L’EDITORIALE
di don Giorgio
“Scandalo”,
una parola che non scandalizza più
Forse una volta ci si scandalizzava per poco, segno che si era sensibili a certi valori oppure a un certo standard di vita. O forse perché certe digressioni erano rare.
Ciò che oggi succede è una tale omologazione nella più assoluta sregolatezza che tutto è diventato normale, perciò non scandaloso.
Si leggono i giornali, e non ci si scandalizza più di nulla, neanche se hanno scoperto che un pedofilo si è approfittato di cento minorenni. E neppure ci si scandalizza se, appena alzati dal letto, si legge sul giornale che migliaia di bambini sono morti sotto il fuoco di combattimenti che oggi sono chiamati “diritto di difesa”.
Putin fa guerra all’Ucraina, e importa solo di non avere noi italiani le conseguenze, e perciò si diventa anche putiniani per opportunismo: e chi si scandalizza se il popolo italiano al 90 per cento spinge perché l’Ucraina cessi di difendersi, costi quello che costi?
Che le donne oggi non fanno altro che far parlare di sé, dicendo e anche inventando puttanate, chi si scandalizza? La solita battuta da osteria…
Che ogni giorno qualche ministro di questo governo, a turno, ne combinino una delle sue, chi si scandalizza, tanto più che, quando un ministro viene sputtanato dai fatti, esce con la solita battuta: “Io non mi dimetto!”? E il farabutto smerdato pubblicamente rimane al suo posto, con il consenso opportunistico della “pirletta”, anch’essa un soggetto da baraccone.
Giustamente è stato scritto: «La parola ‘scandalo’ deriva dal greco skandalon, che significa “inciampo, ostacolo” e viene usata per tutto quello che causa un turbamento della sensibilità morale. Ovvio che se cambia la morale personale e comune, cambia anche la nostra reazione a tutto quello che anche solo fino a poco tempo fa, creava questo turbamento. Sono quindi sempre meno quelli che si scandalizzano per quello che vediamo e sentiamo in TV o sui social. Al limite ci si scandalizza del fatto che ci sia qualcuno che si scandalizzi. Nel mondo del tutto è lecito, senza più freni, filtri o limiti, non c’è più spazio per chi si scandalizza di qualcosa o di qualcuno».
Non è per pura curiosità, ma se cerchiamo la parola “scandalo” nella Bibbia troviamo qualcosa di interessante. Anzitutto, cosa apparentemente grottesca, è che secondo il Testo sacro il primo a scandalizzare è proprio Dio.
Già il Vecchio Testamento rivela che Dio può essere causa di scandalo per Israele: «Egli (il Signore) sarà insidia e pietra di ostacolo e scoglio d’inciampo per le due case d’Israele, laccio e trabocchetto per gli abitanti di Gerusalemme. Tra di loro molti inciamperanno, cadranno e si sfracelleranno, saranno presi e catturati» (Is 8,14-15). E questo perché col suo modo di agire, Dio mette alla prova la fede del suo popolo.
Così anche Gesù è apparso come un “segno di contraddizione”. Pur essendo stato mandato per la salvezza di tutti, di fatto è occasione di indurimento per molti: «Questo bambino, dice il vecchio Simeone, è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione» (Lc 2,34). Nella persona di Cristo e nella sua vita, tutto costituisce “scandalo”. Egli è il figlio del falegname di Nazaret (Mt 13,57); vuole salvare il mondo non mediante un qualche messianismo vendicatore (11, 2-5; cfr Gv 3,17) o politico (Gv 6,15), ma mediante la passione e la croce (Mt 16,21); gli stessi discepoli vi si oppongono come Satana (16, 22 s) e, scandalizzati, abbandonano il loro maestro (Gv 6, 66).
Paolo ha dovuto affrontare questo scandalo sia nel mondo greco che nel mondo giudaico. Cristo crocifisso è «scandalo per i Giudei, e follia per i pagani» (1Cor 1, 23).
Questo scandalo può venire anche dallo stesso discepolo; Gesù quindi esige con forza e senza pietà la rinuncia a tutto ciò che può creare ostacolo al regno di Dio. «Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo e gettalo lontano da te» (Mt 5, 29s; 18, 8s). Sull’esempio di Gesù che non voleva turbare le anime semplici (Mt 17, 26), Paolo vuole che si eviti di scandalizzare le coscienze deboli e poco formate: «Badate che la libertà di cui fate uso non diventi occasione di caduta per i deboli» (1Cor 8, 9; Rom 14,13-15. 20).
Lo scandalo si faceva sempre più forte quando Gesù metteva a nudo la ipocrisia degli scribi e farisei: «Ipocriti! Bene profetizzò Isaia di voi quando disse: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me. Invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che sono precetti d’uomini”». Chiamata a sé la folla, disse loro: “Ascoltate e intendete: non quello che entra nella bocca contamina l’uomo; ma è quello che esce dalla bocca che contamina l’uomo!”. Allora i discepoli si avvicinarono e gli dissero: “Sai che i farisei, quando hanno udito questo discorso, ne sono rimasti scandalizzati?”» (Matteo 15,7-12).
Ma anche gli stessi suoi discepoli, coloro che lo seguivano, ebbero reazioni simili quando Gesù parlava di sé come della manna, del pane disceso dal cielo come dono di Dio, di cui gli uomini avrebbero dovuto ‘cibarsi’ per essere salvati: Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano di ciò, disse loro: «Questo vi scandalizza?» (Giovanni 6,61).
Gesù ebbe anche parole particolarmente dure per coloro che provocano quelli che lui vede essere veri scandali, cioè quelli che con il loro comportamento sono di inciampo, di offesa per coloro che credono, che come bambini hanno accettato con umiltà e fede semplice il messaggio del vangelo: Ed egli, chiamato a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Chi pertanto si farà piccolo come questo bambino, sarà lui il più grande nel regno dei cieli. E chiunque riceve un bambino come questo nel nome mio, riceve me. Ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare. Guai al mondo a causa degli scandali! perché è necessario che avvengano degli scandali; ma guai all’uomo per cui lo scandalo avviene! (Matteo 18:2-7).
Una cosa è certa: se un tempo Dio stesso era uno scandalo perché provocava le ire dei benpensanti e dei potenti, se Cristo scandalizzava lanciando dure invettive contro gli scribi e i farisei, definendoli sepolcri imbiancati, razze di vipere, oggi che fede è mai la nostra, se il Dio in cui crediamo non fa neppure solletico alla barbarie?
Qui non si tratta tanto di una morale a pezzi, di una oscenità che sbava da ogni parte, di gossip che riempie ogni rotocalco, ma di una Chiesa che, se lancia scomuniche, lo fa contro gli spiriti liberi, promuovendo gli inetti e gli idioti, che messi su qualche gradino di una gerarchia cieca e ottusa mettono alla prova la pazienza dello stesso Dio.
Oggi neppure ci si scandalizza se a capo di una grossa diocesi viene messo una trottola impazzita, insulso nel dire anche la cosa più semplice, incapace di arrossire quando lo si accusa di essere “un buono a nulla”, tanto imbecille da non vedere attorno a sé un vuoto pauroso.
E neppure gli spiriti liberi, che dissentono con durezza, riescono a scandalizzare un popolo di credenti rincoglioniti, preti alla deriva, un papa indecente.
La Parola di Dio si è fatta muta, perché non provoca più, non è più pietra d’inciampo.
07/09/2024
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