Omelie 2025 di don Giorgio: EPIFANIA DEL SIGNORE

6 gennaio 2025: EPIFANIA DEL SIGNORE
Is 60,1-6; Tt 2,11-3,2; Mt 2,1-12
Diciamo subito che la parola “epifania” deriva dal greco e significa “apparire dall’alto”, ovvero manifestazione della divinità: la divinità si rivela, nel senso di togliere qualche velo a qualcosa di nascosto.
Secondo la Bibbia Dio si manifesta in vari modi, anche nelle cosiddette teofanie, quando Dio appariva ad esempio a Mosè sul Monte Sion attraverso un roveto che ardeva e non si consumava. Ma Dio si manifestò a Mosè anche nei tuoni, lampi e in una nube densa, oppure nel fuoco e fumo che saliva dal monte che si scuoteva come in un terremoto.
Elia invece ebbe un’altra esperienza: Dio gli si manifestò sul Monte Oreb ma non in un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, non in un terremoto e nel fuoco, ma nel sussurro di una brezza leggera; qualcuno traduce: “una voce di silenzio sottile”.
In ogni caso ogni, apparizione divina è legata alla luce. Il fuoco sprigiona scintille di luce. Così il vento toglie ogni ostacolo alla Luce.
Soffermiamoci anzitutto sul brano del libro di Isaia: è tratto dai suoi ultimi dieci capitoli (56-66) in cui sono descritti il ritorno in Gerusalemme e la ricostituzione del popolo, liberato dopo l’esilio di Babilonia (587-538 a.C.).
Gerusalemme qui è la grande città di Davide, luogo della presenza del Signore, rifatta segno della protezione di Dio che ama il suo popolo. Di fatto, Gerusalemme sarà finalmente irradiata dalla luce, ritroverà i suoi figli e accoglierà una folla di stranieri. Gli abitanti di Gerusalemme restano sempre stupiti delle aurore e dei tramonti sulla città poiché, collocata sul monte Sion, mentre in basso con ritardo, in mattinata, si diradano nebbia e foschia, in cima splende il sole e illumina il tempio. Questo effetto luminoso ha affascinato anche i discepoli di Gesù provocando in loro ammirazione.
I tesori del mare provengono dall’ovest, con le navi fenicie o greche; le ricchezze dell’oriente e d’Egitto giungono con le carovane attraverso i deserti di Siria e del Sinai. Gli stuoli di cammelli e di dromedari erano stati l’incubo delle distruzioni, mentre ora sono segni di ricchezza e di speranza. Le allusioni ai tesori dell’oriente e la prospettiva universalista del versetto 6 (“tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore”) hanno portato la liturgia ad applicare questo testo al mistero dell’Epifania.
Ma non è questo il vero legame con il brano dei Magi, ma le prime parole del brano di oggi, quando l’anonimo profeta, in nome di Dio, con un ordine invita Gerusalemme. «Àlzati, rivèstiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere».
Gerusalemme, sempre idealmente, è luce e gloria poiché Dio è presente. Ma anche Gesù sarà luce e gloria. Lo dirà Simeone quando Maria e Giuseppe porteranno Gesù al tempio per la presentazione: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo se ne vada in pace secondo la tua parola, poiché i miei occhi han visto la tua salvezza che hai preparato davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» (Lc 2,29-32).
Ora possiamo leggere il racconto dei Magi al di là di una lettura puramente letterale, come se fosse un episodio storico, visto che, secondo gli studiosi, si tratterebbe di un “midrash” cristiano (secondo un metodo tipicamente ebraico di interpretare la Parola di Dio), ovvero, per dirla con parole semplici, si tratterebbe di un racconto non storico, ma solo edificante, che ha però (questo è importante se vogliamo parlare di midrash) dei passi o dei riferimenti presenti nell’Antico Testamento. Il midrash è una rielaborazione o ricostruzione, sotto forme anche apparentemente storiche (il racconto “sembra” vero, ma non lo è), di fatti o di profezie dell’Antico Testamento.
Ed è bello, ancor più suggestivo leggere il racconto dei Magi in questo modo. Se fosse storico, sarebbe difficile accettare tanti particolari, tra cui, ad esempio, l’apparire o lo scomparire e il camminare della stella verso l’abitazione di Gesù bambino. Ed è proprio la storia della stella che ha creato forti tensioni (talora ridicole da una parte e dall’altra) tra certi uomini di chiesa e certi uomini di scienza.
E allora, ecco la domanda: meditando e rimeditando su questo edificante racconto di Matteo, da non intendere in senso letterale come se fosse un fatto storico, quale è la parte diciamo essenziale? Certo, il nostro incontro con Gesù bambino (i magi rappresentano ciascuno di noi) è il punto di arrivo, ed è la generazione e rigenerazione in noi del Logos, in quell’Unione mistica che è il cuore del Cristianesimo.
Ma una parte importante è della stella, anche qui non da intendere in senso fisico. Non ci interessa sapere chi fossero i magi, quanti fossero, i loro nomi, i loro doni, ecc., perché i magi rappresentano ciascuno di noi. Ci interessa sapere di più della stella, come luce. E qui non possiamo non riagganciarci con quanto ha detto il profeta del primo brano, quando parlava di una luce che accompagna i credenti nel loro cammino di fede. «Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere».
L’evangelista Matteo che cosa dice all’inizio del suo racconto edificante? «Nato il Signore Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». L’oriente è da intendere nel suo significato etimologico di “là dove sorge il sole”. E, nel nostro caso, là dove è sorta la stella che ha accompagnato i magi nel loro cammino verso l’incontro mistico con Gesù Bambino.
Quindi, il cuore del racconto edificante, ricco tra l’altro di molte simbologie, è la luce rappresentata da una cometa.
Possiamo allora dire che la cometa può rappresentare quella “scintilla divina” che è in ogni essere umano. Scintilla dell’Intelletto divino? Così l’intendevano i grandi Mistici medievali, che non per nulla erano chiamati “speculativi”.
Ma già lo stesso san Paolo nel secondo brano della Messa dice: “è apparsa la Grazia di Dio”. La parola “epifania”, come ho detto all’inizio, significa “manifestazione di Dio”: Dio come si manifesta? Nella sovrabbondanza del dono di Se stesso come Intelletto, come Luce. Dono che significa Grazia.
Allora possiamo dire che il nostro cammino di fede avviene nella Grazia di Dio, in quanto Luce che apre la strada verso scoperte sempre nuove. Non siamo noi ad aprire la strada, non sono le leggi di una religione qualsiasi, non sono i giubilei spettacolari, non sono le indulgenze, ma è quella scintilla dell’Intelletto divino che è in ciascun essere umano.

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