
Penso di non aver mai letto una dichiarazione d’amore verso un gerarca così oscena e da paraculo come la lettera che ha scritto padre (?) Maurizio Patriciello.
Qualcosa di effeminato, di dolciastro, di venerazione idolatrica verso un servo di Cristo, che, in quanto Papa, dovrebbe essere il “servo dei servi”.
Qualcosa di ripugnante, di stomachevole, di indegno di uno che dovrebbe essere spirito libero, e in quanto spirito è servo solo di Dio e di nessun altro. Di quel Dio, che è l’Unico Bene Necessario.
Anni fa, avevo realizzato un video e avevo scritto più di un articolo in cui dipingevo questo papa argentino già come “fumoso e populista”. Oggi il mio giudizio è ancor più atroce e implacabile. Ritengo questo attuale papa come il peggiore degli ultimi secoli! Un burattino della sua vacuità!
Non discuto se sia legittimo successore di Pietro! Non è questo il vero problema: la Chiesa ha sempre avuto Papi indegni e corrotti, e questo a prova che la Roccia su cui è fondata la vera Chiesa è Cristo e non un personaggio più o meno indegno.
Il problema è che il Papa dovrebbe essere come un faro in una società di tenebre, e se il faro è spento le tenebre domineranno sul Bene, anche se solo apparentemente, se è vero quanto dice l’autore del Prologo del IV Vangelo: l’ultima parola non sarà quella delle tenebre, ma della Luce.
Ma nel frattempo si ripete lo sconforto dello stesso Cristo, quando Marco scrive: «Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore» (6,34).
In un articolo scritto anni fa, tra l’altro dicevo:
«Ritengo che in questi anni sia venuta meno la “vis” evangelica, nella sua novità più radicale. Ecco perché, dopo un iniziale entusiasmo, via via che il tempo passava, ho iniziato ad allontanarmi dal consenso generale, e ho intuito la pericolosità di questo Papa, troppo fumoso e ingannevole. Sì, più il tempo passava, più mi rendevo conto che Papa Bergoglio fosse lui stesso vittima del consenso generale, e non prendesse il coraggio di essere chiaro. Sembra moderno e progressista, ma solo perché fa battute (per me superficiali, ma accattivanti) sui gay o su altri problemi scottanti, e poi non ha il coraggio di prendere posizioni: illude la gente, lasciando le cose come stanno. Basterebbe pensare al caso della comunione ai divorziati risposati o ai conviventi, ecc. o al caso della teoria gender, sulla quale da più parti si è detto che non si tratta di una ideologia (non si mette in discussione la distinzione dei sessi, ma il ruolo sociale che è stato attribuito al maschio o alla femmina). Il Papa con delle battute talora infelici vuole risolvere i problemi, richiamando la coscienza che solo Dio può giudicare, ma li complica, anche per una certa sua deformazione ideologica o per ignoranza dei problemi (e anche consigliato male). Vorrei che fosse chiaro il mio pensiero. Se per un verso sogno una Chiesa più aperta (verso le unioni civili, verso anche il matrimonio dei gay, verso il matrimonio dei preti, verso il diaconato e anche, perché no, il sacerdozio femminile, verso una Chiesa meno monarchico-papale, ma a più larga partecipazione di potere, coinvolgendo i vescovi, ecc.), per l’altro verso vorrei una Chiesa sempre più radicalmente mistica, al di fuori di un recinto religioso: una Chiesa che educhi la gente, oggi così distratta e alienata, all’essenzialità dell’essere umano, che è il regno dello spirito. Sia chiaro: non si tratta di una forma di spiritualismo o di interiorismo o di misticismo (gli -ismi fanno sempre paura!), ma di far scoprire ad ogni essere umano che la conversione parte dal di dentro: non lo ha detto Gesù Cristo? Qui, dentro di noi, non c’è un dio determinato, schematizzato, dogmatizzato, ma c’è quella Divinità (così preferivano chiamarla i grandi Mistici), che è puro Spirito di libertà e di verità. Si può discutere su questo, ma almeno mi si permetta di sognare che il futuro si costruirà solo se l’essere umano scoprirà la propria identità divina. Così sogno un Papa, magari il prossimo, che dia una svolta “mistica” alla Chiesa, con una parola autorevole e non autoritaria, anche con gesti profetici provocatori, senza badare al consenso, ma con l’unico intento di “risvegliare” nell’essere umano quel mondo interiore assopito e narcotizzato, anche per colpa di una Chiesa-struttura che ha fatto del cristianesimo una religione vuota d’anima vitale. Non posso concludere senza dire una mia preoccupazione: questo Papa ha distrutto il dissenso nella Chiesa, quel dissenso profetico e mistico che punta al mondo interiore. Oggi sembra sparito anche quel piccolo “resto d’Israele”, che negli anni più bui del Cristianesimo era come un faro, una voce, talora un grido».
***
da FAMIGLIA CRISTIANA
“Grazie Papa Francesco,
soffia sui nostri cuori di preti
la fiamma del primo amore”
09/08/2023 Dopo la Giornata mondiale della gioventù e davanti al costante dono di sé del successore di Pietro alla comunità cristiana, padre Maurizio Patriciello dedica un commovente e poetico ringraziamento al Pontefice, che è anche una preghiera perché rimanga sempre acceso contro ogni tentazione il fuoco della vocazione in ogni sacerdote
padre Maurizio Patriciello
Caro Francesco,
dire grazie, dopo aver ricevuto un dono, è un dovere. E tu, in questi anni, di doni ce ne hai fatto davvero tanti, a cominciare da te stesso.
Sei arrivato a Roma, ti sei consegnato, allo Spirito, alla Chiesa, all’umanità. Non hai opposto resistenze, ti sei offerto, ti sei fatto mangiare.
Assetati di autenticità, ci siamo abbeverati delle parole che andavi rivolgendo a noi, ai laici, al mondo.
Ci hai incoraggiati, esortati, non poche volte anche bastonati. Non è stato per te facile, ma andava fatto. Per il bene nostro e di tutti. Era tuo dovere. Lo abbiamo capito. Abbiamo abbassato la testa, avvampato il volto, imparato la lezione.
La vita è lunga. La fiamma del primo amore deve bruciare fino alla fine. Venti gelidi, da ogni parte, soffiano su di essa; il rischio che si spenga o si affievolisca è più di una semplice ipotesi. Non deve accadere. Non deve accadere.
Tu, successore di Pietro, il cuore del prete, lo conosci bene.
Da esperto speleologo quale sei, riesci a sondarne le profondità, le fragilità, le aspirazioni alla santità. Le tentazioni che lo tormentano, molto più subdole e perniciose di quelle di chi si professa non credente, non praticante. E affondi il bisturi nella piaga purulenta fino a farci male pur di sanarla.
Tu ci inviti a puntare in alto. Senza paura, senza ipocrisie, senza infingimenti. A non accontentarci dei soli fiori che sbocciano nelle nostre aiuole, curate e protette, ma ad allargare lo sguardo ai deserti, alle steppe, alle megalopoli, alle periferie, alle baraccopoli di questo mondo tormentato e bello.
Ci ricordi di continuo che siamo debitori all’intera umanità.
Che ogni uomo, chiunque sia, è nostro fratello.
Che la pace vera può essere assaporata solo fissando negli occhi gli orrori e i terrori delle guerre.
Che per profumare l’altare e il crocifisso, l’incenso deve bruciare sui carboni ardenti del servizio umile e gratuito.
Che per essere degni di indossare la mitra, la casula, la stola dobbiamo prima purificare le mani nel catino del cenacolo.
Ci hai chiesto ripetutamente di non andare alla ricerca di titoli e onori, di non tramare per occupare posti più in alto. Fatica sprecata. Inutile zavorra.
«Lascia stare» – dici ad ognuno – «non perdere tempo». Duc in altum. Abbi il coraggio di essere te stesso. Di essere felice. Sii povero, non per amore della povertà, ma per amore dell’umanità. Per essere veramente libero. Gli accumuli delle cose ti appesantiscono, le invidie e le gelosie ti rimpiccioliscono, la vanità e l’orgoglio ti instupidiscono.
Sii povero: solo poche – pochissime – volte il tesoro del ricco è davvero suo.
Sii povero, prete di Cristo e della Chiesa, per essere degno di sederti alla tavola dei poveri, qui in terra oggi e poi nel Regno.
Sii povero per poter annunciare il Vangelo liberante anche ai ricchi di distrazioni, di bagordi, di palazzi, di potere e conti in banca.
Sii povero perché ” Dio da ricco che era si è fatto povero”.
Caro papa, grazie!
Per il bene che ci vuoi, per la semplicità che ti caratterizza, per l’esempio che ci dai.
Grazie per i fari che tieni perennemente accesi sul dramma immenso dei fratelli, delle sorelle, dei bambini – Dio mio, quanti… quanti… – che lasciamo morire in mare, mentre discutiamo di loro; su quello delle bombe, sciocche e spietate, che terrorizzano, distruggono, annientano migliaia di esseri umani; sul dramma dei drammi: quello che non permette di vedere la luce del sole a milioni di bambini.
È vero, lo confessiamo con vergogna, a volte siamo un po’ stanchi, scoraggiati.
È vero, a te lo possiamo dire, ci sono giorni in cui ci sentiamo- come dire?- fuori luogo.
È vero, anche noi, in qualche occasione, ci siamo sentiti soli e abbiamo rischiato di smarrire la via. Proprio allora, come balsamo benedetto, ci ha raggiunto la tua voce: «Rialzati, presto. Riprendi il cammino. Mangia, bevi, riposati: la strada è ancora lunga».
Lo abbiamo fatto. E abbiamo sperimentato il perdono di Dio, il suo abbraccio misericordioso. Vertigini. Troppo, abbiamo ricevuto troppo. Ci è stato regalato tutto. Non ci resta che continuare, con maggiore zelo e riconoscenza- ad amare e servire Dio e il prossimo.
Grazie, Papa.
Grazie, Francesco, nostro compagno di viaggio, fratello e padre nella fede.
Commenti Recenti