12 luglio 2020: Sesta dopo Pentecoste
Es 33,18-34,10; 1Cor 3,5-11; Lc 6,20-31
Le due versioni delle Beatitudini
Vorrei dedicare l’intera omelia ad una esegesi abbastanza approfondita del brano evangelico. Devo fare anzitutto una doverosa premessa.
Nei Vangeli esistono due versioni delle beatitudini: quella secondo Matteo e quella secondo Luca. Partiamo ad analizzare la pagina delle beatitudini che troviamo nel Vangelo secondo Matteo, che introduce il cosiddetto Discorso (o Sermone) della Montagna.
Versione di Matteo: ambientazione
Matteo pone il Discorso in una ambientazione che merita una certa attenzione: ci sono gli ascoltatori, divisi in due cerchie, con la folla dietro e i discepoli in primo piano; poi c’è un monte, da cui scende la parola del Maestro. I discepoli sono i Dodici apostoli, e nei Dodici sono presenti tutti i credenti della comunità di Matteo e di oggi. La folla sta sullo sfondo, quasi testimone a rappresentare forse il mondo che attende la rivelazione testimoniata coerentemente dalla Chiesa. Il monte ha soprattutto valore simbolico. L’indicazione geografica significa il luogo della rivelazione divina, con chiaro riferimento al monte Sinai, dove Mosè ha ricevuto la Legge dal Signore. Infine, Gesù insegna stando seduto: è la caratteristica posizione del maestro.
Versione di Luca: ambientazione
Ora vediamo l’altra versione, quella che troviamo nel Vangelo secondo Luca. Ci sono delle divergenze notevoli.
Anzitutto, Luca ambienta il suo discorso in una circostanza del tutto particolare. Gesù se ne va tutto solo su una montagna a pregare, e ci rimane per tutta la notte. Poi sceglie e costituisce il Gruppo dei Dodici. Quindi scende con loro in pianura per incontrare la gente. Come già si può notare, Gesù, a differenza di Matteo, non pronuncia il suo Discorso in montagna, ma in un luogo pianeggiante. Ecco perché si chiama “Discorso della pianura”.
Perché questa divergenza?
Risponde l’esegeta Rinaldo Fabris: «La diversa collocazione del discorso risponde alla diversa prospettiva dei due autori: il simbolo del monte in Matteo rievoca il Sinai, dove è stata promulgata la legge di Mosè; la pianura ai piedi del monte in Luca può suggerire l’universalità del messaggio: nella pianura la folla dei discepoli e la massa della gente povera e bisognosa può raccogliersi per ascoltare Gesù». Notiamo l’espressione usata da Luca: “c’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone”. Infine, Luca presenta Gesù che guarisce gli ammalati e libera gli ossessi, schiavi del potere del male, a indicare che il suo sarà un messaggio efficace e non campato per aria.
Da qui possiamo evidenziare un’altra divergenza: Matteo scrive a una comunità giudeo-cristiana, mentre Luca ha davanti una comunità di credenti, provenienti dal mondo pagano, i quali non sono interessati a conoscere il confronto tra la Legge mosaica o ebraica e le esigenze evangeliche.
Divergenze di contenuto
Vediamo ora le divergenze tra la versione di Matteo e la versione di Luca per il contenuto. E queste sono ancor più di estrema importanza. Sto parlando della pagina delle Beatitudini. Nella pagina di Matteo troviamo otto beatitudini, più una nona diversa dalle altre. Luca invece riporta quattro beatitudini o benedizioni, a cui fanno seguito, con perfetto parallelismo semitico, quattro “guai” o maledizioni. Ancora. Matteo riporta le otto beatitudini usando la terza persona: “Beati i poveri… ecc.”, mentre Luca usa la seconda persona: “Beati voi poveri…”, “ma guai a voi ricchi…”. Il discorso diretto è più efficace, più immediato, più coinvolgente. Infine, ed è forse l’aspetto più caratteristico che differenzia le due versioni, mentre Matteo spiritualizza le beatitudini: precisa che si tratta di poveri in spirito, di affamati di giustizia, ecc. orientando il discorso verso atteggiamenti spirituali e etici, Luca invece parla di poveri in quanto poveri materialmente. E qui faccio di nuovo entrare il fatto che erano diverse le comunità a cui Matteo e Luca si sono rivolti. Matteo aveva di fronte una comunità di cristiani provenienti dal mondo ebraico, una comunità piuttosto impigrita, quasi addormentata, languida nella propria vita spirituale, senza più quel mordente che l’aveva caratterizzata nei primi anni del Cristianesimo. Luca, invece, come ho già detto, aveva di fronte una comunità di cristiani provenienti dal mondo pagano, che, come ha scritto don Bruno Maggioni, esaltava gli arrivati, i sapienti, i ricchi, ed era ossessionato dalla ricerca dei piaceri e del benessere materiale. Di fronte a questo pagano, partendo dalle esigenze di Gesù, Luca pronuncia il suo giudizio, in netta antitesi.
A confronto le due versioni
E qui arriva il bello, secondo me. Come leggere la parola di Dio, ovvero il messaggio di Gesù, confrontando le due versioni? Se è vero che è importante leggere le Beatitudini spiritualizzandole, è anche vero che è importante cogliere il messaggio di Luca che si rivolge a un mondo dominato dal potere e dalla violenza. E qui nasce una domanda: oggi è più urgente leggere le Beatitudini come fa Matteo o come fa Luca? In altre parole: oggi le comunità cristiane sono così impigrite, quasi morte, da doverle risvegliare nel loro essere interiore, stimolandole a vivere secondo la Legge, che è la Grazia, dello Spirito santo, oppure è il mondo in cui viviamo, dominato dalla brutalità e dalla carnalità, che dovremmo combattere duramente? Se io posso anche dire: Beati i poveri in spirito (non significa poveri di spirito, ma nello Spirito santo), come posso dire ai poveri materiali che sono beati o fortunati perché poveri materialmente? Poste così le domande, non è facile rispondere. Ma la domanda è un’altra: che cosa manca all’essere umano, alla società, alla religione, alla Chiesa perché sia “beata”? Se è vero che il corpo dà piaceri e l’anima dà felicità, è lo spirito a dare la beatitudine evangelica.
Limitandoci alla prima beatitudine, c’è povertà e povertà, ricchezza e ricchezza. La povertà anche materiale è beatitudine, quando ci si è svuotati di ogni superfluo, di ogni carnalità schiavizzante, solo così possiamo conservare la nostra libertà interiore, che è quella dello Spirito nello Spirito santo. E se è giusto combattere il capitalismo, ovvero l’accumulo di beni materiali, lo si deve fare per dare pienezza di vita al proprio essere interiore, e non tanto per dividerci i beni tra noi, dimenticando quell’egoismo di fondo, per cui io debba avere sempre qualcosa più degli altri.
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