Giovanna Marini, colonna sonora di un’Italia che purtroppo non c’è più

GIOVANNA MARINI
FOTO DI © FABIO FIORANI/AG.SINTESI

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Giovanna Marini, colonna sonora

di un’Italia che purtroppo non c’è più

Carlo Muscatello
9 Maggio 2024
Basterebbe riascoltare “I treni per Reggio Calabria”, oppure “Lamento per la morte di Pasolini”, per cogliere fra i brividi la grandezza assoluta di un’artista come Giovanna Marini, scomparsa a ottantasette anni nella sua Roma, dopo una breve malattia.
Amava definirsi “cantastorie”, sappiamo che è stata e sempre sarà molto di più. Studiosa, ricercatrice, cantante e chitarrista che aveva approfondito lo studio dello strumento a sei corde nientemeno che con Segovia, a partire dagli anni Sessanta si dedicò al recupero e alla divulgazione della tradizione musicale popolare di casa nostra. Oggi “Bella ciao” è universalmente famosa, ma il merito di averla fatta cantare in tutto il mondo va originariamente a un suo spettacolo con il Nuovo Canzoniere Italiano, al Festival dei Due Mondi di Spoleto del 1964.
La frequentazione con Italo Calvino e Pier Paolo Pasolini, la collaborazione con gli etnomusicologi Roberto Leydi e Gianni Bosio, con Dario Fo, Paolo Pietrangeli, Ivan Della Mea, Gualtiero Bertelli, e poi i Dischi del Sole, e la Scuola Popolare di Musica di Testaccio a Roma, che contribuì a fondare nel 1975. La sua discografia è ricchissima, quasi infinita, ma va citato almeno “Il fischio del vapore”, realizzato nel 2002 con Francesco De Gregori, almeno per il merito di aver fatto conoscere anche ai più giovani alcune delle perle della nostra canzone popolare.
Giovanna Marini è stata la colonna sonora di un’Italia che guardava con speranza e fiducia al futuro, dopo la tragedia del fascismo, della guerra, della povertà. Un’Italia che forse e purtroppo non c’è più, o sopravvive residuale sotto gli attacchi di una destra al governo mai così pericolosa.
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da www.articolo21.org

Giovanna Marini,

con te moriamo un po’ anche noi

Vincenzo Vita
9 Maggio 2024
Se possibile, senza sfidare la metafisica scientista o impregnata dalla ricerca di Dio che sia, con Giovanna Marini siamo morti un po’ anche noi, Anzi, ti stiamo accompagnando chissà dove, per applaudire te in un duetto fantastico con Paolo Pietrangeli.
Uno di quei duetti che negli anni ci hanno gratificato in centinaia di manifestazioni, aiutando anche gli stonati a cantare, ma tutte e tutti a commuoversi. Brani che, come la sineddoche, illumina una poetica inarrivabile: I treni per Reggio Calabria o le innumerevoli versioni di Bella Ciao.
Ci ha lasciati una personalità straordinaria, che ha unito tre virtù altissime: una cultura musicale raffinatissima (allieva di Andres Segovia), capacità di formare migliaia di giovani, nonché di ispirare movimenti politici e culturali con un’inarrivabile colonna sonora militante.
Ha frequentato figure essenziali e decisive come Italo Calvino, Gianni Bosio, Pier Paolo Pasolini, Diego Carpitella, Citto Maselli di cui ha accompagnato con le note la cinematografia). Con Dario Fo ha lavorato per quel gioello che fu Ci ragiono e canto, e poi nel 2002 insieme a Francesco De Gregori e il memorabile Il fischio del vapore. E con il citato Paolo Pietrangeli ha condiviso gioie e sconfitte.
Il Nuovo Canzoniere Italiano e la Scuola di musica del Testaccio di Roma hanno avuto in lei un riferimento cruciale.
Chiamata la Joan Baez italiana, forse -senza offesa per la straordinaria singer statunitense- la Marini è stata qualcosa di più. Attraverso una voce indimenticabile e l’utilizzo straordinario di una chitarra ci ha fatto immaginare che un altro mondo forse è davvero possibile.
Un ulteriore colpo al cuore. Sotto il cielo plumbeo in cui viviamo, tra guerre-povertà-autoritarismi, ci mancherà ora la testimonianza cruciale di una delle ultime sacerdotesse del Tempio civile e democratico.
È troppo chiedere alla Rai di dedicarle una trasmissione speciale? Il minimo sindacale, come si usa dire.

 

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