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14 MARZO 2024
Ponte sullo Stretto,
senza test su venti e sisma:
frenata sull’opera di Salvini
di Antonio Fraschilla
Nel parere del comitato scientifico che dà il via libera al progetto spuntano 68 rilievi scientifici. Dall’assenza di esami adeguati sulla tenuta, all’acciaio. Si allungano i tempi di realizzazione
Roma — Il parere è positivo, è vero. E comunque si tratta di «raccomandazioni», sottolineano dalla società Stretto di Messina spa. Vero. Ma il comitato scientifico esterno scelto per valutare la fattibilità della grande opera del Ponte sullo Stretto ha messo nero su bianco talmente tante osservazioni al progetto definitivo presentato dai privati, che l’idea del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini di aprire il cantiere entro l’estate, come da tabella di marcia dal sapore elettorale, è un miraggio.
Il leader della Lega da ieri si è trovato ad avere a che fare con la realtà e non con le promesse: perché nelle 51 pagine della relazione il comitato, nominato dal ministero delle Infrastrutture di concerto con le Regioni, non ha potuto fare a meno di segnalare 68 “mancanze” nel progetto definitivo presentato dal consorzio Eurolink.
Osservazioni che il comitato raccomanda di seguire nella presentazione del progetto esecutivo: l’unico, quest’ultimo, che può portare all’apertura di un cantiere. E i rilievi, tra l’altro, non sono formali e secondari ma sostanziali: riguardano l’acciaio da utilizzare, gli esami sismici, la tenuta in caso di forte vento. «Questo progetto andava bocciato e rifatto uno nuovo — attacca il deputato di Alleanza Verdi Sinistra Angelo Bonelli — per queste ragioni consegnerò questa relazione come integrazione all’esposto già inviato alla procura di Roma». La replica del ministro Salvini è secca: «Che qualcuno pensi che il governo costruisca un ponte destinato a crollare è assolutamente folle». E aggiunge l’amministratore delegato della Stretto spa Pietro Ciucci: «Il parere è positivo, ed esprime alcune raccomandazioni come previsto dalla legge».
Infatti il tema vero che emerge dai rilievi del comitato al progetto definitivo presentato dai privati, e sulla carta aggiornato a tempo di record rispetto a quello vecchio di 14 anni fa, riguarda i tempi: che saranno lunghi come scrive la stessa Eurolink rispondendo a una delle note del comitato scientifico guidato dal professore Alberto Prestininzi. Quest’ultimo non certo un “nemico” del Ponte, anzi: Report lo incontrò nello studio dell’ex ministro Pietro Lunardi, vero deus ex machina di questo ritorno al ponte salviniano, che lo definiva «un amico di famiglia». Ma di fronte alle carte anche i più ben disposti devono mettere nero su bianco le cose che non vanno. Ed ecco cosa si legge nella relazione: «Il comitato ritiene opportuno che in fase di progetto esecutivo si verifichi la robustezza della struttura del Ponte in maniera più ampia». Oppure: «Il comitato chiede lo svolgimento di analisi non lineari dell’impalcato soggetto a vento turbolento».
La risposta del consorzio fa capire bene come i tempi non sia compatibili con quelli chiesti dalla politica e dal ministro (approvazione del progetto esecutivo entro luglio 2024). Perché sottolinea come queste «analisi non lineari» sul vento siano «dispendiose in termini temporali».
Secondo alcuni ingegneri questi modelli non lineari sugli effetti del vento in una struttura unica al mondo come il Ponte sullo Stretto richiedono mesi considerando la difficoltà dell’opera. La controrisposta del comitato ai dubbi sui tempi posti dal consorzio privato è chiara: «Si conferma la necessità e si raccomanda l’esecuzione di analisi non lineari». E aggiungono dal comitato, sempre in tema di esami sul vento: «Una problematica è legata all’aggiornamento del documento “valutazione del vento” adottata nel piano definitivo nel 2011 e fatto nel 2004 da un gruppo di ricerca dell’Università di Genova. Si ritiene che il documento debba essere adeguato e aggiornato».
Le raccomandazioni riguardano anche l’utilizzo dell’acciaio: «Il comitato scientifico raccomanda che in sede di piano esecutivo si tenga contro dell’attuale quadro normativo», sui materiali, «e si specifichino i requisiti meccanici per gli acciai in modo congruo alle normative vigenti. (…) Il comitato ritiene necessario inoltre che la progettazione esecutiva tenga debito conto dell’effettiva reperibilità degli acciai da impiegare, raggiungendo un opportuno livello di flessibilità a riguardo».
