L’EDITORIALE
di don Giorgio
Non ha senso la speranza,
se Dio è l’Eterno Presente
Parafrasando liberamente le parole di Sant’Agostino sul tempo, possiamo dire che il passato non esiste (non c’è più), che il futuro non esiste (non c’è ancora) e che il presente è un insieme di istanti che passano, per cui in realtà non esiste.
Esiste solo la memoria celebrativa del passato, l’attesa incerta del futuro, e l’illusione spasmodica del presente, con quel voler “cogliere l’attimo fuggente” che crea non pochi problemi alla nostra psiche.
Ci sembra di ottenere qualche beneficio psichico ricordando aspetti del passato migliore, nei giusti, nei martiri, nei geni, o nelle persone più care che ci hanno lasciato. E ci sembra di respirare sperando in un futuro migliore, che magari chiamiamo Dio o altro. Ma ogni giorno siamo risucchiati in un tempo, crònos, che non perdona, portandoci passo dopo passo verso la morte.
E la religione o la politica che fa, nell’intento di accalappiare qualche consenso di corpo o di anima?
La politica ci promette mari e monti già in questa vita, e la religione ci promette la vita eterna, ognuna, sia la politica che la religione, chiedendoci sacrifici: la politica in modo ingannevole,
la religione senza darcene una vera ragione.
E allora… parlando da prete e da credente (lasciamo stare per ora la politica), non voglio più sentir parlare di futuro o di speranza in vista di un futuro che non c’è.
Smettiamola di ingannare le anime pie, o le anime sempliciotte, che credono anche alle reliquie che parlano.
Dio non è il futuro, Dio è il Presente, l’Eterno presente.
Parlare di speranza non ha senso, perché Dio è la Realtà già qui e ora. Ma dove? Non certo nella realtà carnale, dove le speranze muoiono nella stessa carnalità di un tempo, crònos, che corrode, dilania, mortifica, distrugge.
Caro teologo, caro monaco, mai ti sento parlare di quel mondo interiore – io lo chiamo “mistico”, non per moda ma perché è la nostra realtà, di ogni essere umano, sia credente o non credente in un certo dio – dove Dio è l’Eterno presente.
E allora non si tratta di tendere a… stando fuori, nel mondo carnale, ma di entrare dentro di noi, per un unirci al Dio, Eterno presente.
Un tempo si parlava di conversione, per lo più riguardante il comportamento umano, sempre in linea delle direttive religiose.
La Mistica medievale parlava di distacco dalle cose legate al tempo che passa (crònos), per lasciare, dentro di noi, nel fondo della nostra anima, la possibilità di agire allo Spirito divino.
Quando sento parlare di speranza per ore e ore, citando questo o quello (poeti o filosofi) tanto per dare autorevolezze a un mare di parole senza senso, allora mi chiedo quanto tempo, crònos, dovrà passare perché finalmente la Chiesa scopra il Segreto, l’unico, che possa aprire orizzonti nuovi.
Speranza, speranza, speranza, ricorrendo a immagini più o meno carezzevoli, emotivamente parlando, ripetendosi a iosa, tanto da rendersi stucchevoli…
La speranza lasciamola ai disperati quando promettiamo loro il paradiso. E chiediamoci perché sono disperati, ovvero senza speranza. Forse un motivo c’è, ed è perché abbiamo parlato loro di tendere a qualcosa che non c’è.
Dio non è il futuro, e non è il nostro futuro, perché Dio è l’Eterno Presente. È in noi, in ogni essere umano in quanto essere.
Sperare cosa o in che cosa? Non è ora di smetterla di ingannare: basta poco per illudere anche le masse, quando sono con l’acqua alla gola.
Cristo, quando diceva magari urlando: “Metanoèite!”, ovvero cambiate mentalità, forse si riferiva a una chiesa gerarchica, anche ai monaci che non hanno ancora capito dove sta il Segreto divino, perché hanno spento l’intelletto attivo, e pensano troppo umano, usando parole umane, a effetto, in modo anche artificioso, con abilità oratoria che alla fine si irritano anche gli angeli celesti.
Caro monaco, sai che esiste il Kairòs, e che di Kairòs viviamo già qui eternamente?
Dio non è oggetto della nostra Speranza, casomai è Colui che attende che da imbecilli che siamo ci riprendiamo l’Intelletto, e alla Luce dell’Intelletto scopriamo che “nel fondo della nostra anima”, là dove finisce la psiche, entriamo nel Mondo divino, dell’Eterno Presente.
Ecco la Grazia, anche di quest’anno Giubilare: non si spera, c’è, occorre “vederla” in noi.
15 marzo 2025
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