Omelie 2023 di don Giorgio: QUINTA DOPO L’EPIFANIA

5 febbraio 2023: QUINTA DOPO L’EPIFANIA
Is 66,18b-22; Rm 4,13-17; Gv 4,46-54
Partiamo dal primo brano della Messa. Il profeta anonimo, chiamato dagli studiosi il Terzo Isaia, autore della terza parte del Libro chiamato genericamente di Isaia, che comprende gli ultimi dieci capitoli, un profeta vissuto nel periodo successivo al ritorno degli ebrei dall’esilio babilonese, durante la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme, con il brano di oggi conclude il libro, aprendo orizzonti splendidi e sconcertanti al popolo d’Israele.
Gli studiosi dicono che il capitolo finale è un canto particolarmente intenso e variegato, con diversi oracoli, introdotti da “Così dice il Signore”, riuniti in un’unica composizione.
Si inizia con un ammonimento nel più puro spirito profetico: non basta ricostruire materialmente il tempio, e riprendere le celebrazioni rituali dei sacrifici e delle offerte: è necessario convertirsi radicalmente e impegnarsi nella lotta contro l’idolatria, definita “abominazione”, ovvero qualcosa che suscita orrore, qualcosa di ripugnante, che va perciò disprezzato, rifiutato. L’ho già più volte fatto notare: per i profeti di Dio il vero peccato non era del tipo morale o comportamentale, ma del tipo religioso: appunto l’idolatria, vista come tradimento dell’Alleanza con l’unico Dio.
Certo, i profeti invitavano non solo alla lotta contro l’idolatria, ovvero contro quell’oggetto da adorare, un oggetto di propria fabbricazione per sostituire il vero Dio. Ma invitavano a lottare anche contro l’ingiustizia: tradire la vera immagine di Dio è tradire la sua giustizia, che si riflette nel Creato, in ogni suo aspetto come Natura, grembo di vita: anche l’animale, come del resto dice già la parola, ha la vita, come anche il mondo vegetale e il mondo minerale. Tutto è vita, e tutto deve far parte della nuova comunità che è l’Universo intero. È così che si può dare senso anche al tempio e al suo culto. Pensate all’oggi, dove le nostre chiese non si capisce più se siano templi dello Spirito o del corpo, templi in cui si viene per convertirsi alla nuova umanità, oppure, viceversa, per fare dell’umanità un insieme di barbarismi e di razzismi.
Il capitolo prosegue con aperture davvero provocatorie. Gli ebrei, che si oppongono al disegno di Dio, vengono definiti “nemici dello stesso Dio”. Lo dirà più volte anche Gesù: “i suoi non l’hanno accolto”: i suoi compaesani di Nazaret, i suoi simpatizzanti, il suo popolo, quello ebraico, i suoi stessi discepoli che lo tradiscono. Quanto è vero: i veri nemici sono quelli di casa!
Poi si passa alla descrizione dell’opera del Signore nei confronti della nuova nazione. Attenzione alle parole: nazione è una parola equivoca, visto che ancora oggi si usa dire nazionalismo, sovranismo, patriottismo. Nazione deriva dal latino “nascere”, ovvero indica il luogo in cui uno è nato. Ma c’è nascita, e nascita. C’è la nascita fisica, e allora si parla di nazione in senso fisico. Ma c’è la nascita spirituale, mistica, e allora non ci sono più nazioni e nazionalismi in senso carnale, con barriere carnali.
Il disegno di Dio, già vivamente presente negli scritti dei Profeti dell’Antico Testamento, è universale, è destinato a frantumare ogni chiusura nazionalistica, e i primi a non averlo capito sono stati proprio gli ebrei, i “nemici di casa”, i quali hanno sempre frainteso il concetto di elezione, inteso come separazione dagli altri, come popolo eletto, privilegiato.
I profeti, nel descrivere il disegno universalistico di Dio, ricorrevano a delle immagini che purtroppo nel tempo hanno perso tutta la loro provocazione divina.
Pensate all’immagine della donna madre, ovvero come grembo sempre fertile di vita. Ma chi rappresenta questa madre che genera figli al di fuori di ogni concetto nazionalistico? Mussolini premiava le madri che generavano figli maschi, per poi avere un materiale carnale per mandali in guerra. Strumenti di guerra! Non ho ancora capito il grande interesse, diciamo ossessione, della Chiesa, di popolare la terra di una schiera quasi infinita di figli. Sempre sul piano carnale!
Ma Dio usava un altro linguaggio, o meglio gli si metteva in bocca un linguaggio da intendere però non in senso puramente carnale. Certamente, Dio in quanto spirito non parlava, i profeti erano la voce di Dio, e Dio ispirava in loro parole divine.
Pensate alla generazione del Logos in noi, che non avviene solo carnalmente, così come è avvenuto nel grembo fisico di Maria di Nazaret.
I grandi Mistici medievali parlavano della generazione misteriosa, del tutto spirituale, del Logos nel nostro essere. Sconvolgente!
Una società, il cui futuro dipende solo dai figli che nascono carnalmente, e devono essere numerosi secondo la religione cattolica, che cosa diventerà? Imploderà…
La terra ha un limite di sopportazione, anche se, la storia ce lo insegna, è la stessa perversione degli esseri umani che risolve in parte il problema demografico, con guerre, violenze, uccisioni, ecc. ecc.
So che il discorso si farebbe complesso e difficile sull’equilibrio da mantenere tra ambiente fisico, da valutare nei suoi limiti di sopportabilità dell’esistenza umana sul pianeta terra, e il diritto di ogni essere a vivere in quanto essere, in santa pace. Non dico altro, potrei essere tacciato di selezione della razza umana. Ma vorrei portare sempre il mio discorso al di sopra di ogni carnalità, e allora godiamoci anche del Sogno divino, il quale vola alto, al di sopra dei nostri ragionamenti puramente carnali, in ogni caso del tipo ideologico o prettamente religioso nel senso più carnale.
Torniamo all’immagine materna della donna, che è sempre rivoluzionario e diciamo anche attuale. Anche qui, attenzione, non cadiamo nel rischio di fermarci alle parole in sé, da intendere in senso carnale, e allora l’immagine profetica della maternità della donna richiama quel grembo dell’Essere divino, e, di riflesso, dell’essere umano, che partorisce in continuazione la vita, da intendere nel senso più ampio che va al di là dell’elemento carnale. E allora tutto diventa simbolo, ma, direi di più, tutto è quell’Utopia divina, che, come dice la parola u-topia, senza luogo, che perciò non è legata né al tempo né allo spazio in senso fisico.
Concludo leggendovi le parole del profeta, che presenta la nuova Gerusalemme, ovvero la nuova umanità o creazione come una mamma ricca di latte, che può alimentare con abbondanza i suoi figli. Il latte è simbolo dei beni messianici: la pace, la giustizia, la fratellanza universale.
«Rallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa quanti la amate. Gioite grandemente con essa, voi tutti che avete partecipato al suo lutto. Così succhierete al suo seno
e vi sazierete delle sue consolazioni; succhierete con delizia all’abbondanza del suo seno. Poiché così dice il Signore: “Ecco, io farò scorrere verso di essa, come un fiume, la pace; come un torrente in piena le ricchezze delle nazioni. Voi succhierete e sarete portati in braccio, sarete accarezzati sulle ginocchia”».

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