Ma non solo. Il comitato chiede ulteriori esami che non sono stati inseriti nel progetto definitivo: «Il comitato scientifico ritiene opportuno che nell’aggiornamento delle analisi strutturali vengano riesaminati scenari che tengano conto dell’azione combinata del vento e dei carichi di traffico ferroviario e stradale e ciò al fine di una conferma del livello di sicurezza e di funzionalità del Ponte anche nel caso di eventi estremi». Insomma, non si tratta di piccole raccomandazioni, anzi. E anche se politicamente il comitato al momento non ha bloccato l’iter, comunque con i sessantotto rilievi messi nero su bianco ha posto più di un dubbio su un piano, quello definitivo, che secondo alcune premesse doveva essere di fatto un progetto quasi esecutivo. Vuol dire che in tempi brevi si sarebbero potuti avviare i cantieri. «La relazione demolisce l’aggiornamento del progetto — dice Bonelli — e dimostra la fretta della politica rispetto alle norme».
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14 MARZO 2024
Ponte sullo stretto,
un’altra incompiuta per Salvini
che teme il boomerang in campagna elettorale
di Emanuele Lauria
Il vicepremier, dopo aver rinunciato a Flat tax e Quota 100, punta tutto sulla opera-simbolo ma vede sfumare il taglio del nastro per le Europee
Roma — «La costruzione del Ponte partirà nell’estate del 2024». Poco meno di un anno fa, un Matteo Salvini sorridente illustrava nello studio di Bruno Vespa il plastico della madre di tutte le opere. Con annessa promessa elettorale. Da quel momento, sulla coincidenza fra la posa della prima pietra e le Europee, il leader della Lega ha costruito buona parte della sua strategia. E ora è costretto a subire uno stop. Se non uno smacco. Perché le 68 raccomandazioni del comitato tecnico-scientifico – organo peraltro nominato dallo stesso ministro – cancellano quella previsione. Spostano in avanti, e non si sa di quanto, le lancette. Rischiano di trasformarsi in un boomerang, per il ministro con il caschetto da cantiere.
A Porta Pia, sede del dicastero delle Infrastrutture, si fa buon viso a cattiva sorte. Il progetto definitivo, si fa notare, è stato comunque approvato. Si glissa sul fatto che, con quel fardello di modifiche da apportare, non è più dato conoscere la data di inizio dei lavori. Per quanto riguarda la fine, sono pochi a scommettere che si realizzerà un altro pronostico di Salvini: l’inaugurazione del collegamento con sei corsie per le automobili e due percorsi ferroviari entro cinque anni, fra la fine e l’inizio della prossima legislatura, comunque con un governo di centrodestra in carica.
È l’ennesimo castello di promesse che scricchiola, in un momento non esattamente felice per il capo del Carroccio, reduce dalla batosta sarda e da un risultato in Abruzzo, il 7,6 per cento, che solo il suo ottimismo porta a definire «buono». Il tutto fra le ombre di nemici interni ed esterni. Il rischio, concreto, è che il numero uno di via Bellerio debba frettolosamente ammainare la sua bandiera elettorale, rinunciare a un messaggio che proprio al Sud era pronto a rilanciare: non a caso, fra le grandi convention che la Lega sta organizzando, ce n’è una che il fido Claudio Durigon, commissario in Sicilia, sta organizzando a Palermo. Salvini dovrà dar conto di un’infrastruttura che non si comincerà a realizzare nei tempi previsti. Ritardo fatale? Chissà. Certo esiziale in una rimonta verso le urne che ora vede la “Lega per Salvini premier” dover difendere addirittura il secondo posto nella coalizione dall’insospettata crescita di Forza Italia.
Il segretario, che guarda con sospetto un asse Meloni-Tajani, deve di nuovo mordere il freno. Come accadde, ad esempio, durante la Finanziaria, quando il vicepremier milanese dovette mettere da parte la Flat tax, la pace fiscale e Quota 100. Impegni che fanno parte del programma elettorale, rinviati in omaggio alle esigenze finanziarie. Mentre l’Autonomia è un cantiere, quello sì, ancora aperto. La grana del Ponte si somma a un elenco di incompiute politiche che Salvini riesce a reggere con sempre maggiore difficoltà. Anche dentro il suo partito, dove il malessere dei ribelli cova soprattutto fra la Lombardia e il Veneto, nelle valli padane dove rivogliono una Lega che sia il sindacato del Nord. E dove non hanno mai accettato l’idea di un movimento sacrificato sull’altare della scommessa di un’opera cara (ma quanto davvero?) al Meridione. «Siamo un partito che più che centralista è diventato pontista», diceva ironicamente nei giorni scorsi l’ex ministro Roberto Castelli, uno che dalla Lega è uscito ma che interpreta il pensiero di quanti nella Lega sono rimasti, soprattutto al Nord. «Abbiamo perso molti voti inseguendo il Ponte e rinunciando a un’identità. E un problema sul Ponte non può che confermare il fallimento della strategia», osserva un dirigente del partito costretto all’anonimato anche per la prudenza nelle dichiarazioni che in questi giorni Salvini ha imposto ai suoi.
