L’EDITORIALE
di don Giorgio
Il vero peccato della Chiesa
Anche la Chiesa cosiddetta “migliore” o “carismatica”, quella cioè che non si è ancora lasciata contaminare dal peggio del peggio, è vittima di una impotenza interiore da far temere per il suo domani, e questo è ancor più negativo di qualsiasi scandalo di potere ridotto a marciume istituzionale.
Oggi tutti o quasi (c’è anche chi se ne frega o si è talmente abituato da passarci sopra) a scandalizzarsi del fenomeno della pedofilia del clero o della sete insaziabile di denaro che, fin dagli inizi del cristianesimo, ha caratterizzato l’esistenza di una struttura ecclesiale che, man mano si ingrossava, non poteva fare a meno di una provvidenza blasfema che si chiama “dio/mammona”, o dei compromessi col potere politico più lurido e criminale, in quanti però si chiedono dove effettivamente stia il vero peccato della Chiesa, che tuttora ha la spudoratezza di appellarsi al Vangelo radicale del Cristo?
Per peccato intendo il suo significato più etimologico di venir meno a qualcosa, e perciò di manchevolezza. E allora che cosa manca a questa Chiesa, tanto supponente da credersi ancora custode unica e infallibile dei mezzi più efficaci di salvezza? Pensate già alla parola “mezzo” o “strumento”, che addirittura, in modo blasfemo e diabolico, si fa addirittura sacramento identificandosi con l’incarnazione del Cristo, come se questa venisse tutta riassorbita nella struttura ecclesiastica in quanto tale.
Ovvero: Chiesa = sacramento unico di salvezza!
Ma riuscite a immaginare la gravità di questa uguaglianza o identificazione?
Eppure, tutti, o quasi, oramai si sono accorti che la Chiesa non sa neppure salvare se stessa!
Qual è allora il peccato, ovvero la manchevolezza di una Chiesa impotente e fallimentare?
Il peccato/manchevolezza non sta certo nella sua mastodontica struttura, ancora saldamente ancorata a beni immobili tali da garantirne un futuro per almeno altri cento e più anni.
La cosiddetta “roccia di Pietro” non sembra mai sgretolarsi, anche perché così, solo così, il principe del male gioca bene le sue carte, lasciando in vita una tale macchina di pseudo-bene da ingannare anche i santi, soprattutto i santi, prime vittime di tali inganni.
Ed è in questa mastodontica struttura di corpo che si nasconde il vero peccato della Chiesa, ovvero la sua reale deficienza: quella dello Spirito vitale.
La Chiesa mostra ancora oggi i suoi muscoli, ma non riesce più nascondere il vuoto interiore, che è spaventosamente di carattere ontologico, ovvero sul piano dell’essere in quanto tale.
La Chiesa/corpo è struttura priva di essere, di quell’essere che è per natura qualcosa di interiore, di essenza spirituale.
Certo, alla Chiesa, in quanto religione, non manca l’aspetto prettamente religioso, ma la religiosità non è di per sé il segno dello spirito, che è tutt’altra realtà, in perenne dialettica con il mondo religioso.
Anche dire sacralità è dire qualcosa che va oltre l’aspetto religioso. Sì, perché spirito è sacralità, e tutto è sacralità nell’essere interiore.
Chi capisce, capisce, e chi non capisce è affar suo: ognuno si tenga pure la sua ottusità, e mi riferisco anche a quel mondo “gretto” che vanta privilegi di laicismo, sempre pronto a contrapporsi con supponenza ad una specie di sacralità o di divino, dimenticando che, se appena appena si riprendesse un po’ di ragione, quella pura, non potrebbe a fare a meno di sentirsi spirito nella profondità del proprio essere. A questo punto, un dubbio mi viene, ovvero che anche i cosiddetti laicisti siano più alieni dei credenti.
Ma questo è un altro problema che purtroppo assilla l’antagonismo di una Chiesa tutta religione. Dico “purtroppo”, perché tra i due estremi non sembra esserci una via di mezzo. Ed è qui il dramma dell’uomo d’oggi: religioso a tal punto da essere vittima di una religione aliena e alienante, e laicista a tal punto da essere irrazionale, dunque altrettanto povero demente fuori di sé.
Dunque, la Chiesa manca o pecca di quel mondo divino che essa confonde con un insieme di immagini o idoli che alienano il credente, portandolo fuori di sé, lontano dalla sua realtà interiore.
Certo, la Chiesa parla di sacralità, anche di spiritualità, ma questa sacralità/spiritualità non è che un insieme di cose o di strumenti, che essa usa come se il Divino agisse come un deus ex machina, che si serve di quelle cose e strumenti fatti su misura per uso e consumo da parte stessa Chiesa.
Quella della Chiesa è una sacralità/spiritualità esteriore, qualcosa di magico aggiunto, che serve perfino a narcotizzare lo stesso spirito interiore, in nome di quello pseudo-Spirito che viene tirato in ballo solo come alibi o copertura di quel vuoto che la Chiesa crea o favorisce, rendendo l’essere umano un soggetto/oggetto in balìa di un onnipotente nulla.
Ma per fortuna c’è sempre qualcuno che si ribella e sa proteggere il proprio sé interiore, pur costretto a vivere in un contesto di alienazione religiosa o laicista.
Gli spiriti liberi ci sono, forse più numerosi di quanto immaginiamo. Se non altro in ognuno di noi rimane sempre un desiderio di autodifesa, nella speranza che dal desiderio si passi ad una grande voglia di riscattarci per quello che siamo.
8 luglio 2017
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