Ancora sulla diocesi milanese
Come un tamburo sempre battente torno a battere forse solo aria, supposto che sia rimasta anche solo qualche boccata di aria pura: purtroppo sembra che ogni respiro sia solo di gas letale.
Poniamoci ancora la domanda: che cosa funziona o non funziona nella diocesi milanese, che è forse ancora la più grande del mondo?
La risposta dipende se si hanno gli occhi chiusi oppure bendati oppure del tutto ciechi, o si hanno gli occhi aperti, quelli naturalmente interiori, illuminati dall’intelletto attivo.
Partiamo dal vescovo? E allora non mi resta che ripetere, magari anche annoiando, che sta facendo danni su tutti i fronti: pastoralmente è una frana, e ciò a discapito di una diocesi che, per il suo passato autorevole e nobile, meriterebbe ben altro che un misero pastore che cerca ovunque le pecore, ma senza trovarle, perché vede solo qualche figurante di pecora stampato sul muro.
Non mi rimane che ripetere: proprio non ce la fa, proprio non ci arriva, chiuso com’è, e a lui piace rimanervi, come in una botte di aceto.
E davanti agli occhi, se sono aperti, c’è uno spettacolo di spettri danzanti nel nulla. E sono questi spettri che fanno paura, perché, via il vescovo, resteranno ancora a lungo, supposto che finalmente dall’alto venga una nomina che tutti stiamo da tempo aspettando. Ma finché ci sarà questo papa, credo che il miracolo non succederà. Siamo in un circolo vizioso che solo lo Spirito potrà sbloccare.
Parliamo dei 7 Vicari episcopali delle zone pastorali? Almeno loro fossero, non solo saggi (e qualcuno senz’altro lo è), anche veri collaboratori che anzitutto si prendano a cuore non l’obbedienza cieca a un re travicello, ma il bene di una Diocesi che nell’emergenza, quando cioè mancasse un buon pastore, avrebbe urgente bisogno di menti elette, di profeti liberi, di chi abbia il coraggio di dire al pane e vino al vino anche al suo vescovo. Ma questi 7 Vicari episcopali lo fanno? O sono tonti o sono pedissequamente fedeli alla loro vocazione di eseguire ordini o solo di tamponare qualche falla troppo evidente, spostando preti come pedine di una dama. Promettono a parole, e poi non mantengono, perché sono esecutori del nulla. Se un vescovo è una trottola, anche loro seguono la trottola.
Parliamo dei Seminari milanesi? Ne sento dire cose allucinanti. Poche vocazioni, e rettori di seminari che non sanno più che pesci prendere, per tenersi buoni quei pochi che hanno, i quali se ne approfittano per fare ciò che vogliono. Un parroco mi ha detto: il rettore deve chiudere gli occhi, e non vedere, anche se qualche seminarista avesse dieci amanti per gamba. Seminaristi da far paura anche ai diavoletti, presi in contropiede. Vanno in giro, anche con la talare tradizionale, ma con la testa sempre altrove dal proprio campo di lavoro, quando ad esempio vengono a casa in vacanza, e chi li vede è bravo. Dove sono? Ai miei tempi, quando da seminarista venivo a casa, subito mi presentavo dal parroco, il quale, al termine della vacanza, mi consegnava una busta chiusa con una lettera che era una dettagliata relazione di quanto avevo fatto in bene o in male. E se dovevo assentarmi dalla parrocchia, dovevo avvisare il parroco, il quale poi esigeva la mia collaborazione nelle attività parrocchiali e la presenza costante a tutte le funzioni in chiesa. Qualcuno dirà: Altri tempi! Certo, sono d’accordo. Qualche anno fa, quando capo del Governo era Silvio Berlusconi e il berlusconismo stava contagiando tutto, dicevo: anche i seminaristi e i preti giovani sono figli di Berlusconi, eppure a capo della Chiesa milanese c’erano cardinali in gamba e i Seminari erano più autorevoli. E oggi che dovrei dire? E poi capisco perché le vocazioni stanno paurosamente diminuendo. Una volta mi dicevano: ciò che è nobile attira i giovani i quali si lasciano affascinare dalla radicalità o essenzialità. I giovani di oggi che spettacolo vedono? Preti giovani con la testa nel sacco, che amano la parrocchia solo per lo stipendio o per avere una casa. D’altronde, che esempio hanno davanti? Una diocesi allo sfacelo, e loro credono di salvarla attaccandosi a qualche puttanata pastorale.
Parliamo allora del clero milanese? Purtroppo assisto un po’ da fuori, senza più possibilità di avere conoscenze dirette. Ma si sente nell’aria un forte disagio di preti anche anziani, abbandonati a se stessi. Si vede di tutto, ma senza vedere una via d’uscita da una pastorale della rassegnazione. Questi preti tirano a campare, sì anche inventando qualcosa di nuovo, ma che cosa? Parroci che non hanno la saggezza di circondarsi di laici maturi, intelligenti, con lo spirito cristiano. I laici sono buoni solo per fare feste o iniziative pancesche o cose simili. E tutto va alla malora, nel senso che la gente sempre più si allontana dalla chiesa, o perché trascurata, o perché si è stancata di partecipare a funzioni quasi oscene. Oggi vedo Messe senza ragazzi, eppure vanno al catechismo per la Prima comunione o per la Cresima. E i parroci tacciono, subiscono, per evitare guai con i genitori che pensano solo a una cerimonia folcoristica, priva di ogni grazia sacramentale.
E allora parliamo del laicato? Circa cento anni fa don Primo Mazzolari aveva scritto un opuscolo, “La parrocchia”, che si può leggere in poco tempo, in cui sollecitava la collaborazione pastorale del laicato.
Se volete leggere l’opuscolo
E, dopo cento anni, siamo ancora daccapo. Certo, si discute sul laicato, e si fanno anche proposte scriteriate, sempre per risolvere l’emergenza in corso, ed è qui il vero peccato di una gerarchia che all’ultimo momento cerca di tamponare l’emergenza, con proposte che non risolveranno nulla o ben poco. Certo, girano attorno alla parrocchia diversi laici, ma, come dicevo, a fare che cosa, con quale incarico? Certo, non è facile trovare una soluzione che sia d’avanguardia nel senso profetico. Già Carlo Maria Martini qualche suggerimento l’aveva dato, almeno si era posto il problema anche chiedendo consigli a persone intelligenti. E oggi che la situazione è diventata più allarmante, neppure si pensa o si tenta di riflettere per cercare una pastorale nuova, nel senso più evangelico del temine. Magari si discute, ma senza concludere nulla, oppure si finisce nel solito vicolo cieco: sì, qualche promessa, ma tutto come prima.
Tutto nero ciò che vedo perché porto gli occhiali scuri? Sarà… Ma chi ha il coraggio di dire che tutto va per il meglio, quando il meglio sta nel peggiorare la situazione?
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