Ovviamente il leader non ha alcuna intenzione di rinunciare al Ponte sullo Stretto come atout in vista delle Europee. Sia pure con il rischio di un effetto rimbalzo in termini di consensi. La posta della scommessa, d’altra parte, è elevata. La sconfitta equivarrebbe a una figuraccia internazionale, per chi il plastico del Ponte, sistemato in bella mostra all’ingresso degli uffici del ministero, lo aveva fatto vedere con orgoglio anche a Elon Musk. Ricevendo, si legge nelle cronache diffuse dalla propaganda salviniana, «un cenno di convinta approvazione» da parte del patron di X. Oggi i megafoni tacciono.
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14 MARZO 2024
Stretto non c’è e fioccano i consulenti.
In un anno 4 milioni a contratti esterni
di Antonio Fraschilla
Il piano di Salvini ha rimesso al centro di tutto il committente: la società Stretto di Messina spa, messa in liquidazione nel 2013 dal governo Monti, era costata già circa 300 milioni di euro per non vedere una sola pietra della grande infrastruttura
Roma — Il piano Salvini per rimettere in pista il ponte rispolverando i vecchi contratti congelati, ha rimesso al centro di tutto il committente: la società Stretto di Messina spa, che solo nel primo anno ha già speso 4 milioni per contratti esterni. Nata nel 1981 e messa in liquidazione nel 2013 dal governo Monti: in 32 anni tra assunzioni, spese per progettazione e gare d’appalto, era costata già circa 300 milioni di euro per non vedere una sola pietra della grande infrastruttura. Ma tant’è. Il governo Meloni ha rimesso la società in piedi con un decreto del marzo 2023, dotandola di altri 370 milioni, considerando la ricapitalizzazione varata dal ministero Economia che ne è diventato il socio forte. E oltre alle assunzioni in comando da Anas e Ferrovie, un centinaio di ex funzionari e dirigenti della ex società Stretto spa, ha ripreso a girare il contatore delle spese per incarichi e appalti per far funzionare la macchina.
L’Anac, nel suo database, segnala tra il 2023 e il 2024 una spesa per affidamenti diretti e gare pari a 4 milioni di euro. E non mancano incarichi e consulenti a nomi noti del mondo della politica e della burocrazia. Un incarico da 80 mila euro è stato dato dall’amministratore delegato Pietro Ciucci all’avvocato Vincenzo Fortunato. Il superburocrate ministeriale che dal 2013 al 2022 ha curato l’infinita liquidazione – mai conclusa – della società. Un nome noto nella nomenclatura ministeriale, considerato il maestro di alti funzionari, come l’attuale capo di gabinetto della premier Gaetano Caputi.
La motivazione dell’incarico a Fortunato, si legge nella delibera firmata da Ciucci, è legata proprio alla fretta nell’approvazione del progetto esecutivo del ponte entro il 31 luglio 2024 e «l’urgente necessità di porre in essere una pluralità di adempimenti» considerando che «allo stato la società non risulta dotata di un ufficio legale». Altri due legali incaricati, sempre con compenso da 80 mila euro, sono Fabio Cintoli e Roberto Pecoranio. Avvocati molto noti a Roma. Un incarico da 120 mila euro, come supporto all’ufficio stampa, è stato dato all’ex portavoce del governatore veneto Luca Zaia, Carlo Parmeggiani. Altri 18 mila euro sono andati a una società esterna, la Prassel srl, per l’aggiornamento del sito internet.
Tre incarichi da 60 mila euro ciascuno sono stati dati a tre ex dirigenti della Stretto di Messina andati in pensione. La motivazione? Sempre la stessa, la necessità di rimettere in moto velocemente una macchina ferma da 10 anni e che il ministro Salvini ha voluto subito in pista per poter assicurare l’apertura dei cantieri entro l’anno e celebrare la sua ossessione a spese dello Stato.
A oggi ad esempio la Stretto di Messina non ha un piano traffico e merci aggiornato: ed ecco che l’aggiornamento lo ha chiesto a un professore dell’Università della Calabria, l’ingegnere Agostino Nuzzolo, gran sostenitore del ponte, per un compenso di 65 mila euro. Nuzzolo già lo scorso maggio aveva ricevuto un incarico per il piano traffico. L’aggiornamento è arrivato a tempo di record: l’incarico è stato assegnato il 22 dicembre e l’elaborato consegnato il 31 gennaio. Un altro affidamento in materia, ma questa volta per consulenza sugli aspetti sismici dell’opera, è stato dato allo Studio geotecnico italiano.
D’altronde la Stretto di Messina è di fatto una nuova spa pubblica che deve camminare e il contatore della spesa è quindi ripartito. Nella speranza che questa volta si arrivi all’obiettivo mancato dal 1981.
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