Omelie 2024 di don Giorgio: BATTESIMO DEL SIGNORE

7 gennaio 2024: BATTESIMO DEL SIGNORE
Is 55,4-7; Ef 2,13-22; Mc 1,17-11
Vorrei anzitutto fare una premessa, anch’essa importante, direi fondamentale.
Il Mistero divino è l’Uno essenziale, il che significa che non va frammentato, non va visto o vissuto nelle sue diverse sfaccettature, seguendo l’anno liturgico, che, per esigenze pastorali, si divide in periodi come: l’Avvento, il Natale, la Quaresima, la Pasqua, la Pentecoste, il post Pentecoste, e così via, per poi ricominciare daccapo, secondo un ciclo di tre anni: Anno A, Anno B, Anno C, ognuno con proprie letture.
C’è un rischio, ed è che si pensi che si tratti di celebrazioni solenni o non solenni di un Mistero che ha diversi volti, e succede che anche il credente si concentri un po’ di più quando è Avvento o quando è Quaresima, per poi rilassarsi per tutto il resto dell’anno liturgico.
Questo per dire che da oggi fino alla prossima Quaresima non dobbiamo pensare: ora finalmente si torna alla normalità, dopo lo stress prenatalizio.
È vero che, dall’infanzia di Gesù, narrata solo da Matteo e Luca, si passa all’apparizione di Gesù trentenne sulla scena pubblica. Ma, ripeto, il Mistero divino è l’Uno, ed è nell’Uno che la Liturgia coglie o dovrebbe cogliere ogni manifestazione del Mistero divino, che perciò si rivela in ogni vicenda o realtà umana, anche se la perversione delle creature ci porta lontano dall’Uno divino.
Nel primo brano della Messa leggiamo l’invito del profeta: «Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri».
Notate le espressioni: “cercare il Signore, mentre si fa trovare, invocarlo mentre è vicino”. Sì, è Dio che si fa trovare, è Dio che si fa vicino, è il Creatore che cerca le sue creature. In che senso? Dio è presente così intimamente nel Creato e nelle creature che dovrebbe essere facile scoprirLo: occorre da parte nostra, esseri intelligenti, usare gli occhi dello spirito. È sbagliato dire che dobbiamo cercare un Dio che è lontano.
Ma Dio come è vicino? Ed è qui il problema. Talora ci è vicino un dio sbagliato, un “nostro” dio, che proprio perché “nostro” è un idolo, frutto delle nostre immaginazioni. Il vero Dio è allora “lontano”, ancora lontano perché noi lo allontaniamo mettendo sul trono idoli, o immagini di un dio che è un parto di religioni che inventano un loro dio e ce lo impongono da adorare.
Ma Dio dove ci è vicino, dove si fa trovare? Non fuori di noi, ma dentro di noi. La stessa natura, ovvero il creato, contiene infiniti semi divini, da cogliere però con l’intelletto che è dentro di noi.
Ecco allora le altre parole del profeta: «L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri». Che significa abbandonare “pensieri iniqui”? Il giusto vive non di propri pensieri, ma del Pensiero di Dio, che lo illumina così da scegliere la giusta via.
Le prime parole che, secondo il Vangelo di Marco, Gesù dice sono: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete nel Vangelo».
In Gesù il tempo dell’attesa è terminata, l’ora della Grazia promessa si è realizzata, il regno di Dio è vicino, ovvero è presente, ma, ecco l’imperativo: “Convertitevi”, ovvero, in greco “Metanoèite!”, che significa: cambiate i vostri pensieri, il vostro modo di ragionare, ritornate in voi stessi (convertirsi dà l’idea di uno che si ferma, e cambia strada, ovvero torna in se stesso per riprendersi l’intelletto “attivo”, quello illuminato dall’Alto).
Il figliol prodigo, quando ha capito di essere fuori strada e di tornare a casa? Luca scrive: “allora rientrò in sé”. Ecco la svolta: rientrò in se stesso.
Sarebbe interessante soffermarci a lungo sul secondo brano. Anche Paolo parla di lontani e di vicini, intendendo per vicinanza e lontananza anche ciò che succede in ognuno di noi: in parte siamo lontani da Dio e in parte gli siamo vicini, c’è una parte che rifiuta Dio e una parte che lo cerca, ma il Figlio di Dio si è incarnato per togliere ogni divisione in noi, e fuori di noi. Qui il discorso si farebbe lungo, per ciò che riguarda la divisione in noi tra la parte buona e la parte malvagia, e la divisione che si crea in una società di inclusi e di esclusi. Ma attenzione: oggi si parla tanto, ovunque, anche nella Chiesa, di inclusione, ma forse non abbiamo ancora colto ciò che è il pensiero divino di inclusione o di pacificazione.
San Paolo sembra ricordare l’esclusione che gli stranieri dovevano accettare, qualora volessero entrare nel tempio di Gerusalemme. Un muro, alto circa un metro e mezzo, circondava tutta l’area sacra del tempio ed era vietato l’ingresso ai pagani, pena la condanna a morte. Lo ricordavano 13 piccole lapidi con una scritta in greco e latino. In tal modo veniva garantita la separazione e la lacerazione dell’umanità. Il popolo d’Israele è convinto che la differenza e la esclusione fossero volute da Dio: da una parte l’elezione e dall’altra l’esclusione.
Ma ecco le parole: “Gesù è la nostra pace”: è Colui che abbatte i muri di separazione e lo farà fino a includere nel suo Disegno tutti i popoli della terra. Dio ha creato un’unica umanità dove ciascuno si senta suo figlio. Dio ha abrogato la legge giudaica che escludeva i pagani, e anche ogni legge religiosa talmente dogmatica da essere qualcosa di privilegiato per degli eletti.
Dal terzo brano, da cui è nata le festa del Battesimo di oggi, traggo l’’opportunità di riflettere sulle parole: «E subito, uscendo dall’acqua, (Gesù) vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba».
L’espressione “squarciare i cieli” è presente in altri passi della Bibbia. Pensiamo alla invocazione del profeta Isaia: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!”. E pensiamo alle parole del diacono Stefano, poco prima di essere ucciso a sassate dagli ebrei fanatici: “Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio”.
Dite quello che volete, ma a me piace moltissimo pensare ai cieli che si aprono, addirittura che si squarciano tanto sono chiusi.
Sembra di vivere quotidianamente sotto una cappa di piombo, immersi in una caligine tale da opprimerci fisicamente, psichicamente e spiritualmente.
Ma è la realtà del nostro essere spirito a doverci preoccupare, quando lo spirito non trova spazio per la sua libertà.
E succede che Dio apre sempre i cieli, li tiene sempre aperti, ma noi li chiudiamo perché troppa libertà dà fastidio a tutti, soprattutto al potere che vorrebbe che tutti siano prostrati alle sue voglie malefiche che amano le tenebre, ovvero cieli chiusi.

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