9 giugno 2024: TERZA DOPO PENTECOSTE
Gen 2,18-25; Ef 5,21-33; Mc 10,1-12
Di fronte ai tre brani della Messa, il celebrante non saprebbe che cosa scegliere, se non lasciandosi guidare dallo Spirito santo che sa sempre suggerire le cose giuste, diciamo opportune, sempre in vista del bene della assemblea, particolarmente attenta e esigente.
Ecco, mi è venuto un flash, quando ho letto le parole di Gesù, nel terzo brano della Messa: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione…». Allarghiamo il discorso oltre il caso specifico.
L’espressione italiana “durezza di cuore” traduce la parola greca “σκληροκαρδίαν”, letteralmente “sclerosi del cuore”, da qui la parola anche in italiano “sclerocardia”.
La parola “sclerosi” rende chiaramente il concetto di progressiva immobilità, incapacità di adattamento ai mutamenti, da cui “durezza di cuore” ossia inflessibilità, insensibilità, incapacità ad essere comprensivi, misericordiosi o compassionevoli, ostinazione, caparbietà.
Il termine “sclerosi” richiama una malattia, e una malattia la si può compassionevolmente tollerare. Invece la “durezza di cuore” non è una malattia, ma una disposizione interiore, perché riguarda il cuore, che per gli ebrei era la sede dei sentimenti, delle emozioni, della mente e dello spirito. Qualcosa, dunque, che blocca ogni conversione. Ed è per questo che i profeti si indignavamo, come del resto anche Gesù, proprio perché la “durezza di cuore” non è una condizione che si possa curare come la mano paralizzata dell’uomo nella sinagoga. Così scrive l’evangelista Marco: «E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: “Tendi la mano!”. Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire» (3,5-6).
Possiamo dire che Gesù guariva facilmente i malati fisici, perché dipendeva da lui, dal suo potere taumaturgico, anche se nello stesso tempo chiedeva la fede nel soggetto, ma lo stesso Gesù si sentiva impotente di fronte alla “durezza di cuore” ad esempio degli scribi e dei farisei.
E non c’era miracolo che Gesù compisse che potesse aprire gli occhi “ai duri di cuore”. Ad ogni miracolo gli scribi e i farisei se la prendevano con Gesù, cercando un pretesto per farlo morire. Qui il discorso si farebbe anche interessante pensando all’oggi. Si crede di convertire la gente con segni spettacolari o magari inventando apparizioni della Madonna. Se si è “duri i cuore” non servono miracoli fisici, casomai miracoli della grazia dello Spirito santo. Pensate all’episodio dei due discepoli di Emmaus: mentre delusi e avviliti a causa della morte in croce del loro Maestro, si incamminano verso casa, si avvicina uno strano pellegrino, che senza mezzi termini dice loro: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti…”.
Sì, i profeti avevano parlato, ma quanti avevano creduto alle loro parole? Nel Salmo 95,8-10: l’autore sacro fa intervenire il Signore che dice: «Non indurite il vostro cuore come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove i padri vostri mi tentarono e mi misero alla prova, anche se avevano visto le mie opere. Per quarant’anni ebbi in disgusto quella generazione, e dissi: Sono un popolo dal cuore sviato e non conoscono le mie vie».
Ma gli stessi discepoli “erano duri di cuore” nei riguardi del loro Maestro. Non capivano le sue parole, il suo messaggio, perché erano “duri di cervice”. Perfino dopo che era Risorto, rimasero “duri di cuore”. Ascoltate ciò che scrive l’evangelista Marco: «Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto».
In medicina il termine “sclerosi” indica l’indurimento o la chiusura delle arterie, per cui il sangue non fluisce con facilità nel nostro organismo, con grave rischio per la salute.
Così è dell’uomo nel cui cuore non fluisce più la Parola di Dio. Non più alimentato da questo flusso vitale, l’uomo rischia il fallimento totale di se stesso.
Si rende allora necessaria una profonda conversione, che il Salmista invoca con umiltà: «Crea in me, o Dio, un cuore puro» (Sal 51,12), e che Gesù chiama “purezza di cuore”, alla quale è promessa la beatitudine della visione di Dio («Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio», Mt 5,8).
Sì, la sclerocardia, di cui parla la Bibbia, e il Vangelo in modo particolare, può essere sanata come promette Dio stesso con un radicale trapianto. Ascoltate ciò che dice il profeta Ezechiele, in nome di Dio: «E io darò loro un altro cuore e metterò dentro di loro un nuovo spirito, toglierò via dalla loro carne il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne (…) Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 11,19; 36,26).
Ascoltiamo anche ciò che scrive l’autore della Lettera agli Ebrei (3,7-14): «… come dice lo Spirito Santo: Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, il giorno della tentazione nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova, pur avendo visto per quarant’anni le mie opere. Perciò mi disgustai di quella generazione e dissi: Sempre hanno il cuore sviato. Non hanno conosciuto le mie vie. Così ho giurato nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo. Guardate perciò, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente. Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura quest’oggi, perché nessuno di voi si indurisca sedotto dal peccato. Siamo diventati infatti partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuta da principio».
La Scrittura ci ricorda che se ciò è impossibile agli uomini, tutto è possibile a Dio. Dio non ci chiede l’impossibile, forse ci chiede solo un piccolo sforzo, un piccolo passo, una piccola attenzione, e poi lui compie il miracolo.
D’altronde la parola “grazia” che significa? Dio ci offre del tutto gratuitamente Se stesso, non ci chiede nulla in contraccambio, ciò che vuole è solo il nostro bene nel suo Bene infinito.
Dio non fa nulla per un bene che è nostro, perché sa che noi vogliamo il nostro male, Dio non ci ama per quello che siamo, Dio ama Se stesso in noi, solo così ci vuole bene, il suo Bene in noi.
Anche nei “cuori duri” la Grazia divina può aprire uno spiraglio, e sarà questo spiraglio che permetterà a Dio di volerci bene in Lui. Ed è questo il significato delle parole del Padre nostro: “Sia fatta la tua volontà”, ovvero che lui ami Se stesso in noi. Il suo volere è il Bene assoluto, davanti al quale ogni nostra ostinazione ci porta a volerci male, a farci del male, a perderci magari perdutamente.
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