1/ Tradizionalisti o progressisti?

L’EDITORIALE
di don Giorgio

1/ Tradizionalisti o progressisti?

In modo particolare in questi giorni si sente parlare di tradizionalisti (o conservatori) e di progressisti (o innovatori), nel campo ecclesiastico.
Forse bisognerebbe chiarire i termini, che vengono posti in tale contrapposizione da non vedere una via di uscita. Ma è proprio così?
Già dai primissimi tempi della Chiesa, troviamo tradizionalisti e progressisti. Vediamo.
Non dimentichiamo che i primi cristiani provenivano dal mondo ebraico palestinese, mentalmente ristretto e molto ligio (talora fanaticamente) alla legge mosaica, a differenza degli ebrei della cosiddetta “diaspora” (che vuol dire “dispersione”), che si è verificata per la prima volta quando la Palestina, abitata dagli Ebrei, alla fine del VI sec. a.C., venne conquistata dai Babilonesi, che li costrinsero ad andare in esilio a Babilonia. Alcuni però riuscirono a salvarsi, “disperdendosi” nei paesi pagani vicini. Costoro, a contatto con le altre culture, soprattutto con quella ellenista (greca), man mano si aprirono verso le altre culture, assorbendo anche la loro mentalità e i loro stili di vita.
Immaginiamo ora la composizione delle prime comunità cristiane, che non dovremmo mai dimenticare.
Luca fa notare, nel libro “Atti degli apostoli”, che il numero degli appartenenti alla Chiesa, subito dopo la Pentecoste, cresceva sensibilmente, insieme all’esigenza di dare a tale sviluppo una forma minimamente organizzata. Ma la strada non era tutta in discesa: sorsero fulminee anche le prime difficoltà. Difficoltà provenienti dall’esterno (basterebbe pensare all’opposizione talora violenta scatenata dal giudaismo ufficiale nei riguardi della nuova “setta”, così chiamata), e difficoltà provenienti dall’interno delle comunità: i primi seguaci di Cristo (prima chiamati santi, poi fratelli, poi cristiani) dovettero affrontare problemi nuovi – inizialmente di carattere organizzativo, in seguito di carattere dottrinale –, che rischiavano di indebolire la Chiesa stessa.
Sinteticamente possiamo dire così. Nelle primissime comunità cristiane erano presenti diversi gruppi di “credenti”, le cui difficoltà di convivenza riflettevano le stesse problematiche che possiamo riscontrare nelle comunità ebraiche.
Come ho già accennato sopra, occorre anzitutto distinguere i giudei residenti in Palestina dai giudei che, per diversi motivi, erano andati ad abitare fuori della propria patria (gli ebrei cosiddetti “della diaspora”). Per essere ancor più preciso. Accanto agli “ellenisti” (così sono chiamati gli ebrei “della diaspora”, perché a contatto con la cultura greca) troviamo i “proseliti” (quei pagani che avevano aderito in tutto alla fede giudaica, accettandone perfino la circoncisione). Ma dovremmo aggiungere: accanto a loro c’erano anche i pagani che simpatizzavano (di qui il nome “simpatizzanti”) per il giudaismo, partecipando al culto della sinagoga, senza tuttavia abbracciare del tutto le numerose osservanze, tanto meno la circoncisione. Insomma un bell’assortimento di tendenze e mentalità!
Premesso questo, non sarà difficile ora immaginare il quadro, altrettanto complesso, delle comunità cristiane: composte di convertiti dal mondo giudaico in senso stretto e da quello più aperto della “diaspora”, senza escludere poi quanti provenivano da quel mondo pagano, più o meno vicino al mondo giudaico.
Qual era dunque il rischio che si annidava in un insieme tanto eterogeneo? Che gli uni o gli altri fossero o si sentissero discriminati!
La prima, concreta questione spinosa riguardò l’organizzazione dei pasti comuni, cioè la distribuzione quotidiana di vitto e sussidi, già in uso nelle comunità giudaiche, a favore dei poveri. Questa era la lamentela, peraltro non del tutto infondata: le vedove degli “ellenisti” venivano trattate meno bene rispetto alle altre. Di qui nacque la contestazione, e la contestazione spinse alla discussione nel tentativo di trovare un accordo che eliminasse ogni ingiustizia o responsabilità, seppur involontaria.
Fu il momento di distribuire gli incarichi in modo più dettagliato. Questa la soluzione adottata: agli apostoli sarebbe spettato soprattutto il compito di predicare e guidare le preghiere comunitarie, in particolare la “frazione del pane”, cioè l’eucaristia. Per le attività più concrete, inerenti alla carità, si scelsero sette uomini, “di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza”: i loro nomi rivelavano un’origine greca; uno addirittura era un “proselito”. Dei sette oltre al nome non conosciamo altro, fatta eccezione per Stefano e Filippo, che ebbero una parte importante nella Chiesa non solo relativamente al campo assistenziale, ma anche a quello ministeriale.
Vorrei già qui farvi notare una cosa per me fondamentale: gli Apostoli, nei primi tempi della Chiesa, avevano un’idea chiara, almeno per quanto riguardava l’essenzialità della evangelizzazione.
Alla Chiesa diciamo apostolica, che verrà poi chiamata gerarchica, spettava il primato di annunciare la Parola di Dio in tutta la sua radicalità, quella di Cristo. Gli aspetti assistenziali vennero subito demandati ai cosiddetti “diaconi”, ovvero addetti al servizio dei poveri.
Questo primato della Parola di Dio in seguito subirà una trasformazione paurosa, che porterà la Chiesa istituzionale a deviare dal Cristianesimo puro. La Chiesa istituzionale finirà nel dogmatismo più ostinato, al punto tale da combattere anche con la condanna a morte gli “eretici”, non sempre o quasi mai in dissenso con l’autentico messaggio di Cristo, casomai con la struttura carnale di una Chiesa sempre più quel “grosso animale, di cui parlava Platone: un grosso corpo senz’anima o senza spirito.
La Chiesa istituzionale non sopportava gli spiriti liberi o il libero pensiero, e metteva sugli altari gli operatori della carità assistenziale. È quanto succede ancora oggi. Ed è qui il vero problema, su cui vorrei insistere.
(1/continua)
14/01/2023
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

2 Commenti

  1. Edoardo ha detto:

    Salve, volevo chiederle se può gentilmente fare un editoriale sul caso di Emanuela Orlandi in generale e sui silenzi del Vaticano su questa triste vicenda. Ho provato a cercare sul suo sito qualcosa sull’argomento ma non ho avuto riscontri. Grazie

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