Omelie 2023 di don Giorgio: ASSUNZIONE DELLA B. VERGINE MARIA

15 agosto 2023: ASSUNZIONE DELLA B. VERGINE MARIA
Ap 11,19-12,6a.10a; 1Cor 15,20-26; Lc 1,39-55
Mi soffermo sul primo brano della Messa, tentando di spiegarvelo nelle sue simbologie.
Il brano si apre con una scena spettacolare. In che senso? Vediamo di chiarire.
“Nel cielo”, cioè nel mondo di Dio, compaiono due segni. Il primo segno è qualificato come “grandioso”: “una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle”. È incinta, grida per le doglie del parto e dà alla luce un figlio.
Il secondo segno è “un enorme drago rosso”, dotato di forza spaventosa, simboleggiata dalle sette teste, dieci corna e sette diademi. Con la coda trascina giù dal cielo un terzo delle stelle e le precipita sulla terra. Poi si pone davanti alla donna che sta partorendo e tenta di divorargli il figlio appena nato. Ha fretta, perché sa che questo bambino “è destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro”.
Allora Dio stesso interviene, prende il figlio e lo porta verso il cielo, mentre la donna cerca rifugio nel deserto ove rimane per tre anni e mezzo, alimentata dal Signore. Scoppia allora una battaglia titanica: in cielo si affrontano da una parte Michele con i suoi angeli, dall’altra il grande drago con i suoi angeli. Il grande drago, colui che è chiamato satana, seduttore di tutta la terra, è precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli.
Dopo questo sguardo d’insieme siamo in grado di fare un’analisi più dettagliata del brano.
Diciamo subito che il libro dell’Apocalisse è stato composto verso la fine del I secolo, in un momento difficile per le comunità cristiane, tentate di apostasia a causa delle persecuzioni soprattutto da parte dell’impero romano. L’autore si rivolge a loro in modo volutamente criptato, per non incorrere nelle rappresaglie del potere. Ricorre a immagini e simboli che i suoi lettori, che conoscono l’Antico Testamento, sanno immediatamente decodificare.
Ci chiediamo anzitutto: chi è “il figlio maschio” che viene dato alla luce? Il destino che lo attende non lascia dubbi sulla sua identità. In tutto il Nuovo Testamento colui che è chiamato a “governare tutte le genti con verga di ferro” è sempre Cristo.
Se è lui il bambino che sta per nascere, allora la “donna” non può che essere Maria. È questa l’interpretazione più semplice e immediata, e difatti la Madonna è spesso raffigurata luminosa come il sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul capo. Ma attenzione: in realtà, le comunità cristiane, che decifravano il simbolismo del testo alla luce dell’Antico Testamento, non pensavano a Maria, ma al “popolo di Dio” che, nella Bibbia, è personificato dalla donna, sposa feconda del Signore, madre del messia.
Dunque la donna raffigura “la comunità cristiana” e incarna il “resto fedele di Israele”. Proseguiamo. La donna, ovvero la comunità cristiana, è “vestita di sole”, l’astro che, per il suo fulgore e la sua magnificenza, era ritenuto il simbolo di tutto ciò che è bello (Ct 6,10) e dello stesso Dio (Sl 84,12). La comunità cristiana, amata dal Signore e colmata dei suoi doni più preziosi, è splendida perché in lei brilla una luce divina.
“La luna”, presso i popoli dell’antico Medio Oriente, era il dio che, per le sue fasi di crescita e calo, era in rapporto con il mutare del tempo. Nel testo che stiamo commentando il dio luna è schiacciato dalla comunità dei credenti. Questa comunità non è soggetta ai condizionamenti del tempo, non è in balia delle vicissitudini di questo mondo transitorio perché è già nel mondo dell’Eterno.
“La corona sul capo” indica il trionfo. Nella prospettiva di Dio, il Cristianesimo puro ha già ottenuto la vittoria definitiva sul male. Non confondiamo comunità cristiana con la chiesa istituzionale. “Le dodici stelle” mettono in risalto l’identità della comunità cristiana: essa è il vero Israele che porta a compimento le promesse fatte ad Abramo.
Ed ecco il secondo “segno”: compare in cielo, nel mondo di Dio, un enorme “drago rosso” che si oppone alla nascita del bimbo. È il simbolo di tutte le forze ostili a Dio che si incarnano nei centri di potere. Hanno tre caratteristiche: sono perfetti nel progettare il male (hanno “sette teste”), sono mostruosi quanto a forza, ma non invincibili (hanno “dieci corna”), trionfano e ricevono, da tutti, onori e riconoscimenti (hanno sette “diademi”).
Queste strutture diaboliche si oppongono al bimbo fin dal giorno della sua “nascita”. Va chiarito però che la “nascita di Cristo”, cui fa riferimento l’autore del testo, non è il parto di Maria a Betlemme, ma la Pasqua: il momento in cui Cristo, nascendo dal sepolcro, è apparso al mondo come il messia di Dio.
Da subito le potenze del male si sono scagliate contro di lui, ma egli è irraggiungibile: il Padre lo ha accolto nella sua gloria. Il drago ha la testa schiacciata, colpito a morte dalla forza divina del Risorto, è definitivamente sconfitto, ma ancora si dibatte e con la coda riesce a trascinare sulla terra “un terzo delle stelle del cielo”: queste non rappresentano gli angeli, ma i cristiani dell’Asia minore, che, sconvolti, non resistono alle seduzioni del maligno, rinnegano la loro fede e abbandonano in gran numero le loro comunità.
La donna che fugge e cerca rifugio nel “deserto” è il vero popolo di Dio, che non ha ceduto alle lusinghe e alla forza del drago. Il Signore la mette alla prova, come ha fatto con Israele, e la colloca nella condizione in cui può mostrare a Dio l’autenticità del suo amore; e non l’abbandona, anzi la assiste con la sua manna: il pane della Parola e dell’Eucaristia.
“Mille duecentosessanta giorni” corrispondono a tre anni e mezzo, il tempo che, secondo il profeta Daniele (Dn 7,25), indica la durata di una persecuzione molto dolorosa, ma breve. A questo punto una conclusione si impone: se il bambino è Cristo e la donna non è Maria, ma la comunità dei credenti, allora il figlio-Cristo nasce dalla Chiesa.
È proprio così, ed è questo il messaggio commovente che l’autore dell’Apocalisse vuole far giungere ai cristiani scoraggiati delle sue comunità. Li invita a prendere coscienza della loro sublime identità. Giorno dopo giorno, con fatica e dolore e in mezzo a prove di ogni genere, stanno dando alla luce l’uomo nuovo, Cristo, nella storia del mondo.
Se la donna non è Maria, ma la comunità, come mai la liturgia ci propone questo brano nella festa dell’Assunta?
Tutti i testi, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, in cui si parla del popolo fedele a Dio, possono essere giustamente riferiti a Maria perché è da lei che è nato il Messia, è lei la donna-Israele. Rispecchiandosi in lei la Chiesa scopre la propria identità di generatrice del Cristo totale, di Colui che ricapitolerà in sé tutto il creato.
Il canto finale “Ora si è compiuta la salvezza” è un invito alla speranza. Malgrado lo strapotere che ancora ostentano le forze del male, il credente sa che il drago è già stato sconfitto dalla “potenza di Cristo”; i suoi colpi di coda saranno ancora terrificanti, ma la testa è stata schiacciata, come Dio aveva predetto, fin dall’inizio del mondo (Gn 3,15).

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