psicologico, problemi di incertezza e una serie di crisi esistenziali che rendono infelice la vita.
Pensate anche ai legami del tipo familiare o parentale, alle cosiddette amicizie che contano, amicizie di interesse, ecc. Legami o amicizie che creano instabilità, delusioni, sofferenze.
Tutto all’esterno del proprio essere. Si ha paura di stare soli con se stessi. E si sta fuori, immersi in una carnalità che per sua natura sarà sempre precaria e deludente.
La calma e la quiete interiore: una pace che dà una forza straordinaria, che poi si riflette sul nostro agire, ma con quel discernimento che sa distinguere il buono dal cattivo, il bello dal brutto.
Il vero problema sta qui: nella confusione che crea instabilità e disorientamento, quel vagare di qua e di là, senza aggrapparsi alla roccia della verità e della giustizia, in un mondo di inganni: si parla di verità ma in realtà è una pseudo-verità o apparenza di verità, tutti parlano di giustizia, ma la giustizia è sempre quella del più forte.
Si è dunque stabili, sereni e tranquilli, quando si vedono le cose nello Spirito di Dio. È nell’essere che c’è pace, e non nell’avere. In ciò che si è e non in ciò che si ha.
E attenzione: nessun intimismo o fuga dalla realtà. La realtà ci coinvolge, ma senza travolgerci. Ci coinvolge perché noi agiamo con la nostra interiorità, ovvero attingendo alla sorgente dello Spirito vitale.
Attenzione: stare calmi e tranquilli non significa passività, quasi un toglierci responsabilità sociali o pastorali. La fede, quella mistica, quella che attinge all’essere divino, è energia, è scintilla che provoca incendio per bruciare ogni paglia dell’inutilità o di quel superfluo o di quella boria che è ridicolo superamento di ogni misura o limite umano.
Infine, nel Vangelo di oggi si cita un brano di Isaia, in cui tra l’altro si dice: “Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta”.
Tutti, credenti o non credenti, siamo presi da qualche momento di pessimismo, di scoraggiamento, dando quasi ragione a quel catastrofismo che vede tutto perire nel nulla.
Quante volte anche noi credenti diciamo: questo popolo, e penso a quello italiano, è veramente al limite della pazzia, di un tale rincoglionimento da far temere per la sua salvezza. Che cosa di buono e di giusto potrà venire da un popolo bue che dà ascolto agli imbonitori o populisti che seminano zizzania per poi darla in pasto a una massa di citrulli?
Ma ecco le parole del profeta, uomo di Dio, uomo giusto e nobile: “per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta”.
Non una luce fievole, ma una grande luce.
La luce è infinita, e basta una scintilla per far risplendere il sole divino.
Dentro di noi, credenti o non credenti, c’è una scintilla divina, emanazione dell’Intelletto divino. Ma non dico tutti, ma se tanti riattivassero questa scintilla che è presente nel loro essere, non pensate che il mondo sarebbe illuminato e non nelle tenebre?
Che significa che “Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce”? Di quale luce si tratta? Ogni realtà del Creato, sì anche la Natura, è emanazione della Luce divina. Ma è coperta. Occorre disseppellirla. Sempre Cristo ha detto: “Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa”.

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