Omelie 2022 di don Giorgio: QUARTA DI PASQUA

8 maggio 2022: QUARTA DI PASQUA
At 21,8b-14; Fil 1,8-14; Gv 15,9-17
Quando devo commentare i brani della Messa, cioè devo comunicare qualcosa di interessante e di stimolante in riferimento al Mistero divino, non mi basta prendere lo spunto da qualche buon libro esegetico e neppure soffermarmi su qualche particolare parola, che è sempre in ogni caso parola di Dio.
Vorrei sentirmi spiritualmente parte di un contesto di Fede, che è difficile talora comprendere , ovvero cogliere nel suo insieme: un insieme che volere o no appartiene al passato, e già dire passato mi mette in difficoltà, pensando a un oggi così distaccato, così lontano, così avulso dalla Fede di allora.
Vi confesso di provare tanta invidia e anche nostalgia dei primi tempi del Cristianesimo più puro: di quel Cristianesimo delle origini così pregnante di entusiasmo, sotto l’azione sempre imprevedibile dello Spirito santo.
Sì, tutto così pieno di Spirito santo: e i discepoli, i primi credenti, erano chiamati santi, fratelli, poi cristiani, ovvero seguaci di quel Cristo che i pagani ritenevano il nome proprio di Gesù di Nazaret.
Pensate: erano chiamati santi, fratelli, e poi che cosa successe? I credenti uscirono da quel contesto carismatico di Fede, e il Cristianesimo più puro si disgregò sotto i colpi di un organismo che per forza di cose dovette imporsi sulla profezia, ovvero sulla azione dello Spirito santo. Sì, per forza di cose: il Cristianesimo col tempo finì per incarnarsi in una struttura, via via sempre più pesante e costrittiva.
Ma leggendo il primo brano si rimane colpiti dalla reale presenza dello Spirito santo, che agiva liberamente nelle donne e nei maschi, senza che ci fossero già i vincoli che successivamente verranno imposti da una Chiesa sempre più ingessata.
Sembrava quasi che la Chiesa istituzionale avesse paura che lo Spirito ispirasse troppo liberamente i credenti, così da creare scompiglio e disordine.
E non si trattava di alcuni casi isolati di donne e di uomini “ripieni di Spirito”, che venivano chiamati profeti o profetesse. C’è, negli scritti del Nuovo Testamento, un lungo elenco di cristiane e di cristiani carismatici. Agivano quasi a ruota libera, ma sempre all’interno della Chiesa primitiva.
Nel primo brano della Messa troviamo Filippo, uno dei sette diaconi, detto “l’evangelista”, titolo raro nel Nuovo Testamento, inizialmente indicava un banditore ambulante del vangelo, solo più tardi, verso il 200, indicherà l’autore del Vangelo. I primi diaconi, contrariamente a quanto si pensi, non erano solo dediti al servizio delle mense dei poveri, ma anche predicavano il Vangelo. Pensate a Santo Stefano, primo martire.
Ebbene, Filippo, che era sposato, aveva quattro figlie nubili, che avevano il dono della profezia. In che cosa consistesse “avere il dono della profezia” non è ancora chiaro, tuttavia una cosa sembra evidente, ovvero che erano donne o ragazze “ispirate dallo Spirito santo”, dunque spiriti liberi all’interno di una Chiesa che stava per strutturarsi.
Noi sappiamo che la comunità di Giovanni, in cui nacque il quarto Vangelo, era profetica, quasi antagonista alle altre comunità più legate a Pietro, capo gerarchico della Chiesa.
E possiamo legittimamente supporre che la comunità profetica di Giovanni, e soprattutto il quarto Vangelo abbiano influito in modo determinante sullo sviluppo del Cristianesimo.
Che all’inizio ci fossero dei cristiani col dono della profezia, aperti all’azione dello Spirito, era più che naturale, ma, ecco la domanda: questa profezia presente nei primi cristiani durò a lungo?
Possiamo dire che durò fino a quando non prevalse l’aspetto gerarchico della Chiesa istituzionale, che man mano spegnerà l’azione degli spiriti liberi.
La cosa comunque impressionante è notare una progressiva repressione della profezia tra il mondo femminile, dal momento che la Chiesa istituzionale diventerà sempre più maschilista.
Bisogna aspettare il basso Medioevo (XII secolo) per assistere al rifiorire di spiriti liberi in quel fenomeno noto come beghinale: erano donne, chiamate appunto beghine, che si costituivano in piccole comunità, senza avere almeno inizialmente alcuna dipendenza dalle autorità ecclesiastiche. Un fenomeno che subito assunse un notevole sviluppo tanto da preoccupare la Chiesa istituzionale che intervenne a bloccarlo. Altra occasione persa da parte della Chiesa, che doveva invece dare credito a questo straordinario movimento femminile.
No, la Chiesa mai ha capito, e mai capirà, neppure oggi, che il Cristianesimo delle origini, in tutta la sua pura radicalità è altra cosa da una Chiesa/religione/istituzione, che lungo i secoli tenterà sempre di porre su ogni movimento di spiriti liberi il proprio sigillo.
Sarei tentato ora di approfondire il brano evangelico, dove Gesù parla di amore, di amicizia, di “rimanere” in lui.
Ogni parola ha un suo senso proprio, da cogliere in profondità, al di là degli aspetti carnali o psichici. Ecco perché alla parola “amore” si deve preferire la parola “Bene”.
Dio mi vuole Bene, perché vuole in me il suo Bene. Meister Eckhart dice più esplicitamente che Dio non ama me, ma ama Se stesso in me, ovvero ciò che Dio vuole non è il mio bene in quanto mio, ma il Bene assoluto in me, ed è nel bene assoluto che io sto bene.
Devo perciò fare in me più spazio possibile perché sia totale in me la presenza di Dio. Dio, il Bene Assoluto, più trova in me spazio libero, più lo occupa necessariamente.
Ecco il valore del distacco: più mi distacco dalle cose che occupano spazio, più do la possibilità a Dio di occupare il mio essere. Più distacco, più Dio, il Bene!
Anche la parola “amicizia” ha un suo senso proprio, tanto più che, come la parola “amore” anche la parola “amicizia” la si usa in modo improprio, o in un modo del tutto esteriore.
Che significa essere amico di qualcuno? Che significa quando dico: quello è un mio amico?
Gesù dice ai suoi discepoli: voi siete miei amici! In che senso? Ecco la cosa paradossale: “Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando”. E qual è il volere di Cristo? Il Bene Assoluto.
Si è amici, non per la pelle, ma quando lo spirito interiore si unisce con lo Spirito divino.
Amici nello spirito, e non per la pelle!

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