Omelie 2017 di don Giorgio: SESTA DOPO L’EPIFANIA

12 febbraio 2017: SESTA DOPO L’EPIFANIA
1Sam 21,2-6a.7ab; Eb 4,14-16; Mt 12,9b-21
Il Tempio e la Torah
Tutti conosciamo i due pilastri della religiosità ebraica: il Tempio di Gerusalemme e la Legge (Torah, in ebraico). Se il Tempio materiale è stato distrutto più volte (prima nel 586 a.C. dall’esercito babilonese, e poi definitivamente nel 70 d.C. dall’esercito romano), la Torah è sempre rimasta come il segno più sacro e intangibile dell’Alleanza divina.
La parola “Torah” significa “insegnamento” in ebraico e disegna il Pentateuco, cioè i primi cinque libri della Bibbia: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio. Secondo la tradizione, la Torah è stata data al popolo d’Israele sul Monte Sinai.
Se il messaggio centrale della Torah risiedeva nel monoteismo: l’adorazione di un unico Dio, da cui derivava il rifiuto di tutti gli idoli venerati dalle nazioni, in particolare dobbiamo sottolineare due obblighi: il rito della circoncisione e l’osservanza del sabato.
Il rispetto del Sabato
Mi soffermerò sulla osservanza del sabato. Il termine ebraico “Shabbat” secondo gli esegeti deriverebbe: secondo alcuni, dalla parola “sheba”, che richiama il numero sette, da qui “settimo giorno”; secondo altri, dal verbo “shabat”, che significa riposare.
È a tutti noto con quanto rigore il giudaismo avesse circondato questo giorno sacro da dedicare al Signore con una siepe superprotettiva fatta di prescrizioni, perché ne tutelassero l’identità e la separazione dal resto del tempo profano.
Il “Talmud” (il libro che contiene le tradizioni giudaiche) a proposito dell’osservanza del sabato elenca ben 39 precetti, trasformando così quel giorno di festa in una sorta di incubo, al quale reagirà Cristo affermando che «il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Marco 2,27).
Le vere motivazioni per l’osservanza del Sabato
Soffermiamoci sulle motivazioni che il Decalogo biblico propone per vivere autenticamente la spiritualità della festa sabbatica. Sappiamo che due sono le redazioni dei dieci comandamenti presenti nella Bibbia. La prima è nel libro dell’Esodo. In essa si ricorda che tutta la famiglia deve riposare (compresi gli schiavi, i forestieri ospiti e il bestiame), «perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il settimo giorno: per questo il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro» (Esodo 20,811). È facile intuire il rimando alla creazione, allorché «Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto» (Genesi 2,3). Nel sabato, allora, il fedele deve riscoprire l’armonia del Creato e la sua collocazione nell’universo. Egli non domina più le cose con il suo lavoro, ma ne scopre il senso e loda il Creatore.
Diversa è, invece, la motivazione per celebrare il sabato indicata dall’altra versione del Decalogo, quella offerta dal libro del Deuteronomio: «Ricordati che sei stato schiavo nel Paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato» (5,15). Dunque,  ogni sette giorni Israele deve ricordarsi che il suo è un Dio liberatore.
Le due radici spirituali
Commenta un noto biblista: “È per questo che Cristo non esiterà a guarire malati anche di sabato, compiendo un’azione apparentemente vietata dalle normative giudaiche sul riposo sabbatico. Egli, infatti, riproponeva lo spirito profondo del comandamento divino, che invitava a coniugare festa e libertà, culto e amore per il prossimo, rito e giustizia. Due sono, quindi, le radici spirituali della celebrazione festiva secondo il Decalogo: da un lato, la contemplazione dell’armonia cosmica alla quale partecipiamo attraverso la nostra opera e la nostra lode; d’altro lato, l’impegno storico della fede che impedisce alla liturgia festiva di essere una sorta di isola sacra, staccata dal resto dell’esistenza, mentre suo compito è quello di essere un seme di libertà, di giustizia e di amore”.
Possiamo allora capire perché nel mondo rabbinico sia sorta questa mini-parabola: “Dio disse: a Mosè: Mosè, io posseggo nella mia tesoreria un dono prezioso che si chiama sabato. Voglio regalarlo a Israele”. Commenta il biblista: si tratta di “un tesoro, è una scintilla di luce deposta nel grigiore delle ore feriali; è uno sguardo verticale levato verso l’alto e l’infinito, capace di interrompere l’orizzontalità della nostra visione comune e continua”. Belle riflessioni, ma personalmente capovolgerei la visuale: invece che di uno “sguardo verticale levato verso l’alto”, parlerei di uno sguardo interiore che scende nel profondo del nostro essere, là dove c’è la presenza dello Spirito santo.
I giorni della settimana, tranne sabato e domenica, dedicati ancora a divinità pagane
Nella tradizione astrologica sumerica, i nomi dei giorni della settimana derivavanono dai sette astri individuabili ad occhio nudo (Sole, Luna, Marte, Mercurio, Giove, Venere e Saturno), i quali erano considerati divinità o manifestazioni di divinità e per questo furono associati ad altrettanti giorni. Il sistema fu poi adottato, sempre in Mesopotamia, dai babilonesi e da questi passò al mondo mediterraneo.
Il primo giorno era dedicato al Sole (che per i cristiani sarà chiamato Domenica), il secondo alla Luna (lunedì), il terzo a Marte (martedì), il quarto a Mercurio (mercoledì), il quinto a Giove (giovedì), il sesto a Venere (venerdì), il settimo a Saturno, che gli ebrei hanno denominato Sabato. Dunque, ancora oggi la settimana è dedicata per cinque giorni a divinità pagane, un giorno (Sabato) alla religiosità ebraica e un giorno (Domenica) alla religiosità cristiana.
La Domenica, il dopo il Sabato, ovvero il primo giorno della settimana
Sarebbe ora interessante chiarire alcune cose. Faccio solo qualche accenno. Anzitutto, la Domenica per noi cristiani non ha sostituito il Sabato ebraico, ovvero l’ultimo giorno della settimana. Ha sostituito invece il giorno dedicato al Sole, “Sol invictus”, che era il primo giorno della settimana. Dunque, il primo giorno della settimana per i cristiani non è il lunedì, ma la Domenica, “dies Domini”, ovvero il giorno del vero Sole invincibile. C’è di più. La Domenica si riallaccia al primo giorno della creazione e non al settimo, quando Dio si riposò, come dice la Genesi. Perciò la Domenica va oltre l’idea del riposo ebraico. Per noi cristiani, essendo la Domenica il giorno in cui Cristo è risorto, diventa l’inizio di un qualcosa di veramente nuovo. Pensate a come noi cristiani abbiamo ridotto la Domenica. La Chiesa poi ha insistito sul riposo e sul dovere di lodare Dio, come la partecipazione alla Messa. Ma credo che ci sia qualcosa di più, che è ancora tutto da scoprire.